L’arte e la letteratura sono stati due campi, che specialmente tra Settecento e Ottocento, hanno plasmato l’idea moderna di antichità classica. Fin da Gibbon, che permea la nostra idea – ormai riconosciuta da tutti gli antichisti come erronea – di decadenza della tarda antichità e dell’Impero Bizantino (tanto che la parola bizantino, bizantinismo etc. è entrata nella lingua italiana nell’accezione di pratica complicata, contorta ecc.).

In questo filone, dapprima storiografico, si inseriscono la letteratura e l’arte tardo ottocentesca, di gusto decadentista, in particolare romanzi come Gli Ultimi giorni di Pompei (1834) di Edward Bulwer-Lytton, Quo Vadis? (1894) di Henryk Sienkiewicz, Ben Hur (1880) di Lew Wallace e da un particolare gruppo di pittori inglesi di età vittoriana (unica trasposizione pittorica del decadentismo), chiamatisi preraffaelliti (JeanLéon Gérôme, John William Waterhouse, Lawrence Alma-Tadema).

Queste opere, esse stesse fonte di ispirazione per i peplum del secondo dopoguerra, portano alla creazione, nel clima di esaltazione per la storia romana, di opere come Spartacus (1951) di Howard Fast e Cleopatra (1957) di Carlo Maria Franzero. Tutti questi libri citati furono usati come base per la sceneggiatura di omonimi film, mentre le opere preraffaellite davano un’idea su come realizzare un mondo necessariamente decadente agli occhi ormai di tutti.

L’arte non è archeologia

Inoltre bisogna tenere conto anche di un altro fattore: moltissimi artisti, fin dal medioevo, hanno ritratto la storia antica nel modo che ritenevano più opportuno, ma questo non era mai il vero mondo antico. Ad esempio, per ritrarre l’esercito romano, si utilizzava principalmente come modello di riferimento la colonna traiana, che però rappresentava l’esercito del principato, corrispondente al I-II secolo d.C.

Trasporre questo tipo di soldato, per esempio al periodo delle guerre puniche, è un’operazione che è stata fatta più volte nel corso dei secoli e tutt’ora è difficile rimuovere dall’immaginario collettivo l’idea che il legionario della media repubblica sia molto diverso da quello del principato che a sua volta sarà estremamente differente da quello di Costantino.

Particolare di battaglia sull’Arco di Costantino

Ma non è solo una questione di Colonna Traiana. A Roma sopravvivevano molti monumenti anche successivi, che riportavano nei bassorilievi immagini di soldati di altre epoche: l’arco di Costantino, davanti al Colosseo, sebbene riutilizzi parti di fregi di altri monumenti, ha ben visibili dei soldati con grandi scudi tondi (su cui tra l’altro non è presente nessun simbolo cristiano), ben diversi da quelli rappresentati sulla colonna traianea. Insomma si è trattato tanto di elogio dell’apogeo dell’impero, quanto di inezia nel voler approfondire una storia, che sviluppandosi su oltre 1000 anni, non può mai essere uguale a se stessa.

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