Molti dei romanzi, da cui prenderanno spunto i film del secondo dopoguerra, furono scritti nell’Ottocento. Tra i principali si annoverano Gli ultimi giorni di Pompei di Edward Bulwer-Lytton, Quo Vadis? di Henryk Sienkiewicz Ben-Hur di Lew Wallace.

Nel corso dell’800 si crea un’immagine romantica dei primi cristiani martirizzati, specialmente nel I e II secolo d.C., forse in contrapposizione con un’idea illuminista che metteva in primo piano l’antichità greca e romana.

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Tuttavia non vengono soltanto esaltati i cristiani, ma allo stesso tempo denigrati i romani: conquistatori, razzisti, insensibili e sadici, approfittatori all’inverosimile: i romani racchiudono tutte le qualità che dovrebbero avere le potenze coloniali dell’epoca, Regno Unito e Francia in primis, ma che nell’opinione pubblica europea (tranne forse quella tedesca e austriaca) non hanno.

La maggior parte infatti di questi scrittori che scrive mettendo in cattiva luce l’Antica Roma fa parte di questi stessi sistemi colonialisti e sfruttatori di popoli e risorse straniere: quando parlano dei romani è come se parlassero degli inglesi o dei francesi. Loro hanno in mente l’immagine dei loro tempi, ma la ribaltano completamente trasformandola in negativa quando si parla dei romani e adattandola a un’epoca profondamente differente.

Ci sono voci fuori dal coro ovviamente, ma sono eccezioni: in Heart of Darkness, noto in Italia come Cuore di Tenebra di Joseph Conrad, lo scrittore polacco naturalizzato inglese, ammaliato dal coraggio dei romani che invasero la “lontana” Britannia mette in bocca al protagonista Marlow le seguenti parole:

“they were men enough to face the darkness”

“erano abbastanza uomini da affrontare l’oscurità”

In contrapposizione alla paura, quasi terrore, di suoi contemporanei che temevano di addentrarsi nel Congo, Conrad contrappone l’eroico stoicismo dei legionari romani che affrontavano con coraggio una landa completamente sconosciuta e – soprattutto – non perdevano la ragione affrontando terre selvagge e sconosciute a differenza dei suoi contemporanei.

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La differenza di vedute tra i due polacchi, Sienkiewicz e Conrad è abissale: il primo segue profondamente la tradizione che vedeva nei romani degli oppressori e sfruttatori, il secondo invece risalta la natura “eroica” dei romani, che sì sfruttano, ma portano anche la civiltà dove prima non esisteva.

E’ proprio questo che manca in buona parte della letteratura – che influenzerà decisamente la mentalità comune novecentesca sulla storia romana, rafforzata da totalitarismi quali il fascismo e il nazismo che prenderanno ispirazione a piene mani dalla storia di Roma, piegandola ai propri scopi – ossia una visione critica, costruttiva e non anacronistica della storia romana: Conrad comprende che i romani affrontavano pericoli di ogni sorta e comunque portavano qualcosa ai vinti, tutti gli altri ritenevano che fossero semplici soprusi, chiudendo gli occhi su nazioni come il Regno Unito e la Francia che si erano spartiti mezzo mondo.


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