Marco Mecilio Flavio Eparchio Avito era un senatore gallo dell’Alvernia, dove viveva in una sfarzosa villa descritta da Sidonio Apollinare, suo genero e famoso poeta; il padre, Agricola, fu console nel 421. Avito si distinse in gioventù nella legazione inviata a Flavio Costanzo, imperatore brevemente insieme ad Onorio nel 421 (lo stesso anno in cui il padre era stato console) come primus iuvenis solus (Sidonio Apollinare, Carmi, 7, 208), in cui lo convinse a ridurre le tasse per i suoi concittadini.

Successivamente fu magister militum e riuscì a convincere Teoderico I, re dei visigoti, ad aiutare i romani contro Attila; saranno infatti poi fondamentali nella battaglia dei Campi Catalunici, vinta insieme ad Ezio nel 451, quando Avito aiuterà ancora a convincere Teoderico a combattere al fianco di Ezio, stavolta in veste di prefetto al pretorio.

Poco dopo, mentre Petronio Massimo lo inviava a Tolosa, Teoderico II, succeduto al padre morto sul campo di battaglia, lo nominò imperatore, avendo saputo che i vandali aveva saccheggiato Roma e Massimo era perito negli scontri. Fu dunque acclamato Augusto a Tolosa nell’estate del 455 e poco dopo il senato di Roma ratificò la nomina, entrando nell’Urbe il 21 settembre.

Da lì in poi iniziarono i problemi. Nel 456, come consuetudine, sarebbe dovuto essere consul sine collega il primo anno di regno, ma Marciano, imperatore d’oriente, decise di nominare Flavio Giovanni e Flavio Varane. Nel frattempo i visigoti decisero di attaccare i suebi in Spagna, che non avevano un trattato con i romani, ma con quel pretesto si presero quei territori.

Il rapporto estremamente buono tra visigoti e Teoderico cominciò a fomentare le voci contro l’imperatore. Quest’ultimo, dopo alcune vittorie su Genserico in Corsica vide per ripicca il blocco dei rifornimenti di grano dall’Africa. Avito fu costretto a congedare le sue truppe galliche e fondere alcune statue nel foro per pagarli.

Fu allora che uno dei comandanti di Avito, il comandante barbaro Ricimero, sostenuto dal comes domesticorum Maggiorano, si ribellò all’imperatore, sconfiggendolo a Piacenza. Avito, in fuga, si salvò diventando vescovo. Poco dopo però morì, mentre fuggiva, dopo essere stato condannato a morte dal senato, forse dietro richiesta di Maggiorano che voleva evitare di avere un possibile rivale, nel 456.

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