La fine del mondo antico è generalmente fatta coincidere con il 476, momento in cui il generale barbaro Flavio Odoacre, comandante delle forze dell’impero d’Occidente, depone l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo. Tuttavia questa data è da considerarsi più che altro convenzionale per distinguere l’antichità dal medioevo: ogni regione europea sperimenta un passaggio più o meno traumatico dall’amministrazione romana ai nuovi padroni barbari in epoche e modi differenti.

Dapprima in Africa arrivano i Vandali e la Spagna, poi la Gallia che viene messa a ferro e fuoco per tutto il V secolo, infine l’Italia, che osserva una fine dell’impero “senza rumore” come detto da Momigliano.

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Infatti Odoacre governerà in sostanziale continuità con gli imperatori precedenti seppure con il titolo di rex delle popolazioni barbariche (che componevano l’esercito) stanziatesi in Italia (il motivo della deposizione di Romolo è proprio nella richiesta di terre per i soldati barbari in Italia).

L’arrivo degli ostrogoti di Teoderico sarà in totale continuità con quanto fatto da Odoacre (anzi, Teoderico sarà più simile a un vero e proprio imperatore), ma il passaggio brusco in un’età diversa avverrà con la guerra greco-gotica (535-553) e l’arrivo dei longobardi in Italia nel 568, che porteranno alla fine dell’unità amministrativa della penisola che durava da secoli e tornerà ad esserci solo nel 1861.

Alessandro Barbero descrive giustamente i rapporti tra romani e barbari:

 

I barbari non sono conquistatori che vogliono radere al suolo tutto. Spesso sono razziatori, spesso sono popolazioni che migrano, tanto che molti studiosi (specialmente tedeschi) preferiscono parlare ormai di migrazioni barbariche piuttosto che di invasioni. Sostanzialmente la spinta di altre popolazioni avrebbe guidato le tribù (riunitesi poi in proto regni barbarici) lungo il limes a cercare sicurezza e prosperità all’interno di una compagine amministrativa che ai loro occhi sembrava non solo più prospera, ma anche più sicura.


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