Origini di un imperatore

Flavio Petronio Sabbazio nacque a Tauresio, nella Dardania, nel 482, da Vigilanza, sorella del futuro imperatore Giustino, che fece carriera nell’esercito fino a diventare comes excubitorum (capo della guardia) e alla morte di Anastasio imperatore nel 518.

Giustino lo adottò, diventando Flavio Petronio Sabbazio Giustiniano e venne nominato console nel 521. L’imperatore lo associò al comando il 1 aprile 527.

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Tra il 524 e il 525, Giustiniano sposò Teodora, un’attrice teatrale con trascorsi da prostituta. Una legge impediva ai membri del senato di avere spose che non fossero del loro stesso status sociale, e Giustino la abrogò. Il 1 agosto 527, morto Giustino, Giustiniano restò unico imperatore.

Governo

Durante i giochi dell’ippodromo alle idi di gennaio del 532 scoppiò una rivolta; Giustiano parteggiava pubblicamente per la fazione degli Azzurri. Tre giorni prima il praefectus urbi condannò a morte sette esponenti di entrambe le fazioni, presumibilmente per dimostrare ai Verdi, che si erano lamentati per il favore imperiale goduto dagli Azzurri, l’imparzialità del governo.

Tre giorni dopo le due fazioni chiesero la grazia dei due criminali salvatisi per miracolo durante l’esecuzione ma, non ricevendo risposta, si rivoltarono entrambe. Ebbe così inizio la rivolta di Nika, dal grido con cui le due fazioni diedero inizio alla rivolta (“Nika”, cioè “Vinci”). L’Imperatore tentò di trattare con i rivoltosi, destituendo Triboniano e Giovanni di Cappadocia, invisi ai faziosi, ma senza successo e le due fazioni proclamarono imperatore Ipazio, nipote di Anastasio, imperatore prima di Giustino.

Giustiniano, disperato, aveva già predisposto la fuga, ma Teodora riuscì a dissuaderlo affermando che avrebbe preferito morire da imperatrice piuttosto che perdere il trono fuggendo. Incoraggiato da Teodora, Giustiniano diede a Narsete il compito di corrompere gli Azzurri con del denaro, mentre Belisario e Mundo dovevano sedare la rivolta con le armi, che si concluse in un bagno di sangue, con il massacro di oltre 30.000 persone nell’ippodromo.

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Santa Sofia

Il giorno successivo venne giustiziato Ipazio. L’Imperatore riedificò Santa Sofia e le altre chiese ed edifici danneggiati durante la rivolta. Si narra che, messo piede nella nuova Hagia Sofia, Giustiniano abbia sussurrato “Salomone, ti ho superato!“.

Nel 541 Giustiniano abolì il consolato. Il motivo di tale provvedimento era il fatto che tale carica, oltre ad essere puramente onorifica, portava al dispendio di grandi somme di denaro. In alcuni casi era l’Imperatore stesso a pagare le spese per il consolato al posto del console.

Giustiniano riformò pesantemente il diritto; il primo fu il Codex Iustinianus nel 529, il Digesto (una raccolta di opere di giuristi), le Institutiones, per l’insegnamento e infine un Codex, nel 534, che raccoglieva le leges imperiali.

Fu di vitale aiuto Triboniano: il quaestor sacri palatii (il ministro incaricato del diritto) era infatti un esperto e colto giurista. Successivamente furono aggiunte le Novellae constitutiones. Il Corpus Iuris Civilis fu quindi il compendio di tutte queste opere. Furono scritte in latino, lingua ufficiale dell’impero ma scarsamente diffuso in oriente (anche se lo stesso Giustiniano era di lingua e cultura latine). Il latino infatti era sostanzialmente la lingua dell’amministrazione, della giustizia e dell’esercito, mentre la principale lingua dell’impero bizantino era il greco.

Conquiste

Africa

Nel 533 Giustiniano attaccò i Vandali: nel 530 il loro re Ilderico, di fede nicena, era stato infatti deposto dal cugino ariano Gelimero, che assunse il potere. Belisario comandò l’esercito e, arrivato in Africa, riuscì a sconfiggere i Vandali nei pressi di Cartagine. Due giorni dopo Belisario entrò a Cartagine e, infliggendo un’altra sconfitta ai Vandali a Tricamaro, li costrinse infine alla resa.

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Belisario

L’Impero d’oriente ritornò così in possesso dell’Africa, Sardegna, Corsica e Isole Baleari. L’imperatore si sforzò di cancellare ogni traccia della presenza vandalica e ridare potere all’aristocrazia romana; ripristinò l’esercito africano e l’amministrazione romana. Si diffusero voci secondo cui Belisario volesse diventare re, ma Giustiniano concesse comunque al suo generale un trionfo, cosa che con accadeva per una persona che non fosse imperatore dai tempi di Augusto.

Italia

Giustiniano trovò quindi il casus belli per dichiarare guerra agli ostrogoti, dopo che Amalasunta fu assassinata dal marito Teodato per impadronirsi del trono. Secondo la Storia segreta ad ordire l’assassinio di Amalasunta sarebbe stata addirittura  l’imperatrice Teodora. L’imperatore affidò il comando ancora a Belisario, console nel 535, mentre Mundo invadeva la Dalmazia.

Belisario sbarcò in Sicilia, conquistandola in breve tempo, mentre contemporaneamente Mundo riuscì a conquistare la Dalmazia. Nel 536 Belisario attraversò lo stretto di Messina, sottomise senza trovare opposizione l’Italia meridionale (già Cassiodoro narrava che sotto Teodorico ci fossero pochissimi goti a sud di Roma e addirittura nessuno in intere regioni) e si diresse a Roma, che conquistò.

Nel frattempo i Goti, insoddisfatti della passività di Teodato, lo uccisero per eleggere re Vitige, che assediò Roma. In quell’occasione furono tagliati gli acquedotti di Roma, che non furono mai più ripristinati. La disunione dell’esercito imperiale, diviso in una fazione fedele a Belisario e l’altra a Narsete, portò alla riconquista gota di Milano, in seguito alla quale Giustiniano richiamò Narsete a Costantinopoli. Senza più Narsete ad ostacolarlo, Belisario poté riprendere la riconquista dell’Italia, impadronendosi con l’inganno della capitale dei Goti Ravenna e facendo prigioniero il re Vitige, che portò con sé a Costantinopoli.

Dopo aver stabilito una nuova pace a oriente con i persiani, Belisario fece ritorno in Italia, dove gli ostrogoti si erano organizzati sotto il re Totila (“l’immortale”), avevano recuperato terreno. Totila aveva anche intrapreso una politica di rottura totale con il senato di Roma. Lo scarso numero di truppe fornitegli da Giustiniano e le tattiche spregiudicate del re goto gli impedì di contrastare efficacemente Totila.

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Amalasunta

Nonostante le difficoltà, Belisario riuscì a riconquistare Roma, riuscendo a resistere a un tentativo di assedio della città da parte di Totila. Infine, Giustiniano, su richiesta della moglie di Belisario, lo richiamò a Costantinopoli, dove lo accolse con grandi onori. Dopo la partenza di Belisario dall’Italia, Totila riconquistò Roma e altre città, giungendo a invadere persino la Sicilia e la Sardegna. Giustiniano, a questo punto, mandò in Italia Narsete per cercare di concludere una volta per tutte la guerra gotica. L’eunuco riuscì a sconfiggere definitivamente i goti nella battaglia di Gualdo Tadino (Tagina) nel 552, dove Totila morì in battaglia. Sconfisse poi anche il suo successore Teia, e a conquistare tutta l’Italia nel 553.

La conquista non si rivelò però salda, dal momento che la parte settentrionale della penisola venne invasa dai franchi e alamanni mentre alcune fortezze gote ancora resistevano. Narsete riuscì a infine a piegare la resistenza dei barbari e cacciare gli invasori soltanto nel 562. Nel 565 sarebbe morto Giustiniano, lasciando un’Italia distrutta da 20 anni di guerra e prosciugata di uomini e risorse (il senato era stato totalmente decimato), incapace di reggere l’urto della migrazione longobarda nel 568.

Con la Pragmatica Sanzione del 554 la legislazione imperiale fu estesa all’Italia. La massima autorità civile era in teoria il prefetto del pretorio risiedente a Ravenna ma nei fatti l’autorità civile fu sempre limitata fin dal principio da quella militare. Fu infatti lo strategos autokrator (magister militum) Narsete ad assumere il governo effettivo dell’Italia. L’Imperatore, mostrando soddisfazione per la fine di Totila, annullò tutti i provvedimenti di quel re goto, confermando però le leggi dei suoi predecessori: questi provvedimenti erano volti ad annullare le politiche estreme e antisenatoriali di Totila, e restaurare l’ordine preesistente alla guerra.

Spagna

Nel corso del 551 il regno visigoto fu colpito da una grave guerra civile: un pretendente al trono, Atanagildo, era infatti insorto contro il re legittimo Agila I, chiedendo aiuti militari proprio all’Impero romano d’Oriente per rovesciare il legittimo sovrano; Giustiniano decise di accettare la richiesta di aiuto giuntagli da Atanagildo.

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Affidò il comando della spedizione a Liberio (che era stato prefetto al pretorio sotto Teodorico e aveva dato le terre agli ostrogoti), che invase la Spagna meridionale in supporto di Atanagildo; intorno al 555 la guerra civile terminò con l’uccisione di Agila e l’ascesa al trono di Atanagildo, che però non riuscì a ottenere il ritiro delle truppe imperiali dalle città da esse occupate.

I territori occupati dalle truppe imperiali (che comprendevano parte della Spagna meridionale) formarono la nuova provincia di Spania, che resistette agli assalti visigoti fino al 624, anno in cui i bizantini furono espulsi dalla Spagna.

Il giudizio storico

La scoperta della Storia Segreta di Procopio suscitò polemiche tra gli studiosi. Procopio ribaltava totalmente l’immagine “positiva” di Giustiniano che risultava in altre sue opere come la Guerra Gotica. Alcuni hanno difeso Giustiniano accusando Procopio di averlo calunniato con falsità e dubitando addirittura dell’autenticità dell’opera, altri hanno difeso lo storico bizantino facendo notare che la descrizione di Giustiniano concorda con altre fonti.

Gibbon dedicò diversi capitoli della Storia del declino e della caduta dell’Impero romano a Giustiniano. Nonostante vengano messe in luce alcune azioni positive dell’imperatore, Gibbon fu decisamente critico con Giustiniano, facendo largo uso della Storia Segreta. Invece Belisario è lodato dallo storico inglese. Molti storici hanno criticato Giustiniano per aver messo in atto una politica sconsiderata, espandendo a dismisura l’Impero pur non avendo le risorse necessarie (umane e fiscali) per mantenere le nuove conquiste e lasciando sguarnite le frontiere permettendo ai barbari e ai persiani di devastarle.

Tuttavia il fallimento della restauratio imperii giustinianea fu dovuto anche all’epidemia di peste del 542, che colpì duramente la demografia dell’impero d’oriente (e di conseguenza le entrate fiscali). Per quanto riguarda l’Italia, Giustino II tra l’inviare soccorso contro i longobardi e attaccare la Persia decise la seconda opzione, lasciando l’Italia in balia dei longobardi e costringendo i bizantini a chiudersi in città fortificate e lungo le coste.

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