I sette re di Roma

La convenzione storica stabilisce l’età che va dalla fondazione di Roma alla nascita della repubblica come durata due secoli e mezzo (dal 753 al 509 a.C.) e avente solo 7 re. E’ una cifra che significherebbe governi estremamente lunghi, improbabili per l’epoca.

Il dubbio è rafforzato dalla distinzione categorica fatta già in antichità fra i primi quattro re romani (Romolo, Numa Pompilio, Tullio Ostilio, Anco Marzio) e i successivi tre di discendenza etrusca (Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo).

Un popolo fatto di tanti popoli

Filippo L’Arabo

Già qui emerge un tratto distintivo della società romana: i romani sono aperti agli stranieri (già Romolo aveva fondato un asylum per accogliere i forestieri e aveva compiuto il famoso ratto delle sabine). Gli stranieri, una volta accolti e romanizzati, prendono il potere, sono essi stessi romani.

E’ così fin dalle origini e sarà così sempre: i romani conquistano un popolo, lo assimilano, lo romanizzano e i discendenti di quest’ultimi diventano cavalieri, senatori, consoli, perfino imperatori (nel III secolo avremo un imperatore chiamato dai romani stessi Filippo l’arabo!).

Il potere e gli stranieri

Ovviamente ci sono casi di rifiuto, di tutela dell’ordine costituito, ma sono passeggeri: quando l’imperatore Claudio propone di concedere lo ius honorum (che sostanzialmente concede il diritto a entrare in senato) ai notabili della Gallia Comata, i senatori si indignano, considerando quelle popolazioni come dei barbari; non meritano la cittadinanza romana.

L’imperatore risponde con un famoso discorso riportato da Tacito e confermato da un’epigrafe rinvenuta a Lione:

“I miei avi, tra i quali il più antico di questi Clauso, di origine sabina, vennero conferiti sia la citadinaza che il patriziato romano, mi esortano ad utilizzare gli stessi criteri per il governo della Repubblica, portando all’interno dello stato tutto ciò che di buono viene dall’esterno. Dopotutto tengo a mente che sia i Giulii da Alba, sia i Coruncanii da Camerino sia i Porcii da Tuscolo evitando di addentrarci in periodi ancora più antichi, dall’Etruria e dalla Lucania e dall’Italia intera, vennero inseriti nel Senato, più tardi quando i confini giunsero fino alle Alpi, in modo tale che non i singoli individui ma addirittura le terre, le genti si unirono sotto il nostro nome. […]. A quale motivo si deve attribuire la rovina degli Spartani e degli Ateniesi se non per il fatto che essi imposero le loro regole con le armi e considerassero gli sconfitti stranieri? Romolo, nostro padre, fu invece talmente saggio da considerare molte popolazioni lo stesso giorno prima nemici e poi concittadini. Molti dei nuovi arrivati regnarono; e l’affidamento delle cariche a figli di liberti non è, come pensano in molti, sbagliando, cosa d’oggi, ma già in antico era cosa comune. È vero, abbiamo combattuto contro i Senoni, ma anche i Volsci e gli Equi non furono forse nostri avversari in campo aperto? Siamo stati sottomessi ai Galli, ma abbiamo consegnato ostaggi agli Etruschi e abbiamo subito il giogo Sannita. Tuttavia, se esaminiamo tutte le guerre, osserveremo che nessuna di queste si concluse in più breve tempo che contro i Galli, con i quali abbiamo stipulato una pace lunga e duratura. Ormai si sono assimilati a noi nei costumi, nelle arti, nel sangue e in più ci danno anche il loro oro invece che tenerlo per loro. Tutto ciò che ora si reputa antico, padri coscritti, un giorno fu cosa nuova: i magistrati plebei dopo quelli patrizi, i Latini dopo i plebei, gli altri Italici dopo i Latini. Anche questa delibera è destinata ad essere considerata antica, e che oggi riportiamo come esempio, rimarrà tra gli esempi”.

Tacito, Annales, XI 23-24

Mentre la tabula claudiana (che riporta il confronto avuto in senato nel 48 d.C. tra Claudio e un senatore)  riporta un contenuto essenzialmente in linea con quanto scritto da Tacito:

Proclaiming_claudius_emperor-Alma Tadema
Alma-Tadema – La proclamazione di Claudio a imperatore

Da quando i re regnavano su questa città non gli fu concesso di trasmettere il potere a successori della loro stessa casa ma di consegnarlo ad un’altra casata e comunque al di fuori dello stato. Come quando Numa che successe a Romolo proveniva da i sabini, certo un confinante, ma pur sempre uno straniero; come anche Anco Marcio e Tarquinio Prisco il quale era di sangue impuro e nato dal padre Demarcato di Corinto e da una donna tarquiniese nobile ma povera, tant’è che fu obbligata ad accettare un tale marito del quale aveva bisogno. per questo egli venne escluso dalla scalata al potere e per questo fu costretto ad emigrare a Roma. tra il suo regno e quello di suo figlio o suo nipote, qui gli autori sono discordi, s’inserì Servio Tullio, che se noi seguiamo le nostre (fonti), nacque dalla schiava Ocresia. Se invece seguiamo quelle etrusche, invece fu l’amico più fedele di Celio Vibenna e compagno di tutte le sue vicende, quindi, uscito da molte situazioni di fortuna con tutti rimasugli dell’esercito di celio abbandonò l’Etruria e occupò il monte celio che da allora si chiama così ; quindi cambiò il suo nome etrusco Mastarna che prima era così e fu chiamato come detto e ottenne il regno con enorme profitto dello stato. dopo di ciò il carattere di Tarquinio il Superbo furono odiati dalla nostra città tanto il suo che quello dei suoi figli, apparentemente lo spirito fu disgustato della monarchia, il governo dello stato fu quindi trasferito a due consoli e a magistrati annuali.

E’ evidente che per capire la storia dei romani è necessario sapere che i romani sono coloro i quali sono cittadini romani, non gli abitanti di Roma, o del Lazio, o perfino dell’Italia.

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