Fine della monarchia

Con la cacciata di Tarquinio il Superbo venne istituita la res publica, ad opera in primis di Lucio Giunio Bruto, avo di Marco Giunio Bruto, futuro assassino di Cesare. Il potere regale venne diviso tra due consoli eletti annualmente: sostanzialmente possedevano quasi tutti i poteri regali, ma con la limitazione di un solo anno di mandato (inizialmente era previsto un periodo di dieci anni tra un consolato e l’altro, pratica messa in discussione da Gaio Mario a partire dal I sec a.C. e infine caduta totalmente in disuso con consolati suffetti – cioè straordinari – sempre più frequenti, anche diversi l’anno) e la necessità di dividerli con un collega.

Una lotta di potere: patrizi contro plebei

Secessio_plebis

La concezione di potere repubblicana si fondava infatti tutta sulla collegialità delle cariche e sulla durata annuale delle stesse (a eccezione del quinquennio per la censura). Inizialmente furono i patrizi e i senatori (dapprima solo ex consoli, poi anche ex pretori, infine con Silla la questura, cioè la prima carica pubblica, fu il requisito per accedere al senato, composto mediamente di 600 membri) ad aver accesso alle cariche pubbliche.

Ciò generò conflitti con i nuovi cittadini romani e i più poveri, ovvero quelli non appartenenti alle più antiche gentes, con la famosa secessio plebis – in realtà più di una tra il V e il III secolo a.C. – che piegò i patrizi, i quali alla fine condivisero il potere con i plebei dopo una serie di passaggi: nel 494 a.C. furono creati i tribuni della plebe, nel 450 a.C. furono messe per iscritto le leggi tramite le XII tavole, nel nel 367 a.C. con le Leges Liciniae Sextiae (che rendevano possibile eleggere al consolato anche i plebei) e infine nel 287 a.C. con la Lex Hortensia de plebiscitiis (che dava valore legale alle decisioni prese dalle assemblee plebee).

Al termine del III secolo a.C., complice anche il pesantissimo tributo di sangue della seconda guerra punica, patrizi e plebei condividevano pacificamente ed equamente il potere – anzi, il numero di famiglie plebee era in continua ascesa e si apprestava ad essere la maggioranza. Ecco come racconta il senato romano Luciano Canfora:

L’impero della repubblica romana

Félix Auvray: La morte di Caio Gracco

Le continue conquiste avevano portato ad espandere enormemente il territorio di Roma: ormai i territori della repubblica abbracciavano tutto il mediterraneo e leggi e usanze (come la ferma militare) create per una singola città erano ormai anacronistiche e perfino problematiche se applicate ad un impero (l’impero della repubblica romana): la questione esplose nel 133 a.C. quando venne eletto tribuno della plebe Tiberio Gracco.

Tiberio si era reso conto che ormai molti ricchi senatori e cavalieri compravano proprietà in Italia per i loro enormi latifondi, sottraendo proprietà ai piccoli proprietari che, spesso in guerra per anni in Spagna o in oriente, finivano per perdere a causa di debiti o espropri i loro possedimenti.

Ciò portava al progressivo impoverimento della classe media, che finirà appunto per legarsi – dopo l’insuccesso e la morte si di Tiberio che del fratello Gaio nel 121 a.C. – a singoli esponenti politici che arruolavano (venuta meno la leva obbligatoria e trasformato l’esercito in professionisti retribuiti da Gaio Mario) nelle loro legioni masse di meno abbienti, seguendo le loro cause politiche. Ciò porterà alla fine della repubblica dopo la morte di Cesare e il passaggio di potere nelle mani di una singola persona, un imperator, o meglio: un princeps.

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