«Fu dunque un fanciullo amabile, intelligente, affabile con i genitori, caro ai loro amici, ben accetto al popolo, gradito al senato: ciò che gli giovò ad acquistarsi la simpatia generale. Non apparve mai indolente nello studio, né pigro a compiere atti di benevolenza o restio a mostrarsi liberale o tardo a gesti di clemenza, almeno finché visse sottomesso ai genitori. Insomma, se talvolta vedeva dei condannati gettati in pasto alle fiere, piangeva o volgeva altrove lo sguardo; ciò che gli conquistò grande affetto da parte del popolo.»

Historia Augusta, Caracalla, 1, 3-5

Un imperatore controverso

Caracalla

Caracalla da bambino era da tutti ammirato e si credeva sarebbe stato buonissimo. Ma quando diventò imperatore, alla morte del padre, il 4 febbraio del 211, si dimostrò tutt’altro che buono. Infatti odiava profondamente il fratello Geta, co-imperatore, e credeva volesse ucciderlo. Infine Caracalla lo fece fuori, adducendo come motivazione il fatto che il fratello stava per fare lo stesso. I pretoriani reagirono male e Caracalla dovette calmarli con una largo donativo. Subito dopo, in senato, si difese, adducendo il suo gesto come un atto difensivo; ma si era presentato in senato con la corazza sotto la toga, temendo di essere assassinato. Ossessionato dalla sua sicurezza personale (chiedeva continuamente a maghi, indovini e sacerdoti informazioni sulla sua sicurezza personale), mandò a morte molti senatori e cavalieri, tra cui il prefetto al pretorio Papiniano, fatto a pezzi letteralmente a colpi di scure davanti i suoi occhi, reo di non aver appoggiato l’omicidio di Geta:

«In seguito, alla sua presenza fu ucciso a colpi di scure dai soldati Papiniano: al che l’imperatore si rivolse all’uccisore dicendo: «Con la spada avresti dovuto eseguire il mio ordine!». Per suo ordine fu pure ucciso Patruino, davanti al tempio del divo Pio, e il suo cadavere, insieme con quello di Papiniano, furono trascinati attraverso la piazza senza alcun ritegno dettato da sentimenti di umanità. Mise a morte anche il figlio di Papiniano, che solo tre giorni prima aveva allestito, in qualità di questore, splendidi giochi. In quegli stessi giorni furono uccise moltissime persone che erano state partigiani di suo fratello; furono eliminati anche i liberti che avevano curato gli affari di Geta. Si ebbero poi stragi in ogni luogo. Vi fu anche chi venne sorpreso nel bagno, e molti furono uccisi persino mentre erano a tavola, e tra essi anche Sammonico Sereno del quale ci sono rimaste molte dotte opere.»

HISTORIA AUGUSTA, CARACALLA, 4, 1-4

L’imperatore si dedicò anche a una prima campagna militare in Germania, dove ottenne il titolo di Germanicus. Era molto amato dai soldati, secondo Erodiano (ben più ostile è l’Historia Augusta nei suoi confronti, additandolo come nemico del senato). Ammirava oltremodo Alessandro Magno, e forse c’è anche questa ammirazione alla base del provvedimento che, nel 212 d.C., lo vide concedere la cittadinanza romana a tutti i liberi dell’impero (ormai già da molti decenni il diritto romano distingueva genericamente tra honestiores e humiliores, la Constitutio Antoniniana. In ogni caso, l’evento, che può apparire storico, venne trascurato dai contemporanei e a malapena citato. Cassio Dione riporta che le motivazioni furono puramente fiscali; infatti i provvedimenti imperiali del tardo II secolo – inizio III lasciano intendere che chi acquisiva la cittadinanza al periodo continuava a pagare le imposte precedenti e in aggiunta quelle come cittadino romano. Inoltre Caracalla in questo modo imitava Alessandro, con un presunto universalismo analogo a quello del macedone, e disponeva di molte più reclute per l’esercito. D’altronde il macedone era sempre stato un suo punto di riferimento fin da piccolo:

Alessandro Magno

“Dei due figli lasciati da Settimio Severo, i quali ricevettero il nome di Antonino, uno dall’esercito, l’altro dal padre, Geta fu dichiarato nemico pubblico, Bassiano divenne – come si sa – imperatore. Sugli antenati di questo riteniamo sia inutile soffermarsi ancora, dato che di tutto si è già parlato ampiamente nella vita di Severo. Fu dunque un fanciullo amabile, intelligente, affabile con i genitori, caro ai loro amici, ben accetto al popolo, gradito al senato: ciò che gli giovò ad acquistarsi la simpatia generale. Non apparve mai indolente nello studio, né pigro a compiere atti di benevolenza o restio a mostrarsi liberale o tardo a gesti di clemenza, almeno finché visse sottomesso ai genitori. Insomma, se talvolta vedeva dei condannati gettati in pasto alle fiere, piangeva o volgeva altrove lo sguardo; ciò che gli conquistò grande affetto da parte del popolo. A sette anni, avendo saputo che un fanciullo suo compagno di giochi era stato frustato a sangue per aver professato la religione giudaica, tenne a lungo il broncio a suo padre e al padre di quello quali responsabili di quelle percosse. Fu grazie al suo intervento che furono restituiti agli abitanti di Antiochia e Bisanzio, contro i quali si era scatenata l’ira di Severo per l’aiuto da essi prestato a Nigro, i loro antichi privilegi. Ebbe in odio Plauziano a motivo della sua crudeltà. Era solito regalare di sua iniziativa ai suoi clienti e maestri i doni che riceveva dai genitori in occasione delle feste sigillari. Ma tutto questo riguarda la sua fanciullezza. Non appena, però, fu uscito da quell’età, vuoi per effetto dei consigli del padre, vuoi per la sua innata scaltrezza o per il fatto che si era prefìsso di assomigliare ad Alessandro Magno il Macedone, divenne più riservato, più severo, e anche più torvo nell’espressione del viso, al punto che molti non volevano credere che fosse lo stesso che avevano conosciuto da piccolo. Aveva sempre sulle labbra Alessandro Magno e le sue gesta e, quando era in compagnia, lodava di continuo Tiberio e Silla. Era più superbo del padre, e disprezzava profondamente il fratello per il suo atteggiamento molto dimesso.”

historia augusta, caracalla, 1,1-2,3

Caracalla riformò anche la moneta, che a quel tempo conteneva ormai poco meno del 50% di argento. Per sopperire alle perdite dovute al minor valore intrinseco del denario, Caracalla aumentò ulteriormente la paga dell’esercito, da cui era amatissimo, e introdusse una nuova moneta, l’antoniniano. Le monete rinvenute hanno un peso mai superiore a 1,6 denari; tuttavia non sappiamo se lo scopo fosse quello di ridurre l’inflazione o di produrre più moneta a un costo inferiore. Infatti, mentre alcuni hanno suggerito che la moneta potesse valere 1,25 denari e quindi cercare di fermare l’inflazione, dall’altro l’ipotesi più accreditata è che il valore fosse di due denari e che quindi in questo modo potesse disporre di più denaro. La Constitutio Antoniniana, che estendeva il pagamento delle tasse dei cittadini romani a tutti, sembrerebbe confermare l’idea che Caracalla avesse bisogno di denaro.

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Caracalla e il mito di Alessandro Magno
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