La vendetta romana di Carre al Monte Gindaro

La vendetta romana di Carre al Monte Gindaro

I funditores causarono enormi perdite, anche psicologiche. Fu allora che Ventidio Basso ordinò nuovamente alle legioni di attaccare: nonostante la strenua resistenza i romani massacrarono la guardia del re, che venne ucciso in combattimento. Un centurione riuscì a prendere il corpo, attorno al quale si era accesa un’aspra battaglia, e a tagliarli la testa, mostrandola trionfante ai suoi compagni.

La formazione romana a Testudo

La formazione romana a Testudo

«Le truppe armate pesantemente che utilizzano gli scudi oblunghi, ricurvi e cilindrici sono disposte intorno all’esterno, formando una figura rettangolare, e, rivolte verso l’esterno e tenendo le braccia pronte, racchiudono il resto. Gli altri che hanno scudi piatti, formano un corpo compatto al centro e alzano gli scudi sopra le teste di tutti gli altri in modo che non si veda altro che scudi in ogni parte della falange allo stesso modo e tutti gli uomini per la densità della formazione sono al riparo dai missili. In effetti, è così meravigliosamente forte che gli uomini possono camminarci sopra e ogni volta che arrivano in uno stretto burrone, perfino cavalli e veicoli possono essere guidati al di sopra.»

(Cassio Dione, Storia Romana, XXXXIX, 29)

Il primo triumvirato – Cesare, Pompeo, Crasso

Il primo triumvirato – Cesare, Pompeo, Crasso

Nonostante Pompeo e Crasso non avessero grossa stima reciproca, entrambi miravano al potere ma ne erano in qualche modo ostacolati dalla situazione. Si insinuò in questo contesto un senatore romano, discendente da una nobilissima famiglia, Gaio Giulio Cesare. Quest’ultimo propose a entrambi di formare un triumvirato, un accordo privato, in cui l’elezione di uno dei tre avrebbe potuto aiutare gli altri.

L’inizio della fine – Invasioni barbariche

L’inizio della fine – Invasioni barbariche

«Chi avrebbe mai creduto che Roma, costruita sulle vittorie riportate su tutto il mondo, sarebbe crollata? Che tutte le coste dell’Oriente, dell’Egitto e d’Africa si sarebbero riempite di servi e di schiave della città un tempo dominatrice, che ogni giorno la santa Betlemme dovesse accogliere ridotte alla mendicità persone di entrambi i sessi un tempo nobili e pieni di ogni ricchezza?»

Le mura Teodosiane di Costantinopoli

Le mura Teodosiane di Costantinopoli

Nel 408 Teodosio II, appena succeduto ad Arcadio, iniziò la costruzione delle nuove mura, a circa 1,5 km dal centro cittadino, dietro pressioni del prefetto al pretorio d’oriente Flavio Antemio (Teodosio aveva solo sette anni). Lunghe 5.630 metri, si estendono dal Mar di Marmara alle Blacherne (dove sorgerà il secondo Palazzo imperiale) vicino il Corno d’Oro, vennero completate nel 413. Le mura sono dotate di due linee di mura, con un fosso davanti la più bassa. La cinta muraria principale, la Grande Muraglia “Ἕσω Τείχος” è larga 5 metri e alta 12.

L’arrivo di Annibale Barca in Italia

L’arrivo di Annibale Barca in Italia

A coloro i quali gli rimproverano che fosse impossibile attraversare i passi alpini, già innevati, Annibale avrebbe risposto “inveniam viam aut faciam” (troverò una strada o ne costruirò una). L’impresa riuscì, non senza perdite (tutti gli elefanti tranne uno morirono), riuscendo a soprendere i romani che si erano attestati nella zona del Rodano, credendo che Annibale si sarebbe imbarcato a Massalia (Marsiglia). In Italia troverà poi l’appoggio delle tribù celtiche, sconfitte pochi anni prima dai romani.

Germanico: il vendicatore di Roma

Germanico: il vendicatore di Roma

«Nell’allocuzione, Cesare espresse i suoi elogi ai vincitori; poi, eresse un trofeo d’armi con una iscrizione superba: «Debellati i popoli tra il Reno e l’Elba, l’esercito di Tiberio Cesare ha consacrato questo monumento a Giove, a Marte e ad Augusto». Di sé nulla aggiunse, per timore dell’invidia e perché riteneva bastasse la coscienza di ciò che aveva fatto. » (TACITO, ANNALI, II, 20-22)

Romolo e Furio Camillo: i due fondatori di Roma

Romolo e Furio Camillo: i due fondatori di Roma

«Furono poi vinti (i galli di Brenno), sempre sotto la guida e gli auspici di Camillo, in una seconda battaglia più regolare, a otto miglia da Roma sulla via di Gabi, dove si erano raccolti dopo la fuga. Qui la strage fu generale: furono presi gli accampamenti, e non sopravvisse neppure uno che potesse recare la notizia della disfatta. Il dittatore ritolta la patria ai nemici tornò trionfando in città, e fra i rozzi canti scherzosi, che i soldati sogliono improvvisare in tali occasioni, fu chiamato Romolo, padre della patria e secondo fondatore di Roma, con lodi non immeritate. Dopo aver salvata la patria in guerra la salvò poi sicuramente una seconda volta in pace, quando impedì che si emigrasse a Veio, mentre i tribuni avevano ripreso con maggior accanimento la loro proposta dopo l’incendio della città, ed anche la plebe era di per sé più incline a quell’idea. Questa fu la causa per cui non abdicò alla dittatura dopo il trionfo, poiché il senato lo scongiurava di non abbandonare la repubblica in un momento difficile.» (TITO LIVIO, AB URBE CONDITA, V, 49, 1- 9)

La fine di Odoacre – Teoderico re

La fine di Odoacre – Teoderico re

Il 15 marzo 493 Teoderico (che era appena entrato a Ravenna, accettando di dividere il regno con il re erulo) e Odoacre si incontrarono in un banchetto, organizzato dal goto, il quale lo uccise a tradimento. Pare che in punto di morte abbia esclamato: “dov’è Dio?” e che l’amalo abbia risposto “questo è per quello che mi hai fatto”, forse un riferimento all’assassinio di alcuni suoi parenti della famiglia reale rugia da parte di Odoacre.