Il 1 agosto del 10 a.C. nasceva l’imperatore Claudio a Lione, mentre il padre Druso Maggiore era impegnato in Gallia. Quest’ultimo era forse figlio illegittimo di Augusto, essendo nato pochi mesi dopo il matrimonio con Livia, con cui aveva già da prima una relazione; quindi Augusto era forse il nonno di Claudio. Nipote di Tiberio e zio di Caligola, venne emarginato fin da piccolo in quanto balbuziente e zoppo, dedicandosi quindi agli studi. Nel testamento di Augusto, che invece amava profondamente il padre Druso Maggiore, ottenne solo 800.000 sesterzi (1 milione era la cifra per diventare senatore). Era anche profondamente disprezzato anche dalla madre Antonia minore che lo definiva “abbozzo d’uomo”.

Lo zio paterno Tiberio, quando [Claudio] gli chiese degli incarichi, gli conferì soltanto le insegne consolari, ma, quando egli insistette per assumere la carica effettiva, gli rispose per lettera soltanto questo: «che gli aveva mandato quaranta monete d’oro per i Saturnali e i Sigillari». Allora soltanto, persa ogni speranza di ottenere qualche incarico, si dedicò all’ozio, vivendo in disparte ora nei giardini e nella sua villa suburbana, ora nel suo ritiro in Campania e, poiché frequentava persone assai sordide, si conquistò la fama di avvinazzato e di giocatore d’azzardo, che si aggiunse a quella di imbecillità. Tuttavia, pur vivendo in tal modo, non gli venne mai meno il rispetto degli uomini né il pubblico riconoscimento. I cavalieri lo elessero per due volte come patrono per condurre un’ambasceria per conto loro: una volta quando chiesero ai consoli di portare sulle loro spalle a Roma la salma di Augusto; un’altra volta quando si congratularono con gli stessi consoli per l’eliminazione di Seiano. E anzi, solevano alzarsi in piedi e togliersi il mantello quando egli entrava nel Circo.

Svetonio, Claudio, 5-6

Imperatore per caso

Se c’era certezza da parte di tutti sul voler eliminare Caligola, non ce n’era alcuna su cosa sarebbe dovuto accadere dopo; infatti non c’era un successore designato e d’altronde nella famiglia giulio-claudia molti elementi erano stati assassinati o erano morti nel corso del tempo. Tra loro restava lo zio di Caio e fratello di GermanicoClaudio:

«Ritiratosi insieme agli altri, quando i congiurati che attentavano alla vita di Caio, con la scusa che l’imperatore voleva stare solo, avevano fatto allontanare la folla, era entrato in una stanzetta chiamata Ermèo. Poco dopo, terrorizzato dai rumori di quell’omicidio, strisciò fino al terrazzo adiacente e si nascose tra le pieghe della tenda della porta. Mentre se ne stava così nascosto, un soldato, che passava di lì per caso, notò i piedi, lo tirò fuori per scoprire chi fosse e, riconosciutolo, mentre quello gli si gettava ai piedi tremante di paura, lo salutò imperatore; quindi lo trascinò presso gli altri suoi commilitoni ancora tutti confusi e tremanti. Questi lo posero su di una lettiga e, poiché i suoi servitori erano scappati, portandolo a turno a spalla, lo accompagnarono sgomento e tremante fino al Castro, mentre la folla che lo incontrava provava pietà per lui, pensando che venisse ingiustamente condotto al supplizio. Lo fecero entrare nel vallo e lì trascorse la notte tra le sentinelle con speranze inferiori alla fiducia. Infatti i consoli avevano occupato il foro e il Campidoglio insieme al Senato e alle coorti urbane, con l’intenzione di restaurare la libertà repubblicana. Claudio, convocato in Senato dai tribuni della plebe per esprimere il suo parere, rispose che «era impedito da cause di forza maggiore». Il giorno seguente, però, poiché il Senato era troppo lento nel perseguire i suoi intenti, vuoi per stanchezza, vuoi per dissensi interni, e la folla d’intorno chiedeva insistentemente che le venisse dato un governatore unico e faceva proprio il suo nome, [Claudio] consentì che l’esercito, riunito in assemblea, gli prestasse giuramento. Promise a ciascuno quindicimila sesterzi e fu il primo tra i Cesari a comprare la fedeltà dell’esercito.»

Svetonio, Claudio, 10

Un pretoriano, riconosciuto Claudio nascosto dietro una tenda nel palazzo imperiale (Caligola era stato assassinato in un tunnel che portava dal Circo Massimo al Palatino), lo acclamò immediatamente imperatore: chi altri, se non un membro della famiglia imperiale, poteva garantire loro la paga? Infatti pare che il senato, riunito in assemblea, stesse già meditando se ristabilire la repubblica, e aveva il controllo delle coorti urbane. Le quali però erano di molto inferiori alle nove coorti di pretoriani stabilite dei castra praetoria, creati da Tiberio, zio di Claudio.

Fu proprio lì che venne portato, in lettiga, dai pretoriani stessi (i suoi servitori erano fuggiti per la paura). Ma, mentre Claudio passò una notte terribile, temendo di venire assassinato, il giorno seguente i pretoriani, schierati nel castra, lo acclamarono imperatore, mentre anche il popolo romano faceva pressione affinché ci fosse un nuovo Cesare. Il senato non poté fare nulla per opporsi, sia perché aveva perso troppo tempo, sia perché il popolo e i pretoriani erano dalla parte di Claudio, che decise di dare subito un donativo di 15.000 sesterzi ai pretoriani, cui doveva il potere:

«Reso stabile il suo potere, nulla gli sembrò più urgente che cancellare il ricordo di quei due giorni in cui si era rischiato di mutare la costituzione dello stato. Pertanto sancì il perdono e l’oblio perpetuo di quanto fosse stato detto o fatto in quei due giorni, limitandosi a far giustiziare soltanto alcuni tribuni e centurioni che avevano fatto parte della congiura contro Caio, per dare un esempio, ma anche perché aveva saputo che quelli avevano chiesto anche la sua uccisione. Si volse quindi ai doverosi atti di devozione e stabilì che il suo giuramento più sacro e più consueto sarebbe stato quello prestato su Augusto. Si assicurò che venissero conferiti onori divini alla nonna Livia e che nella processione circense venisse trasportata su un carro trainato da elefanti, simile a quello di Augusto. Istituì pubbliche cerimonie funebri per i suoi genitori e inoltre ludi circensi da festeggiare ogni anno nella ricorrenza della nascita del padre e un carro dedicato alla madre Antonia su cui trasportarne l’immagine durante la processione circense. Le fece anche conferire il titolo di Augusta, titolo da lei rifiutato in vita. Riguardo alla memoria del fratello, da lui celebrata in ogni circostanza, fece anche allestire a Napoli, in un agone, una commedia greca scritta da quello, che fu da lui premiata con una corona, secondo la sentenza degli arbitri di gara. Non lasciò privo di onori e di menzioni di gratitudine neanche Marco Antonio, infatti in un editto una volta dichiarò che chiedeva la celebrazione dell’anniversario della nascita di suo padre, Druso, tanto più insistentemente in quanto coincideva con quella di suo nonno Antonio. Fece eseguire la costruzione dell’arco di marmo dedicato a Tiberio accanto al teatro di Pompeo, che un tempo il Senato aveva decretato e che poi non aveva avuto seguito. Quanto a Caio, pur avendo annullato tutti i suoi atti, vietò che fosse considerato festivo il giorno della sua uccisione, sebbene fosse anche il primo del suo principato.»

SVETONIO, CLAUDIO, 11

Un buon governo

Claudio riformò l’amministrazione imperiale, cominciando a dargli una prima burocrazia, che venne affidata in larga parte a liberti imperiali e procuratori equestri, che si occupavano della riscossione delle tasse nelle province imperiali. Vennero istituiti i primi uffici, antecedenti di quelli che si sarebbero istituzionalizzati ai tempi di Costantino: a rationibus, che si occupava della gestione finanziaria, a libellis per le questioni giuridiche, ab epistulis per la corrispondenza.

Creò tre acquedotti, l’Acqua Claudia, l’Aqua Virgo e l’Anio Novus. Dotò Ostia di un nuovo portò che però si insabbiò non molto tempo dopo; il problema sarebbe stato risolto solo da Traiano. Bonificò inoltre la piana del Fucino, con un canale che portava le acque nel fiume Liri: la prima volta il canale era troppo alto per consentire all’acqua di defluire. Il secondo era troppo in basso e l’afflusso eccessivo di acqua uccise molti spettatori.

In ambito militare Claudio doveva mostrare di meritare il ruolo di capo dell’esercito, non avendo alcuna esperienza a riguardo, essendo sempre stato tenuto lontano dalla carriera politico-militare. Decise pertanto di invadere l’isola della Britannia, dove già Cesare aveva tentato due sbarchi. La conquista fu rapida, ma molto più tempo chiese la pacificazione e l’organizzazione della provincia. Sempre in ambito militare Claudio riformò la carriera per i reparti ausiliari, che divennnero a tutti gli effetti stabili e comandati secondo una gerarchia e carriera bene precisa, da cavalieri e non senatori romani:

«Regolò la carriera militare dei cavalieri in modo tale da dare loro prima il comando d’una coorte, poi di un’ala e poi il tribunato di una legione. Istituì gli stipendi e una sorta di milizia fittizia, chiamata soprannumeraria, in cui, senza prestare servizio, si poteva usufruire del titolo solo nominalmente.»

SVETONIO, CLAUDIO, 25

Claudio ricoprì inoltre nuovamente la censura, che non veniva assunta da molto tempo:

“Ricoprì anche la carica di censore, che per molto tempo era stata trascurata, dopo i censori Planco e Paolo, ma anche questa in modo poco adeguato e con atteggiamenti e decisioni mutevoli. Durante la rivista dei cavalieri, congedò senza note di demerito un giovane carico d’infamia, che il padre invece asseriva essere a parer suo irreprensibile, dicendo che «quello già aveva il suo censore personale». Si limitò solo ad ammonire un altro, noto come seduttore e adultero, ad «indulgere di meno o con più moderazione alla sua giovinezza» e aggiunse: «Perché, infatti, io debbo sapere chi è la tua amante?». Quando cancellò la nota di demerito apposta a un tale, cedendo alle preghiere dei suoi amici, disse: «La cancellatura tuttavia rimane!».”

Svetonio, Claudio, 16
La tavola di Lione

La cittadinanza ai galli

Durante un discorso in senato nel 48 d.C., l’imperatore Claudio propose una legge che concedeva lo ius honorum (il diritto a ricoprire cariche politiche) ai cittadini Romani della Gallia Comata, cioè la possibilità di entrare in senato. Ci furono dure reazioni dei senatori, indignati. Molti sostenevano come i nonni di questi galli avessero combattuto contro Cesare e ucciso molti romani, anche loro antenati. Claudio allora pronunciò un discorso storico, riportato da Tacito e confermato da un’epigrafe rinvenuta a Lione:

” I miei antenati, al più antico dei quali, Clauso, venuto dalla Sabina, furono conferiti insieme la cittadinanza romana e il patriziato, mi esortano ad adottare gli stessi criteri […] non ignoro che i Giuli vennero da Alba, i Coruncanii da Camerio, i Porcii da Tuscolo e, per non risalire ad epoche più antiche, furono tratti in Senato uomini dall’ Etruria, dalla Lucania e da tutta l’Italia […] A quale altra cagione fu da attribuirsi la rovina degli Spartani e degli Ateniesi, se non al fatto che essi, per quanto prevalessero con le armi, consideravano i vinti come stranieri?Romolo, nostro fondatore, fu invece così saggio che ebbe a considerare parecchi popoli in uno stesso giorno prima nemici e subito dopo concittadini. Stranieri presso di noi ottennero il regno […] O padri coscritti, tutte le cose che si credono antichissime furono nuove un tempo […] Anche questa nostra deliberazione invecchierà, e quello che oggi noi giustifichiamo con antichi esempi, sarà un giorno citato fra gli esempi.”

Tacito, Annales, XI, 24

Naturalmente alla fine la legge di Claudio passò. Ma il suo discorso è emblematico: quando ci si discosta da una certa idea, bisogna tornare alla linea tradizionale romana: gli stranieri sono ben accetti, purché si romanizzino. L’atteggiamento dei romani era estremamente pragmatico: accogliere gli stranieri e renderli romani, a partire dalle élite, uniformando gradualmente i costumi ma mantenendo intatte le usanze e lingue locali , portando i vinti a trasformarsi volontariamente in romani (che era pur sempre un privilegio giuridico e fiscale).

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Claudio: un imperatore sottovalutato?
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