Nel III secolo la religione pagana si era fortemente trasformata, sull’influsso dei culti di origine orientale, le sue caratteristiche pubbliche e ritualistiche avevano sempre più perso di significato di fronte a una più intensa e personale spiritualità. Si stava diffondendo un sincretismo tendente al monoteismo.

Una forte spinta al sincretismo fu data dall’imperatore Aureliano , con l’istituzione del culto ufficiale del Sol Invictus (“Sole Invincibile”), con elementi tratti dal mitraismo e di altri culti solari di origine orientale. Diocleziano inoltre aveva imposto una forte persecuzione verso i cristiani e riportato in auge il culto di divinità come Giove e semi-divinità come Ercole.

In seguito all’istituzione della tetrarchia a opera di Diocleziano, nel 305 il Costanzo Cloro era salito dal rango di Cesare a quello di Augusto, ma era morto improvvisamente. I soldati, a Eburacum (York) avevano acclamato imperatore suo figlio Costantino nel 306, stravolgendo l’idea dioclezianea che ad un Augusto sarebbe dovuto seguire naturalmente il suo Cesare.

Il Cesare di Costanzo era Flavio Severo e sarebbe dovuto subentrargli, ma Costantino era determinato ad essere nominato almeno Cesare dopo l’acclamazione dell’esercito. Allo stesso modo, in Italia e Africa era stato acclamato imperatore Massenzio, figlio dell’ex imperatore Massimiano, che si era ritirato controvoglia nel 305 a vita privata costretto dal collega Diocleziano.

Massenzio venne riconosciuto imperatore il 28 ottobre del 306 dai soldati; in poco tempo riuscì a catturare Severo e sottrargli completamente l’Italia e l’Africa. Galerio non riuscì a intervenire e dovette riconoscergli il possesso dei territori conquistati.

Anche Massimiano cercò di rimettersi in gioco, ma non riuscì a sottrarre potere al figlio. Per mettere ordine l’11 novembre del 308 a Carnuntum Galerio e Diocleziano si incontrarono, decidendo di elevare ad Augusto Licinio (e non Massimino Daia), di riconoscere il titolo di Cesare a Costantino, e di dichiarare Massenzio hostis publicus.

Posto in questa posizione scomoda, Massenzio riprese subito l’Africa, dove il prefetto Lucio Domizio Alessandro si era fatto proclamare imperatore, prendendo anche la Sardegna; egli rischiava di affamare Roma, priva dell’apporto del grano africano necessario per l’annona dell’Urbe, ma già nel 311 Massenzio lo fece eliminare dal nuovo prefetto al pretorio Rufio Volusiano.

Nel frattempo Massimiano, per cementare l’alleanza con Costantino, aveva dato in sposa a lui sua figlia Fausta; ma, ebbro di potere, cercò ancora di farsi acclamare imperatore. Raggiunto da Costantino a Marsiglia, lo costrinse probabilmente a suicidarsi, nel 310.

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In hoc signo vinces

Poco dopo morì Galerio, nel 311. Costantino marciò sull’Italia, per eliminare Massenzio, rimasto escluso dagli accordi di Carnuntum, sconfiggendo le sue truppe a Torino e Verona; infine a Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312 d.C., si scontrarono i due imperatori, nei pressi dei Saxa Rubra.

Massenzio aveva deciso di aspettarlo. Con ogni probabilità il figlio di Massimiano aveva un numero di forze maggiori, anche se i numeri forniti da Zosimo appaiono esagerati (90.000 fanti e 8.000 cavalieri per Costantino; 170.000 fanti e 18.000 cavalieri per Massenzio, tra i quali ben 80.000 italici); sembrerebbe più attendibile la stima dei Panegyrici latini, che racconta di 40.000 uomini per Costantino e 100.000 per Massenzio. In ogni caso Costantino partiva numericamente svantaggiato.

Secondo Lattanzio Costantino ebbe una visione in cui Cristo lo esortava ad apporre un segno sugli scudi dei propri soldati, forse uno staurogramma, ossia una croce latina con la parte superiore cerchiata come una P, forse il simbolo di Cristo, il chi-rho, una XP incrociata.

Eusebio riporta due versioni. La prima, contenuta nella Storia ecclesiastica, afferma esplicitamente che il dio cristiano abbia aiutato Costantino, ma non menziona nessuna visione. Nella Vita di Costantino Eusebio racconta che Costantino stava marciando col suo esercito quando, alzando lo sguardo verso il sole, vide una croce di luce e sotto di essa la frase greca “ἐν τούτῳ νίκα”, reso in latino come in hoc signo vinces, ossia “con questo segno vincerai”. Inizialmente insicuro del significato, Costantino ebbe nella notte un sogno nel quale Cristo gli spiegava di usare il segno della croce contro i suoi nemici.

Eusebio poi descrive il labarum, lo stendardo usato da Costantino (e poi divenuta l’insegna imperiale romana) nella guerra civile contro Licinio, recante il segno ‘chi-rho‘ (le prime due lettere di Cristo in greco). Massenzio dispose i suoi soldati nei pressi di Saxa Rubra con il Tevere alle spalle e fece costruire un ponte di legno alle sue spalle. Probabilmente era convinto che con il fiume alle spalle avrebbero combattuto con più furore (secondo Nazario i soldati dell’ultima fila avevano i piedi nell’acqua; con ogni probabilità Massenzio dubitava delle fedeltà di molti e in questo modo li costrinse a combattere), e che la località poco pianeggiante avrebbe sfavorito la cavalleria del suo rivale ma non fu così.

Costantino attaccò furiosamente i fianchi di Massenzio, guidando personalmente la cavalleria (secondo Nazario indossava un’armatura, uno scudo e un elmo dorato) mettendoli in fuga, dopodiché attaccò lateralmente la fanteria. Quest’ultima andò in rotta e rimasero a tenere il campo i soli pretoriani, che furono trucidati (Costantino ne sciolse il corpo per vendicarsi e non furono più ricostruiti); pare che i loro corpi furono ritrovati esattamente sul posto in cui avevano combattuto. Massenzio, in fuga, finì annegato nel Tevere poiché il ponte non resse il peso di tanti uomini in fuga e crollò.

Costantino non rimase a lungo a Roma. Il senato comunque gli dedicò un arco di trionfo, attualmente di fronte al Colosseo. Tuttavia sull’arco, fatto con ampio materiale di recupero, non compare mai nessun simbolo cristiano, nemmeno sugli scudi dei soldati di Costantino, il quale vietò i sacrifici e proibì la crocifissione. Uccise i parenti di Massenzio e sciolse la guardia pretoria senza più riformarla. Al suo posto vennero istituite le scholae palatinae, fatte di molti elementi germanici. Al contempo diede il via a un rinnovamento dell’esercito, affidandolo a un magister militum (per la fanteria) e un magister equitum (per la cavalleria). A partire da lui si comincerà a distinguere anche tra truppe di frontiera (limitanei) e di “movimento” (comitatensi). Infine immise molti barbari nell’esercito (in primis il re alemanno Croco, che lo aveva appoggiato) e anche nei suoi comandi.

L’imperatore cristiano

Costantino Licinio, i due nuovi Augusti, si incontrarono a Milano nel 313. Qui decisero congiuntamente di terminare ogni persecuzione (Massimino Daia aveva ripreso a metterle in atto) con il celeberrimo editto di Milano:

« Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità. »

LATTANZIO, DE MORTIBUS PERSECUTORUM, XLVIII

Le monete coniate da Costantino forniscono indirettamente notizie sull’atteggiamento pubblico di Costantino verso i culti religiosi. Quando ancora ricopriva il ruolo di Cesare, alcune emissioni si inserirono nel classico filone della Tetrarchia, con dediche «al Genio del Popolo Romano». Ancora per alcuni anni dopo la battaglia di Ponte Milvio le zecche orientali  continuarono a produrre monete dedicate «a Giove salvatore»; nello stesso periodo le monete delle zecche occidentali continuarono a coniare monete dedicate «al Sole invitto compagno» e, in alcuni casi anche «a Marte salvatore» e «a Marte Protettore della Patria».

Verso il 319 la maggior parte delle zecche sia in oriente sia in occidente passarono a emissioni laiche benaugurali, fra cui per prima quella con la legenda «Liete vittorie al principe perpetuo». E’ conosciuto un medaglione d’argento in cui il monogramma di Cristo era riprodotto sopra l’elmo piumato dell’imperatore, coniato a Pavia nel 315. Solo dopo la vittoria su Licinio comparve la tipologia con il labaro imperiale e il monogramma di Cristo, che trafiggono un serpente, simbolo appunto di Licinio, e simultaneamente scomparirono del tutto dalle monete sia le immagini del sole invitto sia la corona radiata. Nel 326 apparve infine il diadema, simbolo monarchico di derivazione ellenistica, e poco dopo il sovrano viene raffigurato con lo sguardo rivolto in alto, come nei ritratti ellenistici, a simboleggiare il contatto privilegiato tra l’imperatore e la divinità.

Costantino ricevette il battesimo cristiano solo in punto di morte dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia. Alcuni storici, però, ritengono che questo racconto possa essere stato tramandato per motivi politico-religiosi e propagandistici.

Sebbene il battesimo in un punto di morte fosse un’usanza del tempo, quando non era ancora riconosciuto il sacramento della confessione, è legittimo muovere più di un dubbio sulla reale fede di Costantino e se la sua non fosse solo opportunità politica: il cristianesimo permetteva la creazione di una religione di stato, unica, incrollabile e incontrovertibile.

Che sia stato per convinzione personale o per calcolo politico, Costantino appoggiò comunque la religione cristiana specialmente dopo l’eliminazione di Licinio nel 324, costruendo basiliche a Roma, Gerusalemme e nella stessa Costantinopoli (che aveva fondato nel 330 sul Bosforo, sopra l’antica Bisanzio); conferì alle chiese il diritto di ricevere beni in eredità e quelle maggiori furono dotate di vaste proprietà.

Diede ai vescovi vari privilegi e poteri giudiziari, quali quello di essere giudicati da loro pari ponendo le basi al principio relativo al vescovo di Roma del prima sedes a nemine iudicatur; concesse gli episcopalis audientia.

Fu in epoca costantiniana inoltre, una volta identificata la Chiesa secondo la definizione paolina di Corpus Mysticum e ritenuta capace di ricevere donazioni ed eredità, che ebbe luogo il concetto, prima sconosciuto nella legislazione romana, di persona giuridica nella successiva legislazione.

Nel 325, convocò a Nicea il primo concilio ecumenico, che lui stesso inaugurò, per risolvere la questione dell’eresia ariana: Ario, un prete alessandrino sosteneva che il Figlio non era della stessa “sostanza” del padre (ossia Dio era divino ma Cristo era soltanto umano). Tuttavia il concilio ne condannò le tesi, proclamando l’omousia, ossia la medesima natura del Padre e del Figlio.

L’imperatore si fece seppellire nella chiesa dei Santi Apostoli, a Costantinopoli (che aveva fondato l’11 maggio del 330 sull’antica Bisanzio, su sette colli, e di cui aveva tracciato il pomerium: una nuova Roma, cristiana e non pagana, di cui era il nuovo Romolo) tra le reliquie di questi ultimi, in mezzo a dodici finte tombe che li rappresentavano, come fosse un novello Cristo.

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Costantino, il primo imperatore cristiano
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