Divenuto imperatore, Diocleziano riuscì finalmente a porre fine all’anarchia militare che da cinquant’anni era parte integrante dell’impero. Acclamato a Nicomedia nel 284, mosse contro Carino, vincendolo a Margus, nel settembre del 285; pare che Carino stesse vincendo lo scontro, quando le sue truppe decisero di ucciderlo. Circolavano voci secondo cui fosse stato un tribuno, per vendicarsi dell’imperatore che aveva sedotto sua moglie (l’Historia Augusta non fa altro che mettere in risalto i vizi dell’imperatore). Decise fin da subito di associare a sé un suo collega d’armi, un soldataccio di nome Massimiano, cui diede l’occidente. Il suo scopo era tenere a bada le rivolte e le infiltrazioni barbare, mentre in Britannia Carausio governa l’isola come usurpatore, seguito poi da Alletto. Sarà soltanto Costanzo Cloro a porre fine alla ribellione, nel 296, riportando infine l’impero alla sua unità e stabilità.

«Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatté in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno sperimentò la cattiva e la buona sorte. Poiché i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in città, e per la necessità di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando l’esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni.»

Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23

I tetrarchi

Infatti la situazione in Gallia necessitava di un controllo continuo e costante, sia per le minacce interne dei bagaudi (solo pochi anni prima la Gallia si era distaccata dall’impero sotto Postumo e Tetrico, ritornando all’impero solo grazie ad Aureliano), sia per le minacce ai confini di franchi, burgundi e alemanni; anche la Britannia e l’Africa erano fonte di preoccupazione. Dopo un incontro avvenuto a Milano nel 290-91, mentre la città diveniva sede sempre più stabile di Massimiano (con Diocleziano che si stabiliva principalmente a Nicomedia in Asia Minore), nel 293 Diocleziano decise di suddividere ulteriormente l’impero, stabilendo una regola che secondo lui avrebbe garantito la sicurezza di successione, evitando guerre civili e proteggendo meglio i confini: la tetrarchia.

Ogni Augusto avrebbe scelto un Cesare, a lui subordinato, che gli sarebbe subentrato nella carica, divenendo Augusto e scegliendo un nuovo Cesare e così via. I primi due Cesari sarebbero stati Galerio per Diocleziano e Costanzo Cloro per Massimiano, cui vennero affidate anche alcune regioni dei due Augusti, per “prepararli” all’amministrazione dell’impero.

Di conseguenza l’intero assetto amministrativo provinciale venne riorganizzato in base alle nuove esigenze: le province vennero in larga parte sdoppiate, divenendo più piccole, e anche le cariche politiche e militari vennero divise, con i praesides (già introdotti tra il finire del II e il principio del III secolo: aumentando le cariche svolte da cavalieri si creò questa figura “generica”) a reggere l’amministrazione e i duces a comandare le forze militari, seguendo l’idea che così sarebbe stato più difficile innescare una guerra civile. Inoltre le province furono raggruppate in diocesi, in numero di 12, rette da vicari dei prefetti al pretorio (che dopo Costantino diventeranno cariche puramente civili); l’Italia stessa venne equiparata al rango di provincia, perdendo i precedenti privilegi che gli concedeva in precedenza lo ius italicum, unificando anche la tassazione all’interno dell’impero.

Imperatore e dio

Nel frattempo, già dal 287, Diocleziano e Massimiano avevano assunto i soprannomi rispettivamente di Iovio ed Erculio, a denotare sia la superiorità del dalmata sul suo collega, sia il tentativo di instaurare un’aura di sacralità nell’imperatore romano. Il culto del sole, introdotto da poco da Aureliano, rimase diffuso, ma passò in secondo piano. Ed è proprio in questo periodo infatti che viene introdotto il rito orientale della proskynesis, ossia della prostrazione di fronte l’imperatore, seguendo un ordo salutationis. L’adoratio dell’imperatore seguiva infatti un rituale preciso; anche ciò che lo circondava divenne sacro: l’assemblea il sacrum concistorum e la camera da letto il sacrum cubiculum, con un addetto che era tra i massimi ministri dell’impero tardoantico, il praepositus sacri cubiculi, primo funzionario nella Notitia Dignitatum dopo i prefetti al pretorio e i magistri militum.

Altro aspetto della politica diocleziana furono le persecuzioni religiose nei confronti dei cristiani, ritenuti un pericolo per l’ordine e la stabilità dell’impero. Dietro il fervore di Diocleziano c’era probabilmente Galerio, fortemente anticristiano, e il cui peso politico era molto aumentato dopo la vittoriosa campagna persiana. Dal 24 febbraio del 303 venne instaurata una feroce persecuzione anticristiana, terminata solo da Galerio nel 311 (riconoscendo che era impossibile fermare il cristianesimo, poiché sembravano giovare delle persecuzioni); i cristiani furono interdetti dai pubblici uffici e perseguitati se non avessero rinnegato la loro religione. I tetrarchi affermavano infatti che la loro figura oramai divina non fosse conciliabile con il cristianesimo, portatore di divisioni e contrapposizioni sociali.

Sul finire del 303 Diocleziano visitò Roma con Massimiano, per festeggiare i suoi vent’anni di governo, i vicennalia, e il trionfo sui persiani, ma non restò particolarmente entusiasta della città, che secondo lui non lo accolse con i dovuti onori divini. Dopo aver visitato anche le nuove grandi terme a lui dedicate (le più grandi mai costruite), decise di andare via dall’Urbe. Nell’anno seguente si ammalò e si rifugiò a lungo nel suo palazzo a Nicomedia; molti lo credettero morto, ma infine il primo gennaio del 305 riapparve e dichiarò che avrebbe abbandonato la carica di imperatore davanti una statua di Giove a poche miglia da Nicomedia, nei pressi della quale era stato acclamato imperatore circa vent’anni prima. Costrinse anche Massimiano a fare lo stesso, anche se non era della stessa idea.

Il 2 maggio dello stesso anno dopo una lunga cerimonia Diocleziano rimise la porpora e Massimiano fece lo stesso; Galerio e Costanzo Cloro divennero Augusti, con rispettivamente Cesari Massimino Daia e Severo. Diocleziano si ritirò nella sua villa-fortezza di Spalato, nelle sue terre natali. Tuttavia già l’anno seguente Costanzo Cloro sarebbe morto e due nuovi usurpatori, figli entrambi di imperatori, avrebbero portato la tetrarchia alla sua fine: Massenzio, figlio di Massimiano, e Costantino, figlio di Costanzo Cloro. Sarà proprio quest’ultimo a dare nuova linfa al potere assoluto, con l’imperatore al potere per volere divino.

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Diocleziano e l’assolutismo al potere
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