Il 23 ottobre del 42 a.C. terminava la battaglia di Filippi, con la sconfitta dei Cesaricidi Bruto e Cassio e il trionfo dei triumviri, tra i quali spiccò la figura di Marco Antonio. Dopo l’iniziale conflitto tra Ottaviano e Antonio dopo la morte di Cesare, si era giunti ad un compromesso con la formazione del secondo triumvirato; i triumviri erano dunque passati ad affrontare i cesaricidi.
La battaglia
Il 3 ottobre ebbe luogo la prima battaglia: Antonio attaccò Cassio, sconfiggendolo e spingendolo alla ritirata, mentre Brutto attaccò Ottaviano, mandando in rotta le legioni di quest’ultimo. Tuttavia Bruto non inseguì i fuggitivi, rendendo incompleta una vittoria che avrebbe potuto “pareggiare i conti”. Le truppe di Bruto saccheggiarono invece l’accampamento di Ottaviano, che non si fece trovare nel campo: come narra nelle sue Res gestae divi Augusti, il futuro imperatore si era allontanato grazie all’avvertimento avuto in sogno. Plinio aggiunge che Ottaviano trovò rifugio nelle paludi.
Per quanto concerne i sogni non trascurava né i suoi né quelli che gli altri facevano su di lui. Alla battaglia di Filippi, sebbene avesse deciso di non abbandonare la sua tenda, a causa del suo stato di salute, tuttavia ne uscì, ammonito dal sogno di un amico. E fu un bene perché quando i nemici si furono impadroniti del suo accampamento, corsero in massa al suo letto, come se vi fosse sdraiato sopra per dormire, lo crivellarono di colpi e lo fecero a pezzi.
Svetonio, Vita dei Cesari, Augusto, 91
Insomma, sarebbe stata una disfatta per i due triumviri se l’abilità militare di Antonio non lo avesse portato a sbaragliare Cassio. La battaglia tuttavia era ancora a favore dei Cesaricidi, quando Cassio, ritiratosi dopo l’impetuosa avanzata di Antonio e credendo Bruto morto si tolse la vita.
Cassio […] nel vedere però i suoi alloggiamenti già presi diede l’ordine a Pindaro di ucciderlo. Mentre questo indugiava, giunse un messaggero con la notizia che Bruto aveva vinto dall’altra parte. Cassio replicò: “digli che gli auguro una vittoria compiuta”. Poi, rivolgendosi a Pindaro: “perché non mi liberi dalla mia vergogna?” Sottopose la gola e Pindaro estinse il padrone. […] Altri però pensano che vedendo i soldati di Bruto li confuse per nemici […] e che Pindaro uccise Cassio senza alcun ordine.
Appiano, Guerre Civili, IV, 112
La fine di Bruto
L’incertezza di Bruto e il profondo lutto che lo affliggeva dopo la dipartita di Cassio, a cui non fu dato funerale per evitare di abbattere il morale delle truppe, rovesciarono le sorti della battaglia. In seguito a questi eventi nacque il detto, molto diffuso tra i romani: “finisci una battaglia, una volta che l’hai cominciata!”
Infatti il 23 ottobre ebbe luogo la seconda e ultima battaglia di Filippi. L’attesa aveva compromesso gli sforzi di attendere in posizione favorevole da parte di Bruto, con i suoi che cominciavano a disertare. A quel punto fu costretto alla battaglia: ancora una volta la maggiore abilità di Antonio risultò determinante. Lo scontro fu estremamente cruento e sanguinoso, ma Antonio risultò vincitore e Bruto, vistosi perduto, si tolse la vita.
La battaglia di Filippi era stata un trionfo per Marco Antonio: il triumviro infatti usciva dalla battaglia come un gigante, mentre Ottaviano risultava un comprimario a confronto; se non fosse stato per Antonio i Cesaricidi avrebbero trionfato.
Dopo Filippi
Ciò che ne conseguì fu la spartizione della res publica in aree di influenza dei triumviri: Lepido la sola Africa (sospettato di aver simpatie per i Cesaricidi), Marco Antonio l’oriente e la Gallia, Ottaviano la Spagna e Italia, tormentata tra l’altro dalle scorrerie di Sesto Pompeo in Sicilia, Sardegna e Corsica, bollate da Ottaviano come veri e propri atti di pirateria.
In questo momento Marco Antonio era sul punto di ottenere il potere assoluto proprio come Cesare, ma una serie di eventi portarono il giovane Ottaviano a riguadagnare terreno e infine, con la sua solita astuzia, a trionfare su Antonio.
Infatti Antonio, andato in oriente dopo Filippi, si fermò a Tarso dove chiese di far rapporto alla regina Cleopatra. I due si conoscevano già da alcuni anni, ma non avevano particolari legami. Questa volta Antonio restò stregato dalla sovrana tolemaica: contro ogni cerimoniale, che prevedeva che il re cliente andasse dal romano, Cleopatra attese il triumviro sulla sua nave. Ciò che accolse Antonio lasciò il romano sconvolto e rimase totalmente infatuato dalla regina d’Egitto.
Mentre Antonio rimaneva incantato da Cleopatra e perso in lei, negli anni seguenti i comandanti delle legioni in Gallia passarono dalla parte di Ottaviano, così come altre legioni di Antonio, mentre Sesto Pompeo era sconfitto: Ottaviano aveva ristabilito una condizione di quasi parità con l’avversario, avendo adesso il controllo di tutto l’occidente.
Il primo imperatore
La campagna fallimentare di Antonio contro i Parti e la teatrale rivelazione del suo testamento, in cui diceva di voler dare ai suoi figli e di Cleopatra parti della res publica, portarono alla geniale idea di Ottaviano di dichiarare guerra non a Antonio, ma a Cleopatra. Ad Azio, il 2 settembre del 31 a.C., le due flotte si scontrarono: ancora una volta Ottaviano avrebbe avuto la peggio se non fosse stato per l’abilità di Agrippa e la misteriosa fuga di Cleopatra.
La seguente invasione e conquista dell’Egitto nel 30 portarono al suicidio dei due amanti e alla riunione della res publica. Il popolo era stanco di guerre civili, il senato vedeva in Ottaviano una persona “pacata”. Tre anni dopo venne dichiarato dal senato Augustus e nel 23 riceveva la tribunicia potestas a vita. Era nato l‘impero romano.
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