«Il Cesare Gordiano fu ucciso e le armate romane furono distrutte. I Romani allora fecero Cesare un certo Filippo. Allora il Cesare Filippo venne da noi per trattare i termini della pace, e per riscattare la vita dei prigionieri, dandoci 500.000 denari, e divenne così nostro tributario. Per questo motivo abbiamo rinominato la località di Mesiche, Peroz – Shapur (ovvero “Vittoria di Sapore”)»

(Res Gestae Divi Saporis)

Ucciso Gordiano III, Marco Giulio Filippo, detto l’Arabo, stipulò la pace con i persiani, per poi recarsi rapidamente a Roma, per evitare di ripetere l’errore di Massimino. Per affrettare i tempi pagò una grossa somma ai persiani, stipulando una pace comunque non onerosa, viste le precedenti vittorie di Timesiteo.

Inoltre diede al fratello Prisco un imperium maius su tutta la Siria e la Mesia, per controllare il Danubio, mentre al suocero (o genero) Severiano la Mesopotamia; inoltre associò all’impero il figlio Marco Giulio Severo Filippo, di soli sette anni.

I precedenti saccheggi e invasioni barbariche in Dacia e Mesia si fecero più intensi e Filippo dovette combatter i carpi, che vinse nel 247, ottenendo il titolo di Carpicus Maximus.

Il primo imperatore cristiano?

Rientrato a Roma, Filippo festeggerà anche i 1000 anni di Roma nel 248. C’era bisogno di dare stabilità in un impero martoriato da decenni di guerre interne ed esterne.

Di Filippo si è a lungo dibattuto se fossero vere le voci secondo cui fosse cristiano; Paolo Orosio, storico e apologeta cristiano che scriveva circa un secolo dopo, ricorda che sotto Filippo non ci furono persecuzioni. Eusebio di Cesarea, padre della Chiesa, aggiunge che Filippo una volta si confessò e fece penitenza in occasione della Pasqua. Tuttavia le voci delle sue simpatie verso il cristianesimo devono essersi acuite anche viste le feroci persecuzioni di Decio, suo immediato successore. Filippo probabilmente era fortemente sincretico, promotore di un’assimilazione di culti orientali in seno a quelli greco-latini tradizionali.

Morte e successione

Ci furono alcune sollevazioni sul Reno e in oriente da parte di usurpatori, finché Filippo affidò a Gaio Massio Traiano Decio le truppe danubiane, per affrontare le nuove razzie dei goti; ma i soldati decisero bene di eleggere loro imperatore Decio. Filippo inviò delle lettere e Decio rispose che non aveva alcuna intenzione di diventare imperatore, ma Filippo non gli credette. I due schieramenti si affrontarono a Verona, nel 249, e Decio ebbe la meglio, con Filippo che forse cadde in battaglia o ucciso dai suoi soldati, mentre il figlio di Filippo, che era rimasto a Roma, veniva assassinato dai pretoriani:

«Sotto l’impero di quel Filippo […] i Goti malcontenti che non si pagasse più loro il tributo, si trasformarono in nemici da amici che erano. Infatti pur vivendo sotto i loro re in una regione remota, erano federati dell’Impero e ricevevano un contributo annuo. […] Ostrogota passa il Danubio con i suoi cominciando a devastare la Mesia e la Tracia, mentre Filippo gli mandava contro il senatore Decio. Quest’ultimo non riportando alcun successo, congedò i suoi soldati rimandandoli alle loro case e ritornandosene da Filippo […]. Ostrogota, re dei Goti, [poco dopo e nuovamente] marciò contro i Romani alla testa di trentamila armati a cui si aggiunsero anche guerrieri taifali, asdingi e tremila Carpi, quest’ultimo popolo assai bellicoso e spesso funesto per i Romani.»

(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVI, 1-3.)

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