Gaio Mario nacque a Cereatae, ad Arpino, nel Lazio meridionale, nel 157 a.C. da una famiglia non senatoria: era quello che sarebbe stato definito, sul finire della repubblica, un homo novus, ossia un uomo “fattosi da sè”. La sua città natale era stata una civitas sine suffragio, ossia senza diritto di voto, che solo nel 188 a.C. ottenne la possibilità di eleggere i magistrati. Plutarco aggiunge anche che il padre fosse un semplice manovale, sebbene non esistano prove a riguardo; anzi, probabilmente la famiglia di Mario gravitava da molto tempo attorno l’ordine equestre, di cui certamente l’arpinate faceva parte.

La carriera politica fino al consolato

Le prime notizie su Mario risalgono al 134 a.C. durante l’assedio di Numanzia, in Spagna, dove venne notato da Scipione Emiliano. Mario si candidò poi come tribuno militare, prima carica politica del cursus honorum, cui venne eletto grazie anche all’appoggio ottenuto dall’Emiliano. In seguito ottenne la questura, raccogliendo progressivamente un numero sempre maggiore di clientes. Nel 120 a.C. fu eletto tribuno della plebe per l’anno successivo, ottenendo anche il sostegno dei Cecilii Metelli e avvicinandosi progressivamente alla fazione dei populares, quella più vicina alle istanze del popolo, in contrapposizione agli optimates (che supportavano gli aristocratici e il senato come unici garanti dell’ordine). Nel 116 a.C. mario venne eletto pretore per l’anno successivo, venendo poi inviato nella Spagna ulteriore, dove ottenne numerosi successi contro i celtiberi.

Tornato a Roma ottenne il trionfo e nel 110 a.C. riuscì a sposare Giulia Maggiore, zia di Giulio Cesare, legandosi dunque alla prestigiosissima e antica famiglia (ma ora in difficoltà finanziarie) dei Giuli (fu il primo Giulio ad annunciare la morte di Romolo). Quinto Cecilio Metello poi, console nel 109 a.C., decise di prendere con sè Mario nella sua campagna contro Giugurta, per avvalersi delle sue capacità belliche. Mario decise dunque di candidarsi per il consolato nel 108, venendo eletto per l’anno successivo, adducendo gli scarsi risultati di Metello nella guerra giugurtina.

Il senato decise di usare la lex Sempronia de provinciis consularibus, emanata nel 123 a.C., che lasciava la libertà al senato di scegliere i comandi militari, prorogando a Metello il comando contro Giugurta. Mario utilizzò dunque una legge fatta approvare da lui stesso che dava la possibilità ad un’apposita elezione di decidere chi dovesse ricoprire il comando, venendo nuovamente scelto per il comando in Africa. Metello, profondamente offeso, fu costretto a tornare e celebrare il trionfo dopo essersi fregiato del titolo di Numidico.

La riforma dell’esercito e la guerra giugurtina

Per fare la guerra a Giugurta era necessario arruolare nuove truppe. Già Tiberio e Gaio Gracco avevano cercato di risolvere il problema dei contadini-soldati che formavano l’esercito e ormai erano lontani dai campi per anni, finendo dunque preda di grandi latifondisti. Per questo motivo Mario decise di riformare l’esercito e arruolare anche i capite censi, ossia le persone che non possedevano il patrimonio necessario per combattere (l’esercito era reclutato in base alle classi censitarie). Lo stato, in base anche alle disposizioni graccane, si fece carico delle armi, mentre lo stipendio legava queste truppe più al comandante che non alla res publica.

Mario, dopo aver nominato suo questore Lucio Cornelio Silla, si diresse in Africa, costringendo Giugurta a ritirarsi verso la Mauretania. Alla fine, grazie proprio a Silla, Giugurta venne catturato grazie al tradimento del re di Mauretania Bocco, che consegnò il re numida ai romani.

Le invasioni dei cimbri e teutoni

Nel 107 a.C., due popolazioni germaniche, i cimbri e i teutoni, migrati dalla zona della Danimarca, erano entrate in contatto con i romani in Gallia e avevano distrutto l’esercito del console Lucio Cassio Longino. L’anno seguente il console Quinto Servilio Cepione, che aveva intrapreso delle azioni militari contro le tribù attorno Tolosa, ribellatesi a Roma, fece sparire l’oro di Tolosa (aurum tolosanum) mentre veniva spostato a Marsiglia per portarlo a Roma. Tuttavia Cepione fu confermato al comando in Gallia per l’anno seguente insieme ad un altro homo novus, Gneo Mallio Massimo. I dissapori tra i due, che mantennero i loro eserciti a distanza, rinfacciandosi a vicenda di dovere detenere il comando supremo, indussero i germani ad attaccare e distruggere completamente l’esercito romano, con il fiume alle spalle, in quella che fu la sua più sanguinosa sconfitta di sempre ad Arausio, il 6 ottobre 105 a.C.

Il terrore dilagante fece in modo che Mario, ancora in Africa, venisse eletto console in absentia, nonostante fosse proibito reiterare il consolato a meno di dieci anni di distanza. L’arpinate sarebbe stato eletto console ininterrottamente dal 104 al 100 a.C. Il 1 febbraio del 104, rientrato a Roma, celebrò il trionfo su Giugurta, che venne poi condotto nel carcere Mamertino e strangolato.

Nel frattempo i cimbri si erano diretti in Spagna e i teutoni vagavano in Gallia, permettendo a Mario di rimettere in sesto l’esercito. Nel 102 a.C. infine cimbri e teutoni decisero di attaccare l’Italia, facendo però il terribile errore di dividersi: ciò permise a Mario di affrontare prima i teutoni ad Aquae Sextiae, dove il console, riuscendo ad attaccarli alle spalle, li massacrò. Il collega di Mario, Lutazio Catulo, non ebbe altrettanta fortuna con i cimbri, che riuscirono ad attraversare il Brennero. L’arpinate riuscì infine a ricongiungersi a Catulo e nel 101, ai Campi Raudii, vicino Vercelli, i romani distrussero completamente anche i cimbri. Mario ottenne il trionfo e il sesto consolato nel 100 a.C.

Gli scontri tra populares e optimates e la fine

Negli anni seguenti che videro lo scoppio della guerra sociale tra romani e italici Mario e Silla ottennero il comando di alcuni eserciti che fecero ottenere ai romani la vittoria. Tuttavia gli scontri interni si riaccesero nell’assegnazione della guerra contro Mitridate, re del Ponto che aveva deciso di espandersi verso la Grecia. Venne fatta passare una legge che affidava l’esercito a Mario nonostante il senato avesse dato l’incarico a Silla. Quest’ultimo fuggì a Nola, prendendo il controllo dell’esercito e marciano su Roma. Mario fu costretto a scappare; Silla fece eleggere come consoli Gneo Ottavio e Lucio Cornelio Cinna, per poi riprendere il comando dell’esercito e muovere guerra a Mitridate.

Nel frattempo a Roma si inaspriva la lotta tra Ottavio, che supportava gli optimates sillani e Cinna, che appoggiava i populares mariani, finendo in scontro aperto. Mario rientrò dall’Africa con un esercito e si oppose a Ottavio insieme a Cinna, entrando a Roma. Cinna venne eletto console per la seconda volta e Mario per la settima e ultima. Partì una feroce repressione e proscrizione verso i sillani, ma Mario morì dopo all’inizio del suo consolato, nell’86 a.C.

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