Giustino era nato a Bederiana, villaggio dell’Illirico, attorno il 450. Di lingua latina e fede ortodossa, si arruolò nell’esercito imperiale verso il 470; durante la guerra isaurica di Anastasio I (492-98) Giustino divenne comes rei militaris del magister militum di turno. Giustino scalò i ranghi come un imperatore del III secolo; comes rei militaris nella guerra persiana, difese Amida dall’assedio persiano nel 503-4, divenendo infine comes excubitorum nel 515 (capo delle guardie excubitores). Nello stesso anno ebbe un ruolo di primo piano nella sconfitta dell’usurpatore Vitaliano, catturando da solo una nave nemica (Giovanni di Antiochia, Libro dei Cesari, 311, 115-120).

Dopo il tentativo fallito di Anastasio di scegliere un successore tra i nipoti, l’imperatore decise che chi lo avrebbe salutato per primo la mattina seguente sarebbe diventato imperatore: e fu proprio Giustino. Procopio lo definisce addirittura il «primo imperatore romano illitterato» (Storia Segreta, 6, 11), tanto da firmare ricalcando la frase «ho letto».

All’alba del 10 luglio del 518, dopo la morte di Anastasio, il senato e il patriarca si riunirono per eleggere il successore, mentre il popolo e l’esercito prendeva posto nell’ippodromo. Non riuscendo a trovare un nome, gli excubitores proposero un tribuno di nome Giovanni, ma gli azzurri protestarono, mentre le scholae scelsero un patrizio. Flavio Petronio Sabbazio (il futuro Giustiniano) salvò quest’ultimo che stava per essere linciato e rifiutò egli stesso la porpora; alla fine fu suo zio, Giustino, a venir eletto imperatore.

Si procedette al rituale di incoronazione bizantino che aveva fatto anche Anastasio: fu alzato sugli scudi, vestito con le vesti imperiali, ricevette sul posto le insegne imperiali (e non entrando a palazzo come Anastasio), poi il patriarca Giovanni gli pose la corona sul capo, mentre la folla lo acclamava: «Giustino Augusto, tu vincas». Fatte le promesse dei donativi di rito, si diresse al palazzo imperiale per un banchetto, insieme alla moglie, l’ex schiava Lupicina, ribattezza Eufemia.

Nel 525 avrebbe fatto anche abrogare una legge che impediva ai nobili di sposare donne di classe inferiore, permettendo il matrimonio anche con attrici, purché abbandonassero il mestiere. In tal modo Sabbazio (Giustiniano) poté sposare Teodora. Giustino si affidò poi ai nipoti Germano e Sabbazio per la politica militare; quest’ultimo fu comes domesticorum e magister militum praesentalis dal 521 (quindi comandante supremo dell’esercito), divenendo anche console, patricius e nobilissimus.

Dal punto di vista religioso, in quanto ortodosso, rispettò il IV concilio ecumenico di Calcedonia del 451, attirando consensi dal papa e inimicandosi Teoderico, i cui goti ariani non erano favoriti da una rinnovata ortodossia; ne farà le spese anche Boezio, condannato a morte negli ultimi convulsi anni di regno del re ostrogoto, caratterizzati dalla lotta col clero e il senato più ortodosso, che si era cominciato a contrapporre ai goti (non solo, Giustino aveva cominciato a isolarlo a favore dei vandali e dei franchi, riducendo il suo potere). Poco potrà fare il successore Atalarico (526-534) sotto la tutela di Amalasunta, con i nobili goti sempre più insofferenti a dover prestare rispetto al clero e al senato.

Con Giustino fu ricomposto lo scisma acaciano del 519, che aveva diviso le due chiese, ma venne aperta la porta alla frattura delle relazioni cordiali tra il sovrano ostrogoto e il clero e il senato di Roma, che avrebbe condotto poi alla guerra greco-gotica. Il 1 aprile del 527, infine, Giustino proclamò imperatore il nipote Sabbazio, che divenne Giustiniano e quattro mesi dopo morì, a causa di una cancrena a una gamba.

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