« […] Goti, Borani, Urgundi e Carpi depredavano le città dell’Europa […] intanto i Persiani attaccavano l’Asia, occupando la Mesopotamia ed avanzando fino in Siria, addirittura ad Antiochia, che conquistarono, metropoli di tutto l’Oriente romano. E dopo aver ucciso una parte della popolazione e portato via come prigionieri gli altri, tornarono in patria. […] I Persiani senza dubbio avrebbero conquistato tutta l’Asia con facilità se, felici per la ricca preda conquistata, non avessero ritenuto di portarlo in patria salvo con soddisfazione. »

(Zosimo, Storia nuova, I, 27, 2)

Dopo la cattura di Valeriano, l’impero vide molti usurpatori e la formazione di imperi provinciali, come quello delle Gallie, retto da Postumo e Tetrico, o quello orientale, di Odenato e poi Zenobia, senza tuttavia mettere seriamente in pericolo il potere di Gallieno, sopravvissuto al padre.

Quest’ultimo sarebbe poi dovuto soccombere a un usurpatore, Aureolo, suo magister equitum, a cui aveva affidato la nuova riserva strategica di cavalleria di stanza a Milano. Gallieno aveva anche deciso – forse per interrompere le ribellioni – di togliere ai senatori la possibilità di comandare gli eserciti. Sul lungo periodo avrebbe avuto effetti devastanti (insieme all’arruolamento in massa di barbari da Costantino in poi, complice l’aurum tironicum, che prevedeva un pagamento in oro da parte dei proprietari terrieri invece di fornire le reclute).

Alla morte di Gallieno, con un impero sull’orlo del baratro, presero il potere proprio dei militari di professione, di origine illirica, che avevano scalato i ranghi. Tra il 268 e il 282 quasi tutti gli imperatori furono soldati di bassa estrazione, che avevano scalato i ranghi fino ad ottenere la porpora. E saranno proprio loro a rimettere ordine nell’impero romano.

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