I castra romani erano il classico esempio di fortificazione romana, dalla tipica forma rettangolare a carta di gioco. Realizzati tanto in forma provvisoria al termine della marcia (o provvisori per accamparsi in inverno – infatti nei mesi freddi non si combatteva) quanto in forma stabile nelle zone di frontiera, avevano uno schema di realizzazione standard: tagliati in quattro dal cardo e dal decumano (rispettivamente la via nord-sud e quella est-ovest). Polibio mette in chiaro la differenza tra greci e romani:

« Mi sembra che i Romani, i quali cercano di essere molto pratici in questa disciplina, seguano una strada del tutto opposta a quella dei Greci. Questi ultimi infatti, quando piantano l’accampamento, ritengono sia di somma importanza adattarsi alle difese naturali del luogo stesso, sia perché così evitano di faticare con la costruzione di fossati, sia perché credono che le difese artificiali non possano eguagliare quelle naturali, che il terreno può loro offrire. E così, nel predisporre il piano generale dell’accampamento, sono costretti a cambiare continuamente il suo assetto […] per cui nessuno sa mai con precisione quale sia il suo posto e della propria unità. I Romani, al contrario, preferiscono fare la fatica di scavare i fossati e di costruire le altre opere di fortificazione per avere sempre avere un unico tipo di accampamento, sempre uguale e ben conosciuto a tutti. »

Polibio, Storie, VI, 42,1-2

Tuttavia la creazione dei castra non era un’invenzione romana, come spesso accade per l’esercito romano, ma frutto dello studio delle tattiche del nemico:

« Pirro re dell’Epiro, istituì per primo l’utilizzo di raccogliere l’intero esercito all’interno di una stessa struttura difensiva. I Romani, quindi, che lo avevano sconfitto ai Campi Ausini nei pressi di Malevento, una volta occupato il suo campo militare ed osservata la sua struttura, arrivarono a tracciare con gradualità quel campo che oggi a noi è noto. »

Sesto Giulio Frontino, Stratagemata, IX, 1,14

Anche Giuseppe Flavio dà una sua descrizione del tipico accampamento romano:

«Nelle fortificazioni si aprono quattro porte, una su ciascun lato, comode per farvi transitare sia animali da tiro, sia per l’utilizzarle in sortite esterne da parte dei soldati, in caso di emergenza, essendo le stesse molto ampie. L’accampamento, quindi, è intersecato al centro da strade che s’incrociano ad angolo retto (via Praetoria e via Principalis). Nel mezzo vengono poste le tende degli ufficiali (quaestorium) e quella del comandante (praetorium), che assomiglia a un tempio. Una volta costruito, appare come una città con la sua piazza (forum), le botteghe degli artigiani e i seggi destinati agli ufficiali dei vari gradi (tribunal), qualora debbano giudicare in occasione di qualche controversia. Le fortificazioni esterne e tutto ciò che racchiudono vengono costruite molto rapidamente, tanto numerosi ed esperti sono quelli che vi lavorano. Se è necessario, all’esterno si scava anche un fossato profondo quattro cubiti (pari a quasi 1,8 metri) e largo altrettanto.»

Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, III, 5.2.81-84

Lo scopo principale e originario di un castra era quello di proteggere l’esercito durante le marce in territorio nemico o non: costruendo ogni giorno un campo della stessa identica forma e dimensione anche il processo diventava più semplice e standardizzato.

«I nemici non possono coglierli di sorpresa. [I Romani], infatti, quando entrano in territorio nemico non vengono a battaglia prima di aver costruito un accampamento fortificato. L’accampamento non lo costruiscono dove capita, né su terreno non pianeggiante, né tutti vi lavorano, né senza un’organizzazione prestabilita; se il terreno è disuguale viene livellato. L’accampamento viene poi costruito a forma di quadrato. L’esercito ha al seguito una grande quantità di fabbri e arnesi per la sua costruzione.»

Giuseppe Flavio, guerra giudaica, III, 5.1.76-78

Generalmente i socii (in epoca repubblicana) o gli ausiliari erano posti nei luoghi più prossimi alle mura, mentre al centro, all’incrocio tra il cardo e il decumano (rispettivamente nord-sud e ovest-est), tracciati mediante l’uso della groma, si trovava la tenda pretoria del comandante, un console durante la repubblica o più tardi un legato.

In epoca imperiale molti castra divennero permanenti e in pietra, e al suo esterno nacquero molti nuclei urbani (ad esempio è il caso di città come Torino e Barcellona) a partire dalle canabae, dove risiedevano i civili che gravitavano intorno alle legioni (artigiani, mercanti e prostitute perlopiù). Domiziano, per evitare ribellioni troppo vaste, decise che nessun campo avrebbe potuto ospitare più di una legione. Tuttavia sappiamo che durante alcune campagne successive vennero costruiti accampamenti più grandi, come durante le guerre marcomanniche sotto Marco Aurelio:

«Conteremo quindi le unità (presenti nel campo) come segue: 3 legioni (pari a 15.000-18.000 legionari), 1.600 vexillarii, 4 coorti praetorie (pari a 2.000 pretoriani), 400 cavalieri pretoriani, 450 cavalieri singulares dell’imperatore, 4 ali milliarie (pari a 3.000 cavalieri) e 5 quingenarie (pari a 2.500 cavalieri), 600 cavalieri mauri, 800 cavalieri pannonici, 500 classiarii della classis Misenensis e 800 della classis Ravennatis, 200 esploratori, 2 coorti equitate milliarie (pari a 2.000 ausiliari) e 4 quingenarie (pari a 2.000 ausiliari), 3 coorti peditatae milliariae (2.400 ausiliari) e 3 quingenariae (1.500 ausiliari), 500 Palmireni, 900 Getuli, 700 Daci, 500 Britanni, 700 Cantabri e due centurie di statores

De munitionibus Castrorum, 30

Le porte del campo avevano generalmente un’apertura a titulum, ovvero secondo la forma ___ —– ___, con la porta situata dietro la linea —–. Erano presenti numerose torri e un fossato, generalmente largo 5 piedi e profondo tre, a forma di V, o anche a forma di fossa punica (una parte perpendicolare al terreno e l’altra inclinata). Oltre a questo triboli e rami appuntiti nascosti proteggevano il perimetro. Guardie armate controllavano notte e giorno l’accampamento, e addormentarsi in servizio era una pena gravissima punibile con la morte.

In età imperiale oltre al preaetorium vennero costruiti molti edifici amministrativi e organizzativi, i principia, situati di fronte alla stanza del legatus legionis (il comandante durante l’impero di una legione). Accanto c’erano le stanze dei tribuni, i secondi in comando, e le stanze dei centurioni e dei soldati (divisi in contubernia di 8 uomini l’uno). C’erano anche un valetudinarium (l’ospedale militare), le stalle, gli horrea (i granai), fabricae di armi; a volte anche terme e anfiteatri.

Esistevano anche forti più piccoli per alcune coorti e ali ausiliarie, molti dei quali entrarono nella rete del limes forticato romano. Diocleziano, alla fine del III secolo, ampliò enormemente la linea di forti, ma pochi anni più tardi Costantino creò il nucleo dell’esercito limitaneo-comitatense, che prevedeva lo stanziamento di molte truppe mobili (comitatensi e palatine) in città.

«Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l’impero era stato diviso […] in città, fortezze e torri. Poiché l’esercito era posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori e a respingerli.»

Zosimo, Storia nuova, II, 34.1

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