In seguito alla morte di Commodo l’impero venne affidato a Pertinace, comandante del padre Marco Aurelio e pur tuttavia di nascita non nobile. Il padre infatti era un liberto, ed era il primo caso di un imperatore di origini così modeste.

Ma neanche Pertinace, che pure aveva risparmiato il cadavere di Commodo, che il senato voleva trascinare con un uncino e gettare nel Tevere, ponendolo invece nel Mausoleo degli Antonini, creato da Adriano, durò a lungo, ucciso dagli stessi pretoriani, che non tolleravano la sua disciplina e parsimonia.

L’impero fu infatti venduto letteralmente all’asta, e vinse infine Didio Giuliano, un ricchissimo senatore che promise il donativo più elevato. Ma era stato acclamato anche il governatore della Pannonia Superiore, Settimio Severo, che immediatamente mosse verso Roma. Abbandonato da tutti, Giuliano venne deposto dal senato e fatto uccidere.

La dinastia africana

«Dopo l’uccisione di Didio Giuliano, prese il potere Severo, originario dell’Africa. Era nativo di Leptis Magna, e figlio di Geta; i suoi antenati erano cavalieri romani prima ancora che venisse concessa a tutti la cittadinanza romana.»

(Historia Augusta, Settimio Severo, 1, 1-2)

Nel frattempo le legioni siriane avevano acclamato Pescennio Nigro, e quelle britanniche Clodio Albino. Quest’ultimo venne a patti con Severo, che lo persuase di essere suo amico, e lo elevò a Cesare. Ma alla fine, Severo uccise tutti i suoi rivali, rimanendo unico imperatore. Sciolse le coorti pretorie, e vi insediò soldati pannonici.

Settimio si accattivò le simpatie dei soldati aumentando la paga e dando loro maggiori diritti, come quello di sposarsi in servizio. Fu anche un combattente, vincendo i parti e intraprendendo una spedizione britannica, che però non concluse per via della morte, che lo colse il 4 febbraio 211 a Eburacum (York).

Caracalla

Da Caracalla ad Alessandro

Alla morte di Severo gli successero i figli, Caracalla e Geta; ma nonostante i consigli paterni, il primo non si fece problemi ad eliminare subito il secondo. Caracalla aumentò ulteriormente la paga dei soldati, e per sopperire alle spese introdusse una nuova moneta, l’antoniniano, e diede a tutti i liberi dell’impero la cittadinanza romana nel 212, con la Constitutio Antoniniana.

Desideroso a tutti i costi di imitare Alessandro Magno (anche nella concessione della cittadinanza vi faceva riferimento), organizzò una nuova spedizione partica, questa volta con l’obiettivo di spazzarli definitivamente via, dopo le disastrose sconfitte inflitte da Traiano, Avidio Cassio e Lucio Vero e il padre Settimio Severo. Ma mentre era in marcia, venne ucciso in Mesopotamia da un soldato.

L’impero passò a Macrino, prefetto al pretorio, che poco dopo lo perse in favore di Eliogabalo, figlio della cugina di Caracalla, Giulia Soemia; la madre aveva messo in giro la voce che fosse figlio illegittimo di Caracalla e la legio III Gallica lo appoggiò, seguita poi dal resto dell’esercito, che vedeva di buon occhio la dinastia. Tuttavia Eliogabalo si dimostrò uno degli imperatori più folli della storia romana, totalmente inadatto al ruolo, e i pretoriani e elevarono alla porpora suo cugino Alessandro, nel 222. Ma anche lui, infine, nel 235, venne ucciso durante una congiura, aprendo la strada alla crisi del III secolo.

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