L’esercito dell’imperatore e del popolo romano

Augusto

Ottaviano, ottenuto il titolo di Augusto nel 27 a.C., aveva ereditato circa 60 legioni, molte delle quali arrese dopo Azio e molte altre decimate e con ranghi tutt’altro che pieni. Per riorganizzare questa enorme mobilitazione di forze armate, ormai professionali e direttamente stipendiate da lui, decise di accorpare molte legioni (da qui quelle che portano il nome di gemina, ossia gemella) e scioglierne altre, dando ai veterani le terre promesse, arrivando al numero di 28. Continuò ad espandere la repubblica romana, che formalmente manteneva in vigore, con una parvenza di continuità costituzionale. Di fatto ormai Roma era sotto il suo controllo politico e militare, avendo ottenuto l’imperium proconsulare maius et infinitum.

Durante tutto il suo principato i romani si espansero nel Norico, Illirico, Pannonia, Spagna e Germania; quest’ultima tuttavia fu persa nella sua parte oltre il Reno dopo la disfatta di Teutoburgo. Pertanto le legioni furono impegnate fino all’epoca di Tiberio in continue campagne militari, specialmente nella zona renana e danubiana. Al termine di queste lunghe campagne militari, che portarono il limes al Reno e al Danubio (e pacificarono la Spagna dopo secoli), le legioni vennero collocate inizialmente in zone non troppo vicine alla frontiera, seppure in province imperiali (ovvero sotto la giurisdizione dell’imperatore: all’incirca tutte quelle che confinavano con le popolazioni barbariche).

Si stima che circa 150.000 cittadini militassero nelle legioni e altrettanti non cittadini, peregrini (stranieri che vivevano nelle province sottomesse a Roma) e barbari, negli auxilia, coorti e ali ausiliarie che diventarono stabili ma mai accorpate in unità tattiche superiori alle 1.000 unità (le coorti e ale dette miliaria o le equitatae, ossia miste di fanti e cavalieri). A questi si aggiungevano i marinai della flotta, collocata in larga parte a Miseno in Campania e Classe, vicino Ravenna. Esistevano anche piccole flotte minori come ad Alessandria ma il Mediterraneo era ormai pacificato dopo la campagna di Pompeo contro la pirateria. In totale dunque l’esercito romano nel I-II secolo d.C., al netto di successivi nuovi reclutamenti e creazione di nuovi reparti, contava all’incirca 400-450.000 uomini, sparsi in un territorio che andava dalla Britannia (conquistata da Claudio e che contava in media ben 3 delle circa 30 legioni) alla Mesopotamia.

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Legioni e altri soldati

Alcune legioni erano raggruppate in campi che ne contenevano più di una; molte erano in Germania e nell’Illirico, pronte a intervenire in caso di necessità. Come ha detto giustamente Luttwak, queste legioni avevano un potere deterrente enorme: bastava il loro stazionamento e il timore dell’intervento romano, aiutato da una serie di stati clienti limitrofi e gli auxilia, per evitare gli sconfinamenti nelle province. Tuttavia a mano a mano le legioni (e le coorti e ali ausiliarie) vennero spostate sempre più lungo il confine (spesso coincidente coi fiumi naturali, come il Reno e il Danubio, mentre in oriente generalmente erano più vicine alle città), che divenne fortificato e sempre meno permeabile a spostamenti di popolazione incontrollati. Domiziano infine, per evitare accentramenti militari e di finanze (conservate negli accampamenti per pagare le legioni) che avrebbero stimolato alcuni governatori a ribellarsi, decise di vietare accampamenti che contenessero più di una legione.

Oltre alle legioni, gli auxilia e i marinai della flotta erano presenti a Roma 9 coorti di pretoriani (poi diventate 10). Augusto le aveva stanziate in varie regioni italiane, ma già Tiberio decise di raggrupparle a Roma nei castra pretoria. In suo onore presero come simbolo lo scorpione, segno zodiacale dell’imperatore. Augusto creò anche un corpo di vigiles, divisi in 7 coorti (una ogni due quartieri in cui era divisa la città), reclutate perlopiù tra liberti, che avevano il compito di garantire la sicurezza dell’Urbe e fungere da pompieri all’occorrenza, demolendo gli edifici pericolanti per evitare il propagare delle fiamme. Infine tre coorti urbane (diventate poi cinque), sotto il controllo del prefetto dell’Urbe, un senatore, e quindi svincolate formalmente dal principe, completavano le forze di polizia di Roma.

L’imperatore aveva a sua disposizione per la sua difesa personale non solo i pretoriani, ma anche le guardie del corpo germaniche, usate per la prima volta da Cesare, chiamati germani corporis custodes, all’incirca 500-1.000 uomini, delle vere e proprie guardie private, perlopiù di origine batava. Sciolte dopo Nerone, furono riformate da Traiano come equites singulares, dei cavalieri scelti reclutati tra i migliori soldati a cavallo dell’impero. Erano alloggiati in un castra nel luogo dove oggi sorge la basilica di San Giovanni. Proprio l’accampamento, ormai inutile dopo lo scioglimento anche dei pretoriani dopo Costantino, funse da fondamenta per una delle prime basiliche di Roma.

Vita nell’esercito

Le legioni erano reclutate tra i cittadini romani, principalmente italici. All’epoca di Traiano questi rappresentavano all’incirca un terzo: i restanti erano discendenti dei soldati stanziati nelle province, a loro volta reclutati, o uomini raccolti sul posto, principalmente discendenti di veterani nelle colonie. In oriente tuttavia non era raro che i legionari venissero reclutati tra la popolazione autoctona e concessa la cittadinanza all’atto dell’immissione nell’esercito: in fondo l’oriente grecofono era già molto civilizzato. Inizialmente Augusto aveva prefissato una ferma di 16 anni e 4 come veterani, per un totale di 20 anni. Tuttavia le lunghe campagne militari in Illirico e Germania lo spinsero ad allungare i tempi a 25 anni, 20 di servizio e 5 come evocati (veterani). Finché Augusto fu in vita i legionari accettarono loro malgrado questa estensione, ma quando Tiberio divenne imperatore divampò la protesta, controllata solo grazie all’intervento di Druso minore:

«Comunque, espulsero i tribuni e il Prefetto dell’accampamento e distrussero i loro bagagli mentre fuggivano e uccisero il centurione Lucilio, al quale i soldati per scherno avevano appioppato il soprannome: «Un’altra!», perché quando gli si spezzava una verga su la schiena d’un soldato subito a gran voce ne chiedeva un’altra e poi un’altra ancora. Gli altri centurioni si rifugiarono in nascondigli; fu trattenuto uno, Giulio Clemente, ritenuto atto a farsi latore delle richieste dei soldati per la sua prontezza. E già la legione ottava e la quindicesima si apprestavano a impugnare le armi, poiché quella chiedeva la morte d’un centurione di nome Sirpico, questa lo difendeva, fino a che intervennero i soldati della nona con preghiere e, con quelli che non li ascoltavano, con minacce.»

TACITO, ANNALI, I, 22-23

A partire da Cesare la paga del legionario era di 225 denari annui, cioè 900 sesterzi. La cifra è modesta, ma garantiva ai soldati, reclutati spesso tra proletari che non generalmente avevano altre fonti di reddito, una modesta rendita, che insieme alla liquidazione che ricevevano al congedo (in denaro o terre) permetteva loro di farsi un piccolo appezzamento di terra o avviare una piccola attività commerciale. D’altro canto in alcune zone di frontiera, come la Germania e la Pannonia, la moneta circolava principalmente grazie alle paghe fornite all’esercito, che le reimmetteva nell’economia reale acquistando beni e servizi. Alla paga, già di per sé non elevata, venivano sottratte le spese per il cibo e i rifornimenti, come i vestiti.

Le condizioni però migliorarono nel corso del tempo: Domiziano aggiunse una quarta rata al pagamento (prima fatto in tre rate annuali) di 75 denari, portandolo a 300 denari (1.200 sesterzi). A partire dall’epoca di Marco Aurelio fu istituita l’annona militare, prima in via provvisoria, poi definitiva da Settimio Severo. Grazie all’annona veniva requisito o acquistato a prezzo conveniente per lo stato l’occorrente per l’esercito, vettovagliamento e armi da fornire all’esercito, che quindi non se lo vedeva più sottratto dalla paga.

Dall’età dei severi inoltre la paga fu aumentata da Settimio Severo e di un altro 50% da Caracalla; inoltre venne garantito il matrimonio durante il servizio (prima consentito praticamente solo ai senatori) e dato l’accesso al ceto equestre ai primipili. Dal III secolo inoltre saranno sempre più frequenti i donativi, una tantum, in oro, dati all’esercito, che arricchiranno la paga e forniranno spesso il pretesto per acclamare un nuovo imperatore (il quale era tenuto a donare oro quando scelto).

I legionari potevano comunque ottenere paghe più alte: andando avanti con gli anni si scalavano i ranghi interni, divenendo immunes (esenti dai servizi gravosi) e sesquiplicarii (dalla paga di una volta e mezza). Erano questi i principales (ovvero i principali ufficiali della legione, circa 480):

  • beneficiarius
  • tesserarius
  • cornicen
  • bucinator
  • tubicen

Oppure duplicarii (dalla paga doppia):

  • aquilifer
  • imaginifer
  • cornicularius
  • optio (vice del centurione)
  • signifer
  • medicus
  • campidoctor

A questi si sommavano i legionari che svolgevano lavori come fabbri e artigiani e i centurioni, divisi in base alla centuria che comandavano.

Veterani e congedo

Durante il principato, fino a Caracalla, gli ausiliari romani, reclutati in larga parte tra i peregrini (gli abitanti delle province conquistate da Roma che non erano cittadini romani), ricevevano al congedo, dopo 25 anni di servizio, la cittadinanza romana. Il documento che la attestava era un diploma militare, una tavoletta di bronzo, composta di due parti, sigillate. All’esterno della tavola frontale era scritto che il soldato aveva ottenuto la cittadinanza (emerita o honesta missio), in quella posteriore c’erano i sigilli con i nomi dei 7 testimoni. All’interno, per evitare contraffazioni, entrambe le tavole riportavano il testo della tavola frontale.

Una copia, anch’essa in bronzo, era inviata a Roma e conservata in Campidoglio e dopo i lavori intrapresi da Domiziano, alle spalle del tempio del divo Augusto, che era collocato probabilmente nella zona della Chiesa di Santa Maria della Consolazione. I diplomi, di cui ne sono stati trovati centinaia, erano sigillati poiché una volta giunto al luogo dove intendeva passare il “pensionamento” il soldato lo consegnava all’archivio cittadino o provinciale, dove veniva aperto e in questo modo si verificava che non fosse un falso. Dopo la Constitutio Antoniniana di Caracalla, che dava a tutti la cittadinanza, questi diplomi spariscono per i soldati comuni, e se ne ritrova ancora qualcuno nel III secolo per dei reparti speciali, come i pretoriani.

Tacito infine descrive così il servizio militare del suo tempo. il legionario deve praticamente pagarsi tutto, e ben lontani sono, nel I secolo d.C., i tempi dei grossi bottini che integravano la paga. In seguito gli imperatori saranno costretti a sempre più larghi donativi:

«Il servizio militare è, nella sua sostanza, faticoso e non rende nulla: l’anima e il corpo si valutano dieci assi al giorno e con questi si deve pagare gli indumenti, le armi, le tende, oltre a salvarsi dalle sevizie dei centurioni o per comprare qualche esenzione da qualche fatica.»

Tacito, Annales, I, 17

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Il servizio nell’esercito romano – Le legioni e gli auxilia
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