Nel 27 a.C. (o secondo alcuni nel 23, quando ricevette la tribunicia potestas) Ottaviano riceveva il titolo onorifico di Augusto dal senato; aveva infatti rifiutato di reiterare ancora il consolato e aveva soppresso la dittatura. Sembrò pertanto una situazione di compromesso: formalmente la res publica restava in piedi, di fatto sotto la tutela del privato cittadino Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, che aveva altresì l’imperium proconsulare maius et infinitum, ossia il comando supremo sull’esercito. La tribunicia potestas inoltre gli consentiva di essere inviolabile e di porre il veto su qualsiasi decisione del senato.

Il problema della successione

Fin da subito si presentò il problema di come il sistema sarebbe continuato dopo la morte di Augusto. Il quale adottò prima il nipote Marco Claudio Marcello, a cui diede in sposa la figlia Giulia. Alla sua morte diede in sposa Giulia a Vipsanio Agrippa, ma morì anche lui, per cui la diede come moglie a Tiberio. Nel frattempo i figli di Agrippa, Lucio e Giulio Cesare erano stati designati come eredi, ma morirono entrambi appena ventenni, per cui Augusto dovette infine scegliere come suo successore Tiberio.

Augusto (di Prima Porta)

Giulio-Claudi

Tiberio, divenuto imperatore nel 14 d.C. alla morte di Augusto, era discendente dell’antichissima patrizia famiglia dei Claudii; si univano così in un’unica famiglia i Giulii, gli Ottavii, i Claudii e i Livii (la madre era una Livia). Essendo stato adottato per testamento Ottaviano era diventato un Giulio a tutti gli effetti, mentre Tiberio era un Claudio: nasceva così la dinastia Giulio-Claudia.

A Tiberio seguì il nipote Caligola, nel 37 d.C.; il principato era nato sotto i migliori auspici, essendo anche figlio dell’amatissimo Germanico, e lo stesso Caligola inizialmente si comportò molto bene secondo le fonti. Ma dopo una grave malattia pare che il suo carattere mutò verso una deriva dispotica, finché non venne assassinato dai pretoriani con l’appoggio del senato.

Alla morte di Caligola si ripresentò il problema della successione: nella famiglia molte erano state le epurazioni; uno dei pochi superstiti era lo zio dell’imperatore, Claudio, fratello di Germanico. Era scampato solo perché zoppo e balbuziente, e ritenuto dunque poco pericoloso; venne acclamato imperatore dai pretoriani, pare mentre era nascosto dietro una tenda.

Infine Claudio venne assassinato da Agrippina minore, che aveva sposato dopo Messalina, sua nipote (era la sorella di Caligola). Avvelenò un piatto di funghi, di cui l’imperatore andava ghiotto. Divenne allora imperatore suo figlio, Lucio Domizio Enobarbo (si univa quindi anche l’antichissima famiglia dei Domizi), adottato precedentemente da Claudio (prendendo il nome di Nerone), e che eliminò quasi subito il suo unico figlio e quindi fratellastro, Britannico (il nome gli era stato dato in onore della conquista della Britannia da parte di Claudio). Nerone fu l’ultimo imperatore della dinastia: dichiarato hostis publicus dal senato, si suicidò. Nel turbolento anno dei quattro imperatori che sarebbe seguito avrebbe infine prevalso il reatino Vespasiano.

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