Nel corso della seconda guerra punica i romani entrarono in contatto con le popolazioni celtibere che utilizzavano una micidiale arma: il gladio. Adottato da Scipione per le sue legioni diverrà l’iconica spada del legionario romano (e dal cui nome verrà la parola “gladiatore“), fino ad essere rimpiazzato tra la fine del II secolo e l’inizio del III secolo d.C. da un’arma creata dai romani, simile ma diversa, la spatha.

Una nuova arma

Nata infatti come variante di cavalleria del gladio (serviva infatti una spada più lunga per combattere a cavallo), divenne infine anche l’arma dei legionari romani. Non è ben chiaro come, perché ed esattamente quando la spatha abbia rimpiazzato del tutto il gladio, ma molte ipotesi a riguardo sono state fatte. Si può supporre che siano occorsi una serie di fattori concorrenti:

  • una decadenza di addestramento, che permetteva l’utilizzo di un’arma che veniva più menata con fendenti che con rapide stoccate come il gladio;
  • il maggiore afflusso di reclute germaniche nell’esercito avrebbe portato all’adozione di spathae più lunghe e armi ad asta come lance che avrebbero soppresso l’utilizzo combinato di pilum e gladio;
  • un semplice cambio di moda a favore di armi differenti, che permettevano di tenere il nemico più lontano e quindi rischiare meno di essere feriti ma probabilmente anche di lanciare attacchi meno micidiali;
  • un tentativo di opporsi con maggiore efficacia ad attacchi a cavallo e a combattimenti più in ordine sparso che in ranghi serrati.

Probabilmente tutte le opzioni messe insieme sono vere e spiegano anche il mutamento di modo di combattere dalla fine del II secolo d.C. che diviene sempre più falangitico, con la ripresa della lancia a sfavore del pilum, corredata da dardi più piccoli come lo spiculum o la plumbata e al progressivo abbandono nel III secolo di scutum rettangolare (per tornare a quello ovale) e lorica segmentata. Nel complesso il modo di combattere diviene più statico quando in formazione aperta e al contempo più flessibile nei piccoli scontri, riflettendo l’ambivalenza di necessità cui andava incontro l’impero nel difficile periodo di crisi del III secolo. Al contempo non è da escludere un peggiore addestramento e l’influenza di reclute dalle zone di confine, anche perchè l’equipaggiamento tende a uniformarsi sempre più con quello degli ausiliari visti nella colonna di Traiano.

Evidentemente anche l’estensione della cittadinanza a tutti voluta da Caracalla deve aver rimescolato le carte, rendendo popolari metodi di combattimento fino ad allora barbarici, e che nel III secolo complice la crisi diverranno inarrestabili anche per gli imperatori romani. Infine bisogna considerare anche il costo di queste nuove armi: sicuramente scudi ovali, lance e forse anche spathae (oltre alle armature non più segmentate) costavano decisamente meno di quelle dell’epoca di Traiano e degli Antonini, a corroborare la pesante crisi economica e non solo sociale e militare che investiva l’impero.

Nonostante tutto l’impero romano ancora nel III secolo era una macchina da guerra micidiale quando comandata efficacemente. Non solo, molti tipi di spathae trovate sono molto più lunghe che larghe, lasciando proprio suggerire l’utilizzo per infilzare più che menare fendenti, come i vecchi gladi. Molti tra gli elmi e gli scudi trovati nel III secolo (come quello di Dura Europos) sono tra i migliori mai realizzati; nonostante la crisi l’esercito romano si dimostrava ancora il migliore.

Le lame

Le spade romane ritrovate sono numerosissime e quasi tutte in un luogo piuttosto insolito, ovvero le torbiere danesi. Ne sono state rinvenute a centinaia, probabilmente offerte come doni votivi, o da ex soldati ritornati alle loro case o armi prese come bottino ai romani (in entrambi i casi denoterebbe la qualità e la ricercatezza dell’arma). La lunghezza media era tra i 60 e i 90 centimetri, all’incirca una ventina più di un gladio del I-II secolo, ma solo una decina più di alcuni dei primi gladi di tipo ispaniensi, con una larghezza di soli 4-6 centimetri in media.

Le proporzioni in alcuni casi sono di 23:1, che si rifanno più a stocchi del XVI e XVII secolo che non a spade medievali, rinforzando l’ipotesi che l’arma doveva essere usata ancora di punta ma che, a causa degli scudi ovali, non veniva più nascosta dietro lo scudo prima del colpo per non mostrarne la provenienza al nemico. In ogni caso alcune spathae sono ancora più lunghe, raggiungendo anche il metro di lunghezza. Le dimensioni generose in confronto al gladio costrinsero anche i soldati romani a portarla a sinistra e non più a destra, legata a una bandoliera, metodologia già adottata nel II secolo per il gladio.

I principali tipi di spathae sono:

  • Straubing / Nydam, utilizzato fino alla prima metà del IV secolo, lungo 65-80 cm e largo circa 4,5, con lama molto più lunga che larga, dalla sezione romboidale, adatta al colpo di punta.
  • Lauriacum / Hromowka (II-III secolo), dalla lama di circa 55-65 cm, più simile al gladio, aveva sgusci multipli e punta triangolare, il che fa supporre un uso di punta.
  • Illerup / Wyhl (fine III secolo-V), più grosse e lunghe, di qualità più grossolana.
  • Osterbunken / Kemathen (IV-V secolo), con rapporto lunghezza simile al Lauriacum, leggermente più lunghe, dalla punta triangolare ma anche in questo caso di qualità leggermente inferiore.

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La spatha
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