Nel 68 d.C., dopo gli eccessi di Nerone e le spese folli per riedificare Roma e costruire la domus aurea (con l’imperatore che aveva dovuto emettere anche un nuovo tipo di denario dal peso in argento inferiore, di 1/96 di libbra contro 1/84 precedente), i malcontenti cominciarono a dilagare.

La rivolta partì dalla Gallia, dove Giulio Vindice, governatore della Gallia Lugdunense, guidò la rivolta; chiese a Galba, governatore dell’Hispania Tarraconensis, di assumere la porpora, ma inizialmente rifiutò. Vindice venne sconfitto dal governatore della Germania Superiore Lucio Verginio Rufo, rimasto fedele a Nerone.

Nel frattempo il prefetto al pretorio Ninfidio Sabino aveva convinto Nerone ad allontanarsi da Roma; il senato lo dichiarò hostis publicus. Abbandonato da tutti, decise di suicidarsi. Il senato avrebbe dunque nominato proprio Galba imperatore.

Ma Galba non era particolarmente amato dai soldati, per la sua avarizia e severità (d’altro canto un suo antenato, Galba, era uno dei principali cesaricidi); per placare la Germania inviò Vitellio. Nel frattempo Galba adottò come successore Lucio Calpurnio Pisone.

Tuttavia Galba, poco amato dai soldati, venne assassinato durante una rivolta, nel gennaio del 69, insieme a Pisone, mentre Otone veniva acclamato imperatore. Ma Vitellio tornò in Italia per affrontarlo, ed uscì vincitore dopo la battaglia di Bedriaco.

Mentre Galba, Otone e Vitellio si contendevano la porpora, in oriente venne acclamato imperatore Vespasiano, inviato da Nerone a placare la rivolta giudaica: sarebbe stato proprio lui a reclamare la porpora.

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