Nel tempo i romani passarono da un equipaggiamento oplitico, all’armatura ad anelli gallica, la lorica segmentata, per tornare poi ad anelli e squamate. I romani durante la repubblica adottarono la lorica hamata (la cotta di maglia ad anelli) come principale armatura difensiva, tanto da diventare nel I secolo a.C. la protezione più diffusa tra i legionari. Tuttavia l’incontro con nuovi nemici li spinse a realizzare un nuovo modello di lorica, chiamato dai moderni segmentata, poiché non abbiamo idea di come la definissero gli antichi. Poi, nel III secolo, complice l’anarchia militare, i romani tornarono all’hamata e alla squamata.

Epoca arcaica e repubblicana

Il primo esercito monarchico era probabilmente strutturato secondo un criterio falangitico di derivazione etrusca, a sua volta ispirato a quello greco: dunque la panoplia prevedeva, specialmente per le classi più abbienti (infatti l’esercito era diviso in base al censo), elmo, lancia, scudo tondo, schinieri, una spada e un’armatura, il più delle volte muscolata (ossia una piastra di bronzo che ricalcava le fattezze anatomiche), spesso arricchita artisticamente da piccole scene mitologiche realizzate sulla sua superficie. Tale armatura rimase poi in utilizzo fino alla fine dell’impero principalmente per gli ufficiali di grado più elevato, in particolare tribuni, legati e comandanti; era fissata ed ornata in vita poi da un fazzoletto che veniva annodato sul davanti, spesso di colore bianco o rosso, che la “chiudeva” a mo’ di nastro. All’altezza dell’inguine poi degli ptureges, ossia delle strisce di cuoio verticali, fornivano un minimo di protezione e terminavano di decorare l’equipaggiamento.

Dopo il sacco di Brenno i romani, entrati in contatto con i celti, cominciarono ad adottare un nuovo modello di corazza, un’armatura ad anelli, chiamata lorica hamata, che divenne ben presto una delle principali forme di protezione. Gli hastati continuavano spesso ad usare, a causa della loro maggiore povertà, una piastra di bronzo di forma quadrata o trilobata annodata attorno al corpo e che proteggeva praticamente solo gli organi vitali, il cardiophylax. Tuttavia anche i triarii iniziarono a fare sempre maggiore uso della corazza ad anelli (ognuna, fatta di anelli in media di 4-6 mm, pari ad alcune centinaia di migliaia, proteggeva in particolare dai colpi di spada e da mischia), che a partire dalle riforme graccane e di Gaio Mario divenne praticamente l’unica utilizzata dai legionari. Pesava circa 10 kg, vestiva in modo aderente, e veniva tenuta ferma in vita da una cinta annodata e/o da un cingulum, che ne permetteva la distribuzione ideale del peso. Spesso poi gli anelli erano rivettati per garantire maggiore resistenza e c’erano due humeralia, spallacci alla foggia del linothorax greco, a volte ad anelli a volte in cuoio, che coprivano le spalle e tenevano chiusa tramite dei ganci l’armatura. Alla fine dell’epoca repubblicana cominciò a diffondersi, poi ancora di più sotto l’impero, l’armatura a squame di derivazione orientale, fatta di piccole squame di bronzo cucite su fili di cuoio e poi parzialmente sovrapposte. Fu particolarmente usata, inizialmente, da centurioni e altri ufficiali, per poi venire adottata dai legionari.

La lorica ad anelli si dimostrò totalmente inefficace contro le frecce, che la perforavano senza troppi problemi o spaccavano gli anelli, motivo per cui dopo la battaglia di Carre Cicerone, che governava la vicina Cilicia, disse: Contra equitem parthum negant ullam armaturam meliorem inveniri posse” (Ad familiares, 9, 25), ovvero “negano che si possa inventare un’armatura migliore per affrontare i cavalieri parti”. In questo caso Cicerone non fa riferimento ai catafratti, che i romani avevano già affrontato contro i seleucidi e Mitridate, ma bensì ai terribili hippotoxotai, gli arcieri a cavallo, che inondarono di frecce l’esercito di Crasso, impossibilitato a muoversi, poiché sotto la minaccia combinata dei catafratti.

Il principato

Di fatto pochi anni dopo cominciò a divenire comune una nuova armatura, fatta di fasce di ferro che avvolgevano il torace: la lorica segmentata (letteralmente “armatura a segmenti), i cui rinvenimenti più antichi risalgono alla fine del I secolo a.C. e l’inizio del I d.C. I test moderni hanno determinato come effettivamente l’armatura non solo fosse lievemente più leggera di un’hamata (anche se meno confortevole), ma nettamente più resistente al lancio di dardi, che invece penetravano tra gli anelli o li spezzavano. Inoltre la lorica combinava anche una forte protezione contro fendenti e colpi dall’alto, che venivano dispersi grazie alle placche sovrapposte delle spalle, risultando quindi particolarmente utile pure nei combattimenti contro i barbari. Successivamente vennero impiegate anche nuove protezioni aggiuntive, come manicae segmentate per il braccio destro, per difendersi dalle falci daciche, forse rimodellate sulle protezioni in uso dai gladiatori, dalle quali a loro volta forse avevano tratto spunto per realizzare la segmentata.

Riguardo il suo nome le fonti tacciono e si possono fare solo ipotesi. La più accreditata la vorrebbe legata al termine clibanarius, che indicava un soldato particolarmente corazzato, legandolo anche a un passo di Ammiano Marcellino in cui parla di soldati clibanarii che seguivano l’imperatore Giuliano. Il termine tra l’altro in greco e poi nell’impero bizantino (klibanon) indicava appunto le armature lamellate che usavano i cavalieri catafratti. Probabilmente la parola greca, da cui deriva quella latina, viene da “kribanos” (teglia da forno per il pane). Non solo, sappiamo grazie alla Notitia Dignitatum, che esistevano fabbriche dedicate alla produzione di armature dette clibanariae, diverse dalle altre.

L’utilizzo presso reparti di cavalleria sembrerebbe tra l’altro confermato dal fatto che diverse segmentate sono state rinvenute in castra in cui risiedevano ali di cavalleria o anche coorti ausiliarie. Di fatto il suo uso doveva essere nettamente più trasversale di quanto ci lasci intendere la colonna traiana, che identifica i legionari in base all’utilizzo della segmentata. Armatura che tra l’altro non soppiantò le altre: in base al monumento di Adamklissi in Romania, eretto dagli stessi legionari, possiamo vedere come questi preferissero usare armature a squame o ad anelli (mentre la manica segmentata è onnipresente per affrontare le falci daciche), che poi torneranno in auge dal III secolo.

Infatti l’armatura a segmenti venne utilizzata principalmente dall’epoca della nascita di Cristo alla metà del III secolo d.C., per poi scomparire (tranne forse qualche utilizzo per la cavalleria catafratta come detto in precedenza). Non è dato sapere come mai, sebbene il periodo dell’anarchia militare deve essere stato determinante: probabilmente furono una serie di fattori economici (costava molto mantenerla), di tattiche (meno combattimenti serrati) e politici, che videro l’immissione di più reparti barbarici che probabilmente preferivano usare armature differenti. Tuttavia è bene precisare che durante tutto il periodo del Principato la lorica hamata e squamata (a squame), furono utilizzate altrettanto e che nessuna aveva realmente il predominio sulle altre.

Il tardoantico

Oltre alla riforma dell’esercito limitaneo-comitatense vennero create una serie di fabricae imperiali per l’equipaggiamento, specializzate, in scudi, archi, armi etc., in contrapposizione ai fabbri e gli artigiani che seguivano le legioni in precedenza e alle armi che venivano acquistate in loco. Sembrerebbe che l’equipaggiamento abbia avuto un lievo calo qualitativo: avendo il controllo diretto, lo stato avrebbe cercato di risparmiare qualcosa, producendo materiale standardizzato in massa; tale processo è ben visibile dagli elmi tardoantichi, ben più semplici di quelli altoimperiali (ma quelli dei comandanti si mostrano estremamente decorati e lussuosi, segno che le capacità tecniche restavano).

Alcuni armamenti, come la lorica segmentata e il pilum, furono abbandonati, altri mutano, come il gladio rimpiazzato dalla simile ma più lunga spatha. L’iconica lorica segmentata è attestata per l’ultima volta in Spagna nel tardo III secolo, per poi sparire: probabilmente costi di produzione e mantenimento erano troppo onerosi; la sostituzione, nel III secolo, del gladio con la spatha e del pilum con la lancia, oltre al ritorno a scudi ovali, indica un cambio di tattiche. Non più un atteggiamento offensivo, che vedeva i legionari andare incontro al nemico, ma più difensivo, quasi falangitico. All’interno della legione vengono infatti creati, a partire dai Severi, reparti di lancearii, ossia legionari con lancia.

Ritornano dunque in auge loriche ad anelli, di fattura però diversa: non più tagliate all’altezza dell’ascella, sulla foggia celtica, ma spesso vere e proprie maglie ad anelli, spesso fino al gomito, di fattura anche più grossolana. Oltre a queste armature a squame, piumate, muscolate; molta varietà ma sempre all’insegna, nel più dei casi, al risparmio. Vegezio poi aggiungeva al principio del V secolo d.C. una generale rilassatezza e mancanza di voglia di usare l’armatura, specialmente tra i barbari, ma è difficilmente verificabile.

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Le armature dei legionari romani
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