I romani cominciarono ad erigere mura sull’esempio dei greci, dei latini e degli etruschi per difendere le loro città. Il primo confine sacro fu quello stabilito da Romolo, il pomerium, invalicabile in armi. Con l’espansione della repubblica fu necessario anche cominciare a erigere campi temporanei per l’esercito, quando si allontanava troppo dalla città. Lo scopo principale e originario di un castra era quello di proteggere l’esercito durante le marce in territorio nemico o non: costruendo ogni giorno un campo della stessa identica forma e dimensione anche il processo diventava più semplice e standardizzato.

«I nemici non possono coglierli di sorpresa. [I Romani], infatti, quando entrano in territorio nemico non vengono a battaglia prima di aver costruito un accampamento fortificato. L’accampamento non lo costruiscono dove capita, né su terreno non pianeggiante, né tutti vi lavorano, né senza un’organizzazione prestabilita; se il terreno è disuguale viene livellato. L’accampamento viene poi costruito a forma di quadrato. L’esercito ha al seguito una grande quantità di fabbri e arnesi per la sua costruzione.»

GIUSEPPE FLAVIO, GUERRA GIUDAICA, III, 5.1.76-78

Gli accampamenti romani

castra romani erano il classico esempio di fortificazione romana, dalla tipica forma rettangolare a carta di gioco. Realizzati tanto in forma provvisoria al termine della marcia (o provvisori per accamparsi in inverno – infatti nei mesi freddi non si combatteva) quanto in forma stabile nelle zone di frontiera, avevano uno schema di realizzazione standard: tagliati in quattro dal cardo e dal decumano (rispettivamente la via nord-sud e quella est-ovest). Polibio mette in chiaro la differenza tra greci e romani:

« Mi sembra che i Romani, i quali cercano di essere molto pratici in questa disciplina, seguano una strada del tutto opposta a quella dei Greci. Questi ultimi infatti, quando piantano l’accampamento, ritengono sia di somma importanza adattarsi alle difese naturali del luogo stesso, sia perché così evitano di faticare con la costruzione di fossati, sia perché credono che le difese artificiali non possano eguagliare quelle naturali, che il terreno può loro offrire. E così, nel predisporre il piano generale dell’accampamento, sono costretti a cambiare continuamente il suo assetto […] per cui nessuno sa mai con precisione quale sia il suo posto e della propria unità. I Romani, al contrario, preferiscono fare la fatica di scavare i fossati e di costruire le altre opere di fortificazione per avere sempre avere un unico tipo di accampamento, sempre uguale e ben conosciuto a tutti. »

POLIBIO, STORIE, VI, 42,1-2

Tuttavia la creazione dei castra non era un’invenzione romana, come spesso accade per l’esercito romano, ma frutto dello studio delle tattiche del nemico:

« Pirro re dell’Epiro, istituì per primo l’utilizzo di raccogliere l’intero esercito all’interno di una stessa struttura difensiva. I Romani, quindi, che lo avevano sconfitto ai Campi Ausini nei pressi di Malevento, una volta occupato il suo campo militare ed osservata la sua struttura, arrivarono a tracciare con gradualità quel campo che oggi a noi è noto. »

SESTO GIULIO FRONTINO, STRATAGEMATA, IX, 1,14

Anche Giuseppe Flavio dà una sua descrizione del tipico accampamento romano:

«Nelle fortificazioni si aprono quattro porte, una su ciascun lato, comode per farvi transitare sia animali da tiro, sia per l’utilizzarle in sortite esterne da parte dei soldati, in caso di emergenza, essendo le stesse molto ampie. L’accampamento, quindi, è intersecato al centro da strade che s’incrociano ad angolo retto (via Praetoria e via Principalis). Nel mezzo vengono poste le tende degli ufficiali (quaestorium) e quella del comandante (praetorium), che assomiglia a un tempio. Una volta costruito, appare come una città con la sua piazza (forum), le botteghe degli artigiani e i seggi destinati agli ufficiali dei vari gradi (tribunal), qualora debbano giudicare in occasione di qualche controversia. Le fortificazioni esterne e tutto ciò che racchiudono vengono costruite molto rapidamente, tanto numerosi ed esperti sono quelli che vi lavorano. Se è necessario, all’esterno si scava anche un fossato profondo quattro cubiti (pari a quasi 1,8 metri) e largo altrettanto.»

GIUSEPPE FLAVIO, GUERRA GIUDAICA, III, 5.2.81-84

In epoca imperiale molti castra divennero permanenti e in pietra, e al suo esterno nacquero molti nuclei urbani (ad esempio è il caso di città come Torino e Barcellona) a partire dalle canabae, dove risiedevano i civili che gravitavano intorno alle legioni (artigiani, mercanti e prostitute perlopiù). Domiziano, per evitare ribellioni troppo vaste, decise che nessun campo avrebbe potuto ospitare più di una legione. Tuttavia sappiamo che durante alcune campagne successive vennero costruiti accampamenti più grandi, come durante le guerre marcomanniche sotto Marco Aurelio. In età imperiale oltre al preaetorium vennero costruiti molti edifici amministrativi e organizzativi, i principia, situati di fronte alla stanza del legatus legionis (il comandante durante l’impero di una legione). Accanto c’erano le stanze dei tribuni, i secondi in comando, e le stanze dei centurioni e dei soldati (divisi in contubernia di 8 uomini l’uno). C’erano anche un valetudinarium (l’ospedale militare), le stalle, gli horrea (i granai), fabricae di armi; a volte anche terme e anfiteatri.

Esistevano anche forti più piccoli per alcune coorti e ali ausiliarie, molti dei quali entrarono nella rete del limes forticato romano. Diocleziano, alla fine del III secolo, ampliò enormemente la linea di forti, ma pochi anni più tardi Costantino creò il nucleo dell’esercito limitaneo-comitatense, che prevedeva lo stanziamento di molte truppe mobili (comitatensi e palatine) in città.

Mura aureliane

«Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l’impero era stato diviso […] in città, fortezze e torri. Poiché l’esercito era posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori e a respingerli.»

ZOSIMO, STORIA NUOVA, II, 34.1

Le mura Serviane e Aureliane

Servio Tullio ampliò il pomerium e continuò ad espandere la città sui colli non ancora occupati, il Quirinale, il Viminale e l’Esquilino. A lui è attribuita anche la creazione delle mura, che saranno rimpiazzate solo da Aureliano 8 secoli dopo, quando la città già da secoli era notevolmente espansa oltre. Nonostante siano state realizzate in età arcaica, coprivano ancora nei secoli successivi buona parte della città, a indicare una forte espansione di Roma e un suo “primato”, quantomeno come città importante, già sul finire del VI secolo (più o meno nello stesso periodo si sviluppa fortemente Atene). Tuttavia è probabile che la cinta come la conosciamo noi sia stata edificata solo dopo il sacco di Brenno del 390 a.C.

Le mura aureliane vennero edificate per volere dell’imperatore Aureliano attorno al 275 per proteggere Roma dalle invasioni del III secolo (diverse tribù barbariche erano sconfinate in Italia e l’imperatore aveva ricacciato con difficoltà gli alemanni). Fino all’edificazione delle mura teodosiane di Costantinopoli, divenuta la più imponente opera difensiva romana, furono le mura più possenti mai costruite dai romani. Come spesso accadeva nelle cinte murarie del III-IV secolo vennero inglobati edifici nella cinta muraria per esigenze difensive, come la piramide Cestia e l’anfiteatro castrense, murato come avveniva sempre per gli anfiteatri (altro esempio è quello di Verona, che venne dotata di una nuova cinta nel III secolo e vide l’anfiteatro inglobato, come torrione avanzato).

Proprio quest’ultimo venne attaccato dai goti durante la guerra greco gotica credendo di poter penetrare facilmente nelle mura e, racconta Procopio, i bizantini operarono una carneficina: trovatosi nel mezzo dell’arena, completamente accerchiati, i goti vennero massacrati dai bizantini che avevano teso loro la trappola. Durante il medioevo la popolazione di Roma si ridusse drasticamente da 1 milione di abitanti a meno di 100.000 nell’alto medioevo, e le mura finirono per diventare difficilmente difendibili dagli abitanti, facendo sì che gran parte dell’antica città divenisse campagna, all’interno della stessa cinta muraria, caso unico o quasi nella storia.

Mura Teodosiane

Le mura Teodosiane

Nel maggio del 330 d.C. veniva inaugurata la nuova città di Costantinopoli, costruita per volere dell’imperatore sulla vecchia Bisanzio. La posizione strategica tra l’Europa e l’Asia aveva colpito Costantino durante la guerra con Licinio, decidendo di farne la sua nuova capitale. La città, che guardava verso oriente e il cristianesimo, fu costruita su 7 colli come una nuova Roma, ed ebbe il suo senato. Divenne infine capitale definitiva dell’imperatore d’oriente nel V secolo e da allora sarà la capitale dell’impero bizantino fino al 1453 (tranne l’occupazione latina tra 1204 e 1261), difesa dalle mura teodosiane costruite per volere del prefetto al pretorio Antemio.

Le mura teodosiane furono costruite all’inizio del V secolo d.C., sotto l’imperatore Teodosio II, di cui abbiamo anche il codice teodosiano, la più importante raccolta di leggi romane dopo il codice di Giustiniano. Inizialmente Costantinopoli era protetta dalle mura erette da Costantino, ma l’espansione della città e le minacce barbariche spinsero il governo imperiale ad erigere una seconda cerchia di mura ancora più massiccia. Divennero dunque le più grandi mura romane mai costruite.
Nel corso dei secoli le mura subirono ulteriori modifiche, divenendo infine un triplice sbarramento per terra e per mare (con anche una catena tirata nel Corno d’Oro) che rese inespugnabile la città – grazie anche all’invenzione del fuoco greco – fino alla IV crociata, nel 1204. Successivamente, nel 1261 i bizantini riuscirono a riprendere la città e la tennero fino al 1453, quando dopo quasi due mesi di assedio cadde in mano ottomana. Ancora oggi si possono vedere i segni dei cannoneggiamenti turchi.

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