Divenuto imperatore, Diocleziano riuscì finalmente a porre fine all’anarchia militare che da cinquant’anni era parte integrante dell’impero. Decise fin da subito di associare a sé un suo collega d’armi, un soldataccio di nome Massimiano, cui diede l’occidente. Il suo scopo era tenere a bada le rivolte e le infiltrazioni barbare, mentre in Britannia Carausio governa l’isola come usurpatore, seguito poi da Alletto. Sarà soltanto Costanzo Cloro a porre fine alla ribellione, nel 296, riportando infine l’impero alla sua unità e stabilità.

«Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatté in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno sperimentò la cattiva e la buona sorte. Poiché i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in città, e per la necessità di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando l’esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni.»

Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 23

Infatti la situazione in Gallia necessitava di un controllo continuo e costante, sia per le minacce interne dei bagaudi (solo pochi anni prima la Gallia si era distaccata dall’impero sotto Postumo e Tetrico, ritornando all’impero solo grazie ad Aureliano), sia per le minacce ai confini di franchi, burgundi e alemanni; anche la Britannia e l’Africa erano fonte di preoccupazione. Nel frattempo, già dal 287, Diocleziano e Massimiano avevano assunto i soprannomi rispettivamente di Iovio ed Erculio, a denotare sia la superiorità del dalmata sul suo collega, sia il tentativo di instaurare un’aura di sacralità nell’imperatore romano. Il culto del sole, introdotto da poco da Aureliano, rimase diffuso, ma passò in secondo piano. Ed è proprio in questo periodo infatti che viene introdotto il rito orientale della proskynesis, ossia della prostrazione di fronte l’imperatore, seguendo un ordo salutationis. L’adoratio dell’imperatore seguiva infatti un rituale preciso; anche ciò che lo circondava divenne sacro: l’assemblea il sacrum concistorum e la camera da letto il sacrum cubiculum, con un addetto che era tra i massimi ministri dell’impero tardoantico, il praepositus sacri cubiculi, primo funzionario nella Notitia Dignitatum dopo i prefetti al pretorio e i magistri militum.

La tetrarchia

Dopo un incontro avvenuto a Milano nel 290-91, mentre la città diveniva sede sempre più stabile di Massimiano (con Diocleziano che si stabiliva principalmente a Nicomedia in Asia Minore), nel 293 Diocleziano decise di suddividere ulteriormente l’impero, stabilendo una regola che secondo lui avrebbe garantito la sicurezza di successione, evitando guerre civili e proteggendo meglio i confini: la tetrarchia. Ogni Augusto avrebbe scelto un Cesare, a lui subordinato, che gli sarebbe subentrato nella carica, divenendo Augusto e scegliendo un nuovo Cesare e così via. I primi due Cesari sarebbero stati Galerio per Diocleziano e Costanzo Cloro per Massimiano, cui vennero affidate anche alcune regioni dei due Augusti, per “prepararli” all’amministrazione dell’impero.

Di conseguenza l’intero assetto amministrativo provinciale venne riorganizzato in base alle nuove esigenze: le province vennero in larga parte sdoppiate, divenendo più piccole, e anche le cariche politiche e militari vennero divise, con i praesides (già introdotti tra il finire del II e il principio del III secolo: aumentando le cariche svolte da cavalieri si creò questa figura “generica”) a reggere l’amministrazione e i duces a comandare le forze militari, seguendo l’idea che così sarebbe stato più difficile innescare una guerra civile. Inoltre le province furono raggruppate in diocesi, in numero di 12, rette da vicari dei prefetti al pretorio (che dopo Costantino diventeranno cariche puramente civili); l’Italia stessa venne equiparata al rango di provincia, perdendo i precedenti privilegi che gli concedeva in precedenza lo ius italicum, unificando anche la tassazione all’interno dell’impero.

L’Italia faceva parte della diocesi Italiciana. A differenza delle altre ebbe due vicarii, uno a Milano, con controllo delle province di funzione militare, come la Rezia e il Norico e l’annona militare, e uno a Roma, con controllo sul sud Italia e le isole. Infatti l’Italia del nord era detta annonaria perché doveva fornire l’annona militare, cosa cui era esclusa quella meridionale, detta suburbicaria, che invece doveva rifornire la città di Roma. Da questa divisione trasse vantaggio la città di Milano, che crebbe esponenzialmente, venendo costruite nuove mura, il palazzo imperiale, terme, anfiteatro, circo e dimore sfarzose.

L’editto dei prezzi

Uno degli scopi di Diocleziano era quello di riportare stabilità economica, rivalutando la moneta argentea, creandone una simile al denario neroniano per peso (nel III secolo la moneta era arrivata ad essere solo bagnata nell’argento e Aureliano era riuscito a riportare l’argento nella moneta al 5%: infatti le sue monete segnavano la scritta XX I, ossia per venti parti di metallo una di argento).

Tuttavia l’effetto fu contrario alle intenzioni, portando a una drammatica inflazione, con il prezzo dell’argento che saliva, spingendo infine l’imperatore a promulgare un edictum de pretiis nel 301 d.C., dove l’imperatore stabiliva pedissequamente il prezzo di ogni merce. Pochi anni prima Diocleziano aveva emesso una nuova moneta, l’argenteo, dal valore di 100 denari e dal peso del denario neroniano (1/96esimo di libbra), il cui scopo era quello di ridurre l’inflazione. L’argenteo dioclezianeo valeva 100 denari, il nummus argentato 25, il bronzo radiato 4, il bronzo 1-2 (2 l’antoniniano, 1 il denario). L’aureo, che era arrivato a 833 denari, fu sostituito dal solido dal valore di 1000 denari (sarà poi Costantino a virare l’economia su un nuovo tipo di solido).In questo quadro di nuova crisi economica (ormai perdurante da quasi un secolo) Diocleziano decide di promulgare una lunga lista di prezzi, nel tentativo di obbligare i cittadini romani a rispettarli e pertanto a frenare le spinte inflazionistiche. L’obiettivo non era quello di congelare i prezzi, ma di darne un tetto massimo, per evitarne speculazioni. Ma neanche questo ebbe effetto, favorendo il contrabbando e finendo rapidamente in disuso. La questione monetaria sarà risolta solo da Costantino, che adotterà la moneta aurea come moneta di riferimento, il nuovo solidus, lasciando libero il prezzo dell’oro: la situazione si stabilizzerà a scapito dei piccoli consumi.

Altro aspetto della politica diocleziana furono le persecuzioni religiose nei confronti dei cristiani, ritenuti un pericolo per l’ordine e la stabilità dell’impero. Dietro il fervore di Diocleziano c’era probabilmente Galerio, fortemente anticristiano, e il cui peso politico era molto aumentato dopo la vittoriosa campagna persiana. Dal 24 febbraio del 303 venne instaurata una feroce persecuzione anticristiana, terminata solo da Galerio nel 311 (riconoscendo che era impossibile fermare il cristianesimo, poiché sembravano giovare delle persecuzioni); i cristiani furono interdetti dai pubblici uffici e perseguitati se non avessero rinnegato la loro religione. I tetrarchi affermavano infatti che la loro figura oramai divina non fosse conciliabile con il cristianesimo, portatore di divisioni e contrapposizioni sociali.

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L’editto dei prezzi di Diocleziano
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