Nel 293 Diocleziano predispose un’accurata riforma amministrativa e statale dell’impero romano, la tetrarchia: diviso in province raggruppate in diocesi affidate a prefetti, separava le cariche politiche e militari, raddoppiava le province e infine suddivideva l’impero tra due imperatori, chiamati Augusti, e due vice, chiamati Cesari. Ognuno di questi aveva la propria amministrazione ed esercito, i Cesari potevano fare esperienza finché non sarebbero entrati in carica al posto degli Augusti. Per mettere alla prova il sistema nel 305 Diocleziano, primo nella storia, abdicò, e costrinse Massimiano a fare lo stesso. Non passò neanche un anno che l’Augusto Costanzo morì a Eburacum (York), nel 306.

Tolleranza verso i cristiani

Il Cesare di Costanzo era Flavio Severo e sarebbe dovuto subentrargli, ma Costantino era determinato ad essere nominato almeno Cesare dopo l’acclamazione dell’esercito. Allo stesso modo, in Italia e Africa era stato acclamato imperatore Massenzio, figlio dell’ex imperatore Massimiano, che si era ritirato controvoglia nel 305 a vita privata costretto dal collega Diocleziano. I due avevano poi eliminato Severo, e dopo un convegno a Carnuntum nel 308 cui aveva partecipato anche Diocleziano, Galerio e Licinio erano stati nominati Augusti e Costantino e Massimino Daia Cesari.

Massimiano trovò rifugio presso Costantino ma poco dopo tentò di prendere di nuovo la porpora; Costantino lo raggiunse e lo costrinse a suicidarsi, a Marsiglia, nell’estate del 310. Poco dopo morì Galerio, nel 311. Costantino marciò sull’Italia, per eliminare Massenzio, rimasto escluso dagli accordi di Carnuntum, sconfiggendo le sue truppe a Torino e Verona; infine a Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312 d.C., si scontrarono i due imperatori. Massenzio ebbe la peggio e morì annegato durante la ritirata.

Lattanzio narra che la sera precedente Costantino ebbe in sogno una visione in cui Cristo gli chiedeva di apporre il suo simbolo, forse il monogramma con cui era venerato, chi e rho in greco, sugli scudi dei suoi soldati. Eusebio riporta due versioni: nella prima, contenuta nella Storia ecclesiastica, dice soltanto che Dio aiutò l’imperatore. Nella vita di Costantino, decisamente posteriore, invece riporta una storia molto più dettagliata, secondo cui Costantino, in marcia, vide una croce di luce in cielo e una scritta in greco: “Εν Τουτω Νικα” (“con questo vinci”, tradotta poi “in hoc signo vinces” in latino). Ma la versione, narra, gli fu riportata dall’imperatore in tarda età, dicendo che solo lui l’aveva vista (e l’esercito?).

Eusebio aggiunse che nella guerra civile con Licinio il labarum di Costantino, l’insegna imperiale, aveva il simbolo chi-rho. Quel che è certo è che Costantino, già da prima, si era avvicinato al culto della divinità solare, il sol invictus, che aveva molte somiglianze con Mitra e il Dio cristiano e che successivamente simpatizzò per i cristiani, evolvendo questa simpatia: ancora sotto di lui, sebbene vietasse i sacrifici umani, si svolgevano giochi gladiatori e c’erano templi dedicati al “Dio Costantino”. Inoltre le monete di Costantino fino al 318-19 riportano quasi sempre il Sole, quelle fino al 324 sono più “neutre”, ed è solo dopo la sconfitta di Licinio che i riferimenti pagani scompaiono.

Divenuto Augusto d’Occidente, Costantino emanò l’editto di Milano nel 313 con il collega Licinio (che aveva sconfitto Massimino Daia), dando piena libertà religiosa (contrariamente alle persecuzioni di Diocleziano e Galerio).

« Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità. »

Lattanzio, De mortibus persecutorum, 48

Tuttavia il gesto di Costantino non era il primo in tal senso. Il 30 aprile del 311 l’imperatore Galerio aveva emanato un editto di tolleranza a Serdica (l’attuale Sofia) verso tutti i culti (compreso il cristianesimo); l’imperatore, forte promotore della persecuzione lanciata insieme a Diocleziano, era infine giunto alla conclusione che era inutile perseguire i cristiani. La morte, avvenuta solo sei giorni dopo per via di una cancrena alla gamba, sarebbe stata interpretata dai cristiani come una vendetta divina. Così racconta Lattanzio, fervente cristiano:

«[Noi Augusti, Galerio e Licinio] Tra tutte le altre disposizioni che stiamo compiendo sempre per il bene e l’utilità dello stato, abbiamo finora voluto riparare tutte le cose in conformità con le leggi e la disciplina pubblica dei Romani, e garantire che anche i cristiani, che hanno abbandonato la pratica dei loro antenati, tornassero al buon senso […] quei cristiani, che non seguivano le pratiche degli antichi, alle quali i loro antenati li avevano, forse, istruiti, ma secondo la loro volontà e il loro piacere, avevano stabilito delle leggi per se stessi da osservare e hanno riunito vari popoli in diverse aree. Poi, quando il nostro ordine venne emesso ordinando loro di tornare alle pratiche degli antichi, molti si sono esposti al pericolo, e molti sono stati addirittura uccisi. Molti di più perseverarono nel loro modo di vita, e abbiamo constatato che essi continuarono a non offrire una corretta adorazione né al culto agli dei, né al dio dei cristiani. Considerando la nostra clemenza mite e il nostro costume eterno, con la quale siamo abituati a concedere la grazia a tutte le persone, abbiamo deciso di estendere la nostra più rapida indulgenza a queste persone, in modo che i cristiani possano ancora una volta stabilire i propri luoghi di incontro, purché non creino disordini. […] Di conseguenza, in accordo con la nostra indulgenza, dovranno pregare il loro dio per la nostra salute e la sicurezza dello Stato, in modo che lo Stato possa essere mantenuto sicuro su tutti i fronti, ed essi potranno vivere in modo sicuro nelle proprie case.»

Lattanzio, De mortis persecutorum, 34, 1-5)

Nel 314 Costantino infine fece guerra a Licinio e gli strappò l’Illirico, e nel 323 scoppiò l’ultima guerra. Licinio, sconfitto ripetutamente, venne ucciso nel 324 e Costantino rimase unico imperatore: era finito l’esperimento della tetrarchia.

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L’editto di Milano
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