Nel corso del III secolo l’impero romano subisce una profonda crisi, che coinvolge ogni aspetto della società: esercito, politica, demografia, religione. I primi sintomi di un maggiore peso dell’esercito si hanno già nella tarda età antonina e specialmente sotto i Severi: Marco Aurelio è costretto ad arruolare due nuove legioni (ed è il primo a fare uso di vessilazioni, ossia distaccamenti, di legioni, per non sguarnire eccessivamente il confine) per affrontare le sue campagne contro quadi e marcomanni, mentre Settimio Severo, conscio dell’importanza dell’esercito, scioglie le coorti pretorie, riformandole con legionari pannonici e raddoppiandone gli effettivi (rendendole truppe che effettivamente accompagnavano l’imperatore in guerra) e arruolando tre nuove legioni partiche, che affida a prefetti equestri e non a legati di rango senatorio.

Due legioni sono inviate in Osroene, al confine con i parti, mentre la II Parthica si stabilisce nel castra di Albano Laziale, nei pressi di Roma: Settimio Severo era il primo imperatore a disporre di una forza di ben 30.000 uomini tra pretoriani, II Parthica, equites singulares e coorti urbane, che fungono sia da deterrente nei confronti del senato sia come forza mobile, un vero e proprio comitatus ante litteram che segue l’imperatore in guerra, prefigurando dunque un’evoluzione dell’esercito romano del III secolo, il quale vede ogni imperatore avere un comitatus di truppe scelte che lo seguono, scelte fra le legioni che lo acclamano imperatore, finché Gallieno non stabilizza l’idea del comitatus stesso.

Dalla tetrarchia a Costantino

Diocleziano

Secondo Zosimo l’idea di Diocleziano era quello di fare del limes un muro impenetrabile: evidenze archeologiche confermano che durante la tetrarchia vengono costruite moltissime fortezze lungo i confini, specialmente in oriente e lungo il Danubio; ma anche altre zone non sono affatto esenti da questo processo. Diocleziano arruola anche nuove legioni, e probabilmente la tetrarchia vede un lieve aumento degli effettivi totali nell’esercito, per quare in modo che ogni tetrarca possieda una forza militare sufficiente: studi moderni hanno stimato in circa 435.000 uomini l’esercito di Diocleziano, comunque non troppo dissimile in quanto ad effettivi a quello del II secolo d.C.  Alcuni, come Jones, hanno ritenuto che i limitanei fossero raggruppati in legioni più grandi di quelle comitatensi, portando il numero totale dei soldati attorno ai 600.000.
La necessità di maggiori reclute si scontra con le persecuzioni dioclezianee che vedono esclusi i cristiani dall’esercito e soprattutto dalla necessità di maggiore denaro e reclute, entrambi carenti. Per il primo cerca di rivalutare la moneta e di emanare un edictum de pretiis, per calmierarli, ma entrambi falliscono. Per i secondi riforma l’esazione fiscale, nel sistema di iugatio-capitatio, ossia legando le imposte al numero di persone che lavoravano la terra; i proprietari terrieri sono costretti a fornire reclute per l’arruolamento (dilectus), che però possono negare pagando una tassa in oro, l’aurum tironicum, con cui presumibilmente si arruolavano volontari, spesso oltre frontiera. Infatti l’altro bacino di reclutamento, oltre i figli dei soldati (ora obbligati a seguire la carriera paterna), sono i barbari, volontari o meno, che entrano a far parte dell’esercito. Non è un caso che molti comandanti romani del IV secolo abbiano nomi di origine chiaramente barbarica.

Nel III secolo si sviluppa anche l’idea di un comitatus che accompagnasse l’imperatore; essa vede i suoi prodromi con Settimio Severo (avendo a disposizione i pretoriani, gli equites singulares, e la II Parthica), ma è solo con Gallieno che viene in quale modo istituzionalizzato un vero e proprio comitatus di truppe scelte, comandato da Aureolo, inizialmente probabilmente composti da pretoriani, equites singulares, vessilazioni legionarie, reparti ausiliari, numeri, cavalieri mauri e illirici (promoti).

«Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l’impero era stato diviso […] in città, fortezze e torri. Poiché l’esercito era posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed a respingerli.»

(Zosimo, Storia nuova, II, 34.1)

Tali reparti erano necessari nel III secolo per affrontare le continue emergenze. Diocleziano, con la tetrarchia, non abbandona del tutto l’idea del comitatus (ci sono epigrafi di soldati che lo seguono in ogni sua campagna militare), ma privilegia la difesa di frontiera, costruendo numerosi forti lungo il confine, tanto da far dire a Zosimo che l’esercito romano stava tutto lungo il limes, pronto a respingere ogni invasore e inveendo invece contro Costantino, che aveva spostato parte dei soldati (comitatensi) in città (secondo le stime moderne circa il 60% dei soldati erano limitanei).

« Queste misure di sicurezza vennero meno con Costantino, che tolse la maggior parte dei soldati dalle frontiere e li insediò nelle città che non avevano bisogno di protezione; privò dei soccorsi quelli che erano minacciati dai barbari e arrecò alle città tranquille i danni provocati dai soldati: perciò ormai moltissime risultano deserte. Inoltre lasciò rammollire i soldati, che frequentavano i teatri e si abbandonavano a dissolutezze: in una parola fu lui a gettare il seme, a causare la rovina dello Stato che continua sino ai giorni nostri. »

Zosimo, Storia nuova, II, 34,2

L’esercito viene infatti diviso, a partire da Costantino, tra ripenses (i soldati sui fiumi) e comitatenses, che diventano le truppe di movimento e non più di accompagnamento dell’imperatore. Nel corso del IV secolo il sistema si perfeziona e l’esercito viene diviso tra eserciti presentali (d’élite), sotto il comando dei magister militum e magister equitum, reparti comitatensi (legioni, vessilazioni, cavalleria etc.) e limitanei (legioni, auxilia, reparti di cavalleria).

Legionario della prima metà del III secolo

L’idea alla base, oltre alla divisione dei comandi militari per evitare rivolte (che invece ci saranno ancora nel IV e V secolo) e alla frammentazione dei reparti, di dimensioni più piccoli delle legioni altoimperiali (una legione limitanea poteva contare al massimo 3.000 uomini contro i 6.000, ancora meno una comitatense, di massimo 1.500-2.000 uomini), era quella di avere i limitanei che si occupassero delle minacce minori o comunque rallentassero i nemici, per poi far intervenire in caso di necessità l’esercito presentale o – come accadeva di solito – i comitatensi . Quest’ultimi venivano per la prima volta stanziati all’interno delle città, anche di frontiera, ma non vivevano più all’interno di campi e avevano una serie di vantaggi e una paga migliore, che li vide gradualmente diventare la forza di riferimento.

Si veniva a creare per la prima volta una forza all’interno dell’esercito romano formalmente privilegiata che non fosse strettamente di guardia o di accompagnamento dell’imperatore, perché ora queste funzioni le svolgevano perlopiù gli eserciti presentali (oltre alle scholae palatinae e i protectores domestici, visto che Costantino aveva sciolto i pretoriani): nel corso del IV secolo la differenza, anche qualitativa, tra limitanei e comitatensi non sarà marcata, ma si farà via via più ampia a partire da dopo Adrianopoli e in generale dal V secolo d.C., finché nel VI e VII secolo nell’impero d’oriente i limitanei saranno ormai declassati a una milizia di frontiera, preludio alla riforma militare bizantina dei temi.

Equipaggiamento e tattiche

Oltre alla riforma dell’esercito venivano create una serie di fabricae imperiali per l’equipaggiamento, specializzate, in scudi, archi, armi etc., in contrapposizione ai fabbri e gli artigiani che seguivano le legioni in precedenza e alle armi che venivano acquistate in loco. Sembrerebbe che l’equipaggiamento abbia avuto un lievo calo qualitativo: avendo il controllo diretto, lo stato avrebbe cercato di risparmiare qualcosa, producendo materiale standardizzato in massa; tale processo è ben visibile dagli elmi tardoantichi, ben più semplici di quelli altoimperiali (ma quelli dei comandanti si mostrano estremamente decorati e lussuosi, segno che le capacità tecniche restavano).

Alcuni armamenti, come la lorica segmentata e il pilum, vengono abbandonati, altri mutano, come il gladio rimpiazzato dalla simile ma più lunga spatha. L’iconica lorica segmentata è attestata per l’ultima volta in Spagna nel tardo III secolo, per poi sparire: probabilmente costi di produzione e mantenimento erano troppo onerosi; la sostituzione, nel III secolo, del gladio con la spatha e del pilum con la lancia, oltre al ritorno a scudi ovali, indica un cambio di tattiche. Non più un atteggiamento offensivo, che vedeva i legionari andare incontro al nemico, ma più difensivo, quasi falangitico. All’interno della legione vengono infatti creati, a partire dai Severi, reparti di lancearii, ossia legionari con lancia.

Nel corso del secolo successivo i reparti romani si specializzano sempre di più, l’uno a combattere contro la cavalleria, uno a schermagliare, etc., e al contempo aumentano notevolmente i reparti di cavalieri e arcieri a cavallo. Grazie a un documento del tardo IV, inizio V secolo, la Notitia Dignitatum, conosciamo i nomi e le insegne di praticamente tutti i reparti romani, sia occidentali che orientali.

L’elmo di Berkasovo – del IV secolo

Conclusioni

Ciò che ne risulta, nel IV secolo, è un esercito molto più variegato e frammentato in piccoli reparti e diverse catene di comando (i duces per i limitanei della frontiera, i magistri militum per i comitatensi e i palatini), con un apporto maggiore di cavalleria. L’idea tattica, da Costantino in poi, è quella di avere pertanto i limitanei sul limes, pronti a intervenire contro le minacce minori e rallentare le invasioni maggiori, per poi aspettare l’intervento dei comitantensi e delle truppe palatine. Tuttavia il continuo calo qualitativo dei limitanei, le durissime guerre civili in occidente del IV secolo (Magnezio, Magno Massimo e Eugenio), fanno perdere continuamente uomini all’esercito gallico. Lo stesso Giuliano avrà forti difficoltà a respingere gli alemanni, con appena una decina di migliaia di uomini.

Quando nel 406 il Reno si ghiaccia e viene attraversato in massa dai barbari, né i limitanei, né i franchi (che erano stati accolti nell’impero e avevano con questo un trattato di amicizia e difesa), sono in grado di opporre resistenza, mentre le truppe migliori sono impegnate contro Alarico. Successivamente l’impotenza romana ad affrontare i barbari conduce ad accoglierli come foederati: forniranno contingenti, comandati dagli stessi barbari, in cambio di un terzo delle terre del luogo dove erano ospitati (nel caso dei visigoti, ad esempio, l’Aquitania); tale regime infatti avrà il nome di hospitalitas.

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L’esercito tardoantico
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