La dea Diana

Così come avvenuto per l’accostamento della nascita del Sol Invictus il 25 dicembre e quella di Cristo nella stessa data, così avviene per la festività che chiude il ciclo natalizio cristiano: l’Epifania.

Infatti l’Epifania viene festeggiata esattamente dodici giorni dopo il Natale: allo stesso modo, nel calendario romano pagano si festeggiava la dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno (che veniva fatto coincidere a suo volta col Sol Invictus che rinasceva, per l’appunto, il 25 dicembre, dando vita al nuovo anno) la rinascita della natura, in vista della primavera.

I dodici giorni rappresentavano a loro volta i dodici mesi dell’anno, pertanto una volta passati questi dodici giorni-mesi simbolici sarebbe rinato l’anno. Il numero dodici è indicativo anche del fatto che questa usanza, per quanto antica, deve essersi rafforzata solo in età imperiale, con l’avvento del calendario giuliano sotto Giulio Cesare, che trasformava il calendario lunare romano fatto di dieci mesi nel nostro moderno calendario giuliano-gregoriano di dodici mesi e 365/366 giorni. In alternativa è possibile che il numero dodici fosse legato alle principali divinità dell’Olimpo, per l’appunto dodici.

I romani credevano che delle figure volanti volassero sui campi coltivati per propiziarne la fertilità; da qui l’origine di una figura femminile volante nella dodicesima notte seguente il solstizio d’inverno/nascita del Sol Invictus.

Tale figura, identificata dapprima con la dea Diana, divinità non solo della caccia ma anche della vegetazione, potrebbe essere ricondotta anche anche a Abundia (dea dell’abbondanza) o Satia (dea della sazietà).

Tuttavia tali credenze, in parti probabilmente considerate anche come “magiche” dal popolo, non potevano che essere condannate dalla Chiesa: il dodicesimo giorno dopo il solstizio-Natale diventò l’Epifania, per mascherare la festa pagana, ma la donna mitica sopravvisse.

L’unica cosa che la Chiesa poté fare fu quella di modificarne sempre più l’aspetto e il carattere, rendendola sempre più una specie di strega, estremamente brutta (caratteristica che non faceva parte della donna romana) e riducendola a una sola figura (e non un’insieme di donne che percorrevano i campi volando e portando fertilità), dotata di uno strumento poco appariscente e logoro, una scopa, per volare. Infine, il termine corrotto di Epifania, Befanìa, diede il nome alla donna mitica.

Inoltre, fino a non molto tempo fa, la tradizione cristiana voleva che portasse soltanto carbone, e ai bambini cattivi: insomma era una punitrice, non una dispensatrice di doni e dolciumi, caratteristica che ha riconquistato col tempo e laicità moderna, riportando parzialmente in vita la sua vera origine di abbondanza.


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L’origine romana della Befana
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