Dopo la morte di Valentiniano III si succedettero rapidamente due imperatori, Petronio Massimo, sotto il quale nel 455 i vandali saccheggiarono Roma (richiamati per ripicca da Licinia Eudossia, moglie di Valentiniano III), e Avito. Quando anche quest’ultimo fu eliminato, divenne imperatore Maggioriano, con l’appoggio del comandante barbaro Ricimero, nel 457.

Flavio Giulio Valerio Maggioriano era nato nel novembre del 420; il nonno materno, anch’egli di nome Maggioriano, era stato uno dei principali comandanti di Teodosio, mentre il padre servì sotto Ezio, dove anch’egli cominciò la sua carriera. Si distinse in battaglia vincendo i franchi a Civitas Turorum (Tours), tanto che poi Valentiniano III gli diede in sposa la figlia Placidia. Sidonio Apollinare racconta maliziosamente che a quel punto Ezio, invidioso, lo fece allontanare.

Per tali motivi Maggioriano si aspettava di diventare Augusto dopo la morte di Valentiniano, ma dovette aspettare un paio d’anni, dopo essersi infine sbarazzato di Avito con l’aiuto di Ricimero. Tuttavia l’imperatore d’oriente Leone I non vedeva di buon occhio Maggioriano, che nominò solo magister militum, così come Ricimero. Ma alla fine cedette; seguendo la politica del suo predecessore Marciano (e anche di Arcadio e Teodosio II), si intromise pochissimo nella politica occidentale, lasciando morire la pars occidentalis (nonostante nel 468 tentò una spedizione per riprendere l’Africa dai vandali, che fallì miseramente), lasciò che ci fosse un imperatore in occidente a vedersela con i barbari.

Maggioriano e Ricimero si volsero dunque alla Gallia, che versava ancora in pessime condizioni, fin dal 406, con la grande migrazione (e ancora peggio dopo il passaggio di Attila), tra l’altro ostile all’imperatore e favorevole ad Avito, che era natio di quelle zone. Maggioriano vinse i visigoti e il loro re Teoderico II dovette venire a patti, restituendo le terre indebitamente occupate e ripristinando lo status di federati.

Politicamente l’imperatore emanò delle novellae contro gli evasori fiscali e a tutela dei più poveri e del clero; tuttavia impose anche che nessuno prima dei quarant’anni potesse prendere i voti. Si cercava così di arginare il fenomeno, che vedeva sempre più giovani, anche di famiglie importanti, dedicarsi a vita clericale o monastica.

Subito dopo cercò di riprendere l’Africa dai vandali; narra Procopio di Cesarea che come una spia si sarebbe infiltrato tra i barbari tingendosi i capelli di nero (li aveva biondissimi). Ma il racconto non è particolarmente attendibile visto che racconta praticamente lo stesso per Marciano (Procopio aveva un particolare amore per le tinture?).

Tuttavia la flotta dell’imperatore venne sconfitta in Spagna da Genserico, forse grazie alla complicità di alcuni romani che passarono informazioni al nemico; Maggioriano dovette dunque riconoscere la Mauretania e la Tripolitania al re barbaro. Era il 459. Ma la sconfitta fece cambiare idea a Ricimero che probabilmente aizzò i suoi uomini contro l’imperatore; il 7 agosto del 461 Maggioriano moriva a Tortona, cinque giorni dopo essere stato deposto. Le fonti pro-Ricimero asseriscono di dissenteria, ma più probabilmente fu lo stesso Ricimero a farlo uccidere e spedire la testa a Roma, ben accolta dal senato che non aveva gradito le sue azioni giuridiche.

«[Maggioriano] superò in ogni virtù tutti coloro che sono stati imperatori dei Romani. […] Maggioriano non mostrò mai la minima esitazione davanti ad alcuna impresa, meno che mai davanti ai pericoli della guerra. […] E i Romani, poggiando la propria certezza sul valore di Maggioriano, già avevano buone speranze di recuperare la Libia per l’impero.»

(Procopio di Cesarea, Guerra vandalica, VII, 4-13)

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