Il 6 ottobre del 105 a.C. alcune tribù barbare provenienti dall’attuale Danimarca, cimbri, teutoni e ambroni, affrontano i romani ad Arausio, nei pressi dell’odierna città francese del sud della Francia di Orange. I romani, circa 80-100.000 uomini divisi in una decina di legioni e un numero imprecisato di ausiliari e cavalieri, comandati dal console Gneo Mallio Massimo e dal proconsole Quinto Servilio Cepione, furono tormentati da dissidi tra i due su chi dovesse comandare effettivamente l’esercito, portando le legioni alla sconfitta (il console avrebbe avuto la precedenza, ma Cepione gli contestava il fatto che fosse un homo novus, mancando della nobiltà di nascita che invece lui aveva).
Mentre Massimo cercava di negoziare con il nemico, molto più numeroso, Cepione, forse geloso di un suo successo, lanciò l’attacco con le sue sole forze, che finirono massacrate, mentre i cimbri piombavano nel suo campo e il proconsole fuggiva. A quel punto anche le forze di Massimo, isolate, furono distrutte. Tito Livio riporta che le perdite romane furono di 80.000 uomini. Si diffuse la leggenda che la sconfitta fosse stata da attribuire al furto dell’oro di Tolosa (Aurum Tolosanum) da parte di Cepione (l’oro sarebbe stato quello sottratto da un’incursione celtica al santuario di Apollo a Delfi).

La riforma di Mario

Gaio Mario

Dopo l’elezione al consolato del 107 a.C., Gaio Mario, che aveva intenzione di porre fine alla Guerra Giugurtina, decise di arruolare anche i capite censi, ossia i proletari che non disponevano di proprietà, poiché il grosso dell’esercito precedentemente in Africa al comando di Metello era impegnato altrove, al comando dell’altro console Lucio Cassio Longino, per affrontare la minaccia dei germani che stavano migrando dal nord, in particolare i cimbri.

Contravvenendo all’organizzazione secolare dell’esercito romano, formato da contadini-soldato, Mario arruolò dunque chiunque, promettendo bottino e paga. Le armi e uno stipendio sarebbero stati forniti dalla repubblica (già Gaio Gracco, nel 123 a.C., aveva fatto approvare una lex militaris, in cui si sanciva che l’equipaggiamento doveva essere fornito dallo stato). L’episodio era già avvenuto prima, in situazioni d’emergenza, ma da allora divenne la norma.

La “riforma” era l’epilogo di una serie di avvenimenti che avevano visto i soldati romani distanti per molto tempo dalle loro terre nel corso del II secolo a.C., quando Roma si espanse in tutto il Mediterraneo. Già Tiberio Gracco e Gaio Gracco avevano provato a ridistribuire le terre ai contadini romani, togliendole ai latifondisti (che se appropriavano, favoriti dai lunghi periodi di lontananza), venendo fortemente ostacolati – e infine uccisi – dall’aristocrazia senatoria, che formava in larga parte i latifondisti che volevano colpire.

La soluzione di Mario risolveva in modo opposto il problema, sostanzialmente permettendo a chiunque di arruolarsi e di sostituire dei contadini-soldati che combattevano per difendere le loro proprietà e la res publica con dei soldati volontari professionisti, che combattevano per il soldo, il bottino e il loro comandante. E infatti proprio nel I secolo a.C. gli eserciti saranno reclutati da grandi figure senatorie e a loro legati, combattendo in numerose guerre civili, finché non uscirà vincitore Ottaviano

Le battaglie di Aquae Sextiae e Campi Raudii

Mario decise di colpire i barbari separatamente. Pertanto attaccò per primi i teutoni nel 102 a.C., varcando le Alpi e raggiungendoli in Provenza, vicino il Rodano, con circa 30.000 uomini, meno di un terzo dei germani. Quest’ultimi cercarono di provocare i romani presentandosi davanti il campo, dietro ordine del re Teutobod, ma Mario evitò di abboccare. Non avendo esperienza di assedi, i teutoni levarono le tende e procedettero verso le Alpi, ma Mario con marce forzate li raggiunse ad Aquae Sextiae. Nacque subito una scaramuccia tra i liguri e gli ambroni che stavano entrambi cercando l’acqua, che si risolse senza vincitori, nonostante i romani fossero arrivati al campo nemico. Mario inviò 3.000 legionari al comando di Claudio Marcello nei boschi vicino il campo barbaro, mentre il giorno seguente schierava l’esercito a battaglia, mandando avanti la cavalleria verso fondo valle. I germani, per evitare che si schierassero le legioni al centro, attaccarono con lo sfavore del terreno, prendendosi il lancio dei pila; i barbari arretrarono e in quel momento Marcello attaccò da dietro, mandando in rotta in rotta i teutoni, che vennero inseguiti fino a notte fonda e sterminati.

Nell’inverno del 102 a.C. i cimbri invasero l’Italia. Il console Lutazio Catulo, che avrebbe dovuto affrontarli, si trovò i barbari addosso prima di poter costruire il campo e decise di ritirarsi, mentre un’altra legione accampata nei pressi dell’Adige, vicino Trento, aveva lo scopo di rallentare l’avanzata dei cimbri. Il tribuno al comando della legione cadde però nel panico quando vide che i barbari, molto superiori di numero, avevano accerchiato il forte romano. Fu allora che un centurione, Cneo Petreio, visto l’immobilismo dei comandanti, decise di uccidere il tribuno per tradimento e di prendere il comando, mentre gli altri tribuni si adeguavano alle decisioni di Petreio. Il quale condusse fuori i legionari, che riuscirono a sfondare lo schieramento nemico e ricongiungersi con Catulo, riuscendo dunque a salvare la sua legione.

Lo scontro decisivo fu ai Campi Raudii, nei pressi di Vercelli, nel 101 a.C., dove Gaio Mario poneva fine alle invasioni di cimbri e teutoni che avevano sconvolto la repubblica negli anni precedenti.I cimbri, desiderosi di battersi, inviarono una delegazione al campo romano per concordare i tempi e il luogo della battaglia, come loro tradizione, e Mario propose la piana dei Campi Raudii, per il 30 luglio (il giorno seguente). La battaglia si svolse dunque nel luogo e nel momento voluto dal comandante romano: la cavalleria romana, superiore, colse di sorpresa nella nebbia quella cimbra, per poi piombare sui fanti che erano stati ingaggiati dai legionari: i nemici non ressero l’urto romano e vennero completamente massacrati. Le fonti romane parlano di cifre enormi per quanto riguarda i caduti cimbri, ovvero oltre 100.000, e quasi altrettanti catturati e ridotti in schiavitù.

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Mario contro cimbri e teutoni
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