Nel corso del secondo dopoguerra assistiamo a un enorme sforzo produttivo per la realizzazione di film, i cosiddetti peplum – spesso con budget e mezzi enormi -, riguardanti l’epoca romana antica. Essi stessi sono la materializzazione di un’idea di Roma che permeava un’epoca (e di riflesso questi film influenzeranno l’idea di Roma Antica degli anni seguenti e in parte tutt’oggi). Ma non solo: erano la valvola di sfogo per rappresentare un nemico – quello nazifascista – appena sconfitto, in modi più sottili e in parte inconsci di quanto non si creda.

Ne è un esempio il film Quo Vadis del 1951, in cui possiamo vedere i cristiani martirizzati nel circo sbranati dalle belve; i romani indossano abiti neri e hanno criniere nere, che rimandano alle camicie nere fasciste o alle SS naziste:

Tutti i film sui romani degli anni ’50 e ’60 del Novecento hanno dunque in comune alcune cose. Su tutte il rappresentare i romani come dei nazisti e i loro avversari – spesso i cristiani – come dei salvatori, ossia degli americani. La stessa Metro Goldwyn Mayer dirà nella conferenza stampa di presentazione di Quo Vadis? che allestire alcune scene era stato complicato come realizzare lo sbarco in Normandia; il riferimento può apparire casuale, ma non lo è affatto.

Perfino film che sono ambientati storicamente prima della nascita di Cristo, come Spartacus, hanno chiari riferimenti alla cristianità e rimandi al conflitto, da poco concluso, tra il nazifascismo e gli alleati. La stessa scena finale di Spartacus, che muore sulla croce, con Varinia alla sua base e il figlio in braccia, rimanda ad un’iconografia prettamente cristiana.

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Quo Vadis?

Ciò è evidente in Quo Vadis? del 1951: Nerone, interpretato da Peter Ustinov, non solo indossa una toga nera trapuntata d’aquile durante la scena dell’incendio di Roma (e il prefetto al pretorio Tigellino è sempre con una corazza e una tunica nera), possiede un forte accento scozzese tipico dell’attore, mentre il protagonista, Robert Taylor ha un accento americano.

Insomma, il dispotismo potrà anche essere di lingua inglese, ma appartiene all’Europa, non agli Stati Uniti d’America. E’ un dettaglio sottile, ma dal significato molto profondo.

Ben Hur

Il tema del bianco e nero ritorna in altre produzioni: ad esempio in Ben Hur Charlton Heston, che interpreta il principe ebraico, durante la famosa corsa dei carri nel circo indossa dei vestiti chiari e guida una quadriga trainata da quattro cavalli bianchi, mentre il suo avversario e ex amico Messalla, Sthepen Boyd, è vestito dalla testa ai piedi di nero ed ha quattro cavalli neri.

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Fine di un genere

Partendo da questi presupposti e dettagli è evidente come il metro di paragone, quantomeno visivo (ma anche contenutistico per molti versi) di queste produzioni americane post belliche è quello di assimilare, fin dalla componente visiva, il romano con il nazista.

Tale comparazione sparisce, quasi bruscamente, quando dopo La caduta dell’impero romano, nel 1964, il genere peplum esce rapidamente di scena: le spese folli per produrre Cleopatra e l’inizio di una diffusa mancanza di interesse per produzioni sempre più simili a se stesse fecero virare l’industria cinematografica americana verso nuovi tipi di produzioni ad alto budget.

Ciò che resterà, da un genere cinematografico di enorme diffusione ed economicamente estremamente importante, sono i messaggi e le immagini di un’epoca antica, raffigurata spesso approssimativamente, creando così danni di lunga durata.


I film:




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