Pupieno

«Uccisi che furono in Africa Gordiano il vecchio ed il figlio, mentre Massimino furente marciava alla volta dell’Urbe, per vendicarsi della proclamazione dei Gordiani quali Augusti, il senato, in preda al terrore, si riunì in tutta fretta nel tempio della Concordia il 7 di giugno, durante le feste in onore di Apollo, alla ricerca di un rimedio contro il furore di quell’uomo scellerato. Essendo entrati nella curia due ex consoli e uomini di grande prestigio, Massimo e Balbino (da parte di molti storici non si fa menzione di Massimo, ma al suo posto viene citato il nome di Pupieno, mentre sia Dexippo che Arriano affermano che dopo i Gordiani furono eletti, per opporsi a Massimino, Massimo e Balbino), l’uno famoso per la sua bontà, e l’altro per la sua virtù e austerità, mostrando particolarmente nell’espressione del volto l’apprensione per l’arrivo di Massimino, quando il console prese ad esporre le altre questioni, colui cui toccava di parlare per primo, cominciò a dire: «Vi preoccupate di roba di poco conto: in un momento esplosivo noi stiamo a trattare nella curia di cose quasi degne di vecchierelle. Che bisogno c’è infatti di discutere del restauro dei templi, dell’addobbo della basilica, delle terme di Tito, del completamento dell’Anfiteatro, mentre è alle porte quel Massimino che voi assieme a me avete in passato dichiarato nemico pubblico, e i due Gordiani, che avevano costituito la nostra difesa, sono stati uccisi, né al presente possiamo contare su alcun aiuto, che ci permetta almeno di prendere fiato? Orsù dunque, o senatori, nominate degli imperatori. Perché indugiate? Ché non abbiate a soccombere nello spavento piuttosto che in una valorosa resistenza, mentre uno dopo l’altro vi abbandonate al terrore». Un silenzio generale seguì a queste parole; e mentre Massimo, che era di età veneranda ed eminente per i suoi meriti, il suo valore e la sua fermezza, aveva cominciato ad esporre il suo parere, secondo il quale si dovevano nominare due imperatori, Vezzio Sabino, della famiglia degli Ulpi, chiese al console il permesso di intervenire a parlare, e così esordì: «So, o senatori, che in tempo di rivolgimenti politici occorre vi sia la fermezza di prendere decisioni immediate, non di soffermarsi a studiarle, e anzi bisogna mettere da parte i fiumi di parole e le opinioni personali, quando gli eventi incalzano da vicino. Ciascuno si preoccupi della sua testa, pensi alla moglie e ai figli, ai beni paterni e aviti: su tutto ciò incombe minaccioso Massimino, un uomo di sua natura forsennato, truculento, sanguinario, reso poi ancor più feroce da un motivo, dal suo punto di vista, pienamente giusto. Egli, con le truppe in ordine di battaglia, posti ovunque degli accampamenti, punta sulla città, mentre voi perdete il giorno fra sedute e consultazioni. Non v’è bisogno di lunghi discorsi: bisogna nominare un imperatore, anzi bisogna nominare due imperatori, uno che si occupi degli affari interni, e un altro della guerra, uno che stia a Roma e l’altro che marci con l’esercito contro quei masnadieri. Io farò il nome di due possibili imperatori, voi approvate, se siete d’accordo; se no, indicatene due migliori: io dico dunque Massimo e Balbino, dei quali l’uno è tanto valente in guerra da avere, con lo splendore del suo valore, riscattato le sue origini non nobili, l’altro è così illustre nella nobiltà della sua stirpe, da risultare prezioso per lo Stato, e per la sua mitezza di costumi e per la sua rettitudine di vita, che ha sempre mantenuto sin dall’infanzia, dedicandosi agli studi e alle lettere. Eccovi dunque la mia proposta, o senatori, forse più pericolosa per me che per voi, anche se neppure voi potete stare del tutto tranquilli, se non eleggerete – questi o altri – degli imperatori». Dopo il suo discorso, fu acclamato a una voce: «È opportuno, è giusto. Tutti siamo d’accordo con la proposta di Sabino. Massimo e Balbino Augusti, gli dèi vi salvino. Gli dèi vi hanno fatti imperatori, gli dèi vi conservino. Difendete il senato da quei briganti, a voi affidiamo la guerra contro quei briganti. Il nemico pubblico Massimino muoia assieme a suo figlio, perseguite il nemico pubblico. Fortunati voi per il giudizio del senato, fortunato lo Stato per il vostro impero. Ciò che il senato vi ha affidato, compitelo valorosamente; ciò che il senato vi ha affidato, accettatelo di buon grado». Con queste e altre acclamazioni Massimo e Balbino furono nominati imperatori. Usciti dunque dal senato, prima di tutto salirono al Campidoglio e celebrarono un sacrificio. Poi convocarono il popolo ai rostri. Lì, dopo che ebbero tenuto un discorso, comunicando le decisioni del senato e la loro elezione, la gente e i soldati che per avventura erano convenuti, acclamarono: «Chiediamo tutti Gordiano quale Cesare». Questi era il nipote di Gordiano il vecchio, nato dal figlio di lui, che era stato ucciso in Africa, che aveva allora, come affermano i più, tredici anni. Subito egli fu preso e, con un nuovo genere di decreto senatorio – dato che in quel medesimo giorno era stato promulgato un senatoconsulto –, venne introdotto nella curia e ivi proclamato Cesare.»

(Historia Augusta, Pupieno e Balbino, 1,1 – 3,5)

La sconfitta di Gordiano a opera di Capelliano gettò nello sconforto il senato romano, che lo aveva appoggiato contro Massimino; fu allora che decise di istituire una commissione di venti uomini per la difesa della res publica (viginti viri ex senatu consulto rei publicae curandae) e di nominare imperatori due senatori, Pupieno e Balbino. Il primo avrebbe avuto natali pochi nobili e fatto carriera nell’esercito, per poi diventare senatore, mentre il secondo sarebbe stato di famiglia consolare.

Inoltre, dopo aver ricevuto tutti i poteri imperiali (compreso il pontificato massimo, che fu sdoppiato), dietro pressione del popolo romano furono costretti ad adottare il nipote di Gordiano, il tredicenne Gordiano III. Poco dopo Pupieno, abile nelle armi, partì per affrontare Massimino, mentre Balbino emanava editti a destra e a manca, che restavano però spesso disattesi; infatti i pretoriani non gradivano particolarmente questi imperatori.

Balbino

Dopo la morte di Massimino ad Aquileia i pretoriani decisero di passare all’azione, mal sopportando i due principi troppo filosenatori, temendo anche che volessero scogliere le coorti pretorie. Con l’inganno li misero l’uno contro l’altro, e irruppero nel palazzo. Quando tuttavia Pupieno chiese di mandare soldati a Balbino questi credette che volesse eliminarlo. Così i pretoriani ebbero gioco facile sui due imperatori che furono portati via prima dell’arrivo della guardia germanica, e massacrati. Erano stati imperatori solo i primi mesi del 238; Gordiano III venne acclamato imperatore al loro posto dai pretoriani:

«Balbino e Massimo, dal canto loro, governavano la città con grande moderazione, fra la soddisfazione del senato e del popolo; mostravano grande deferenza nei confronti del senato; promulgavano ottime leggi, amministravano la giustizia con equilibrio, studiavano eccellenti piani strategici. Ed essendo già stato disposto che Massimo partisse per una campagna contro i Parti e Balbino contro i Germani, mentre il giovinetto Gordiano avrebbe dovuto rimanere a Roma, i soldati, che andavano cercando l’occasione per uccidere i due principi, non riuscendo in un primo tempo a trovarla, giacché Massimo e Balbino erano protetti da un corpo di guardie germaniche, divenivano ogni giorno più minacciosi. C’erano in verità degli attriti fra Balbino e Massimo – ma covati in silenzio, e che si potevano più intuire che notare apertamente –, giacché Balbino disprezzava Massimo come uomo di basse origini, e Massimo a sua volta scherniva Balbino per la sua debolezza. Ciò finì per offrire ai soldati l’occasione buona, ché essi si resero conto di come si sarebbero potuti sopprimere facilmente i due imperatori in discordia fra loro. Fu così che, in occasione della rappresentazione di alcuni spettacoli teatrali, approfittando del fatto che gran parte dei militari e del personale di corte erano impegnati e gli imperatori erano rimasti soli a Palazzo con le guardie germaniche, li attaccarono. Nel mezzo dell’assalto dei soldati, non appena fu comunicato a Massimo che non c’era speranza di scampare ai pericoli di quel tumulto se non si mandava a chiedere l’aiuto dei Germani – e quelli, per avventura, si trovavano in un’altra parte del Palazzo assieme a Balbino –, egli inviò un messaggio a Balbino chiedendogli di mandargli in soccorso dei rinforzi. Ma quello, sospettando che li chiedesse per poi servirsene contro di lui, dato che era convinto che aspirasse a detenere lui solo il potere, dapprima tergiversò, poi venne ad aperta lite con lui. Mentre essi erano impegnati in questo alterco, sopraggiunsero i soldati, e, spogliatili entrambi delle loro vesti regali, li condussero fuori del Palazzo coprendoli di insulti; e, dopo averli riempiti di ferite, avrebbero voluto trascinarli attraverso la città sino all’accampamento. Ma quando seppero che i Germani stavano sopraggiungendo in loro difesa, li uccisero entrambi e li lasciarono in mezzo alla strada. Frattanto Gordiano Cesare fu sollevato in trionfo dalle truppe e proclamato imperatore, cioè Augusto – giacché non v’era al momento alcun altro da poter scegliere –: e, lanciando insulti all’indirizzo del senato e del popolo, i soldati si ritirarono immediatamente negli accampamenti. I Germani dal canto loro, per non dover combattere ormai senza motivo, una volta che i loro imperatori erano stati uccisi, ripararono fuori della città, dove avevano i loro compagni.»


(Historia Augusta, Pupieno e Balbino, 13,4 – 14,8)

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