Marco Claudio Tacito era un ricchissimo senatore (dal patrimonio di 280 milioni di sesterzi), nato attorno al 200 a Interamna Nahars (Terni); alla morte di Aureliano l’impero rimase pare per mesi senza imperatore, nel 275. Infatti l’esercito, turbato dalla sua morte, chiese al senato di scegliere un principe, ma non si riusciva a venire ad un accordo, con le due parti che si rimpallavano la scelta.

Infine il senato elesse il consolare Tacito, che per l’anzianità (aveva circa 70 anni), era tra i primi a parlare. Lui stesso avrebbe vantato una discendenza con il famoso senatore e storico del I secolo, ma il suo gentilizio tradirebbe un’origine differente (il suo presunto antenato si chiamava infatti Cornelio Tacito). Zosimo aggiunge alla storia narrata dall’Historia Augusta che si trovava a Baia alla morte di Aureliano e che il senato lo aveva richiamato; durante l’assemblea in cui si decideva il futuro dell’impero venne eletto imperatore:

«Dunque – cosa rara e difficile – il senato e il popolo romano sopportarono che lo Stato rimanesse per sei mesi senza imperatore, mentre se ne cercava uno degno. Quale armonia regnava allora nell’esercito! Quanta pace nel popolo! Quale peso aveva l’autorità del senato! Da nessuna parte ebbero a comparire usurpatori, e il mondo intero fu governato dalla volontà concorde del senato, dell’esercito e del popolo romano; non era il timore di alcun sovrano che li faceva operare rettamente, né la potestà tribunizia, ma – quella che nella vita è la migliore norma – il rispetto di se stessi. […] dopo che dunque Aureliano era stato ucciso – come si è detto nel libro precedente – per l’astuto tradimento di un perfido servo e per un errore dei soldati (ché essi dànno grande credito a qualunque tipo di diceria, solo che abbiano ad ascoltarla mentre sono in preda all’ira, per lo più ubriachi, e comunque quasi sempre incapaci di una riflessione propria), una volta che tutti i colpevoli furono ritornati in sé e che l’esercito li ebbe sconfessati con sdegno, si cominciò a cercare se mai qualcuno sarebbe dovuto diventare fra tutti il nuovo imperatore. Allora l’esercito, che pure era solito creare gli imperatori sul momento, avendo in odio quanti erano lì presenti, mandò al senato la lettera di cui si è già detto al libro precedente, chiedendo che eleggesse un imperatore scelto dal proprio ordine. Ma il senato, sapendo che i soldati non vedevano di buon occhio gli imperatori da esso scelti, rimise la nomina nelle mani dell’esercito, e col ripetersi più volte di questa procedura, passarono sei mesi. È comunque interessante sapere in qual modo si giunse all’elezione di Tacito ad imperatore: Il 25 settembre, essendosi riunito l’illustrissimo ordine nella Curia Pompiliana, il console Velio Cornificio Gordiano disse: «Ritorno, o senatori, sulla proposta che già più volte ho avanzato: bisogna procedere alla scelta di un imperatore, perché l’esercito non può mantenersi efficiente molto a lungo senza un comandante e perché nello stesso tempo la situazione di necessità lo esige. Ché, a quanto si dice, i Germani avrebbero fatto irruzione attraverso il confine transrenano, occupando città forti, famose, ricche e potenti. E anche se non si annunciano ancora movimenti sul fronte persiano, tenete a mente che i Siri hanno un carattere così volubile da preferire persino il regno di una donna piuttosto che sottomettersi al nostro governo integerrimo. Che dire dell’Africa? Che dire dell’Illirico? Che dire dell’Egitto e degli eserciti di tutte quelle regioni? Fino a quando pensiamo che si possa resistere saldamente senza un principe? Perciò decidetevi, o senatori, e nominate un imperatore. Infatti o l’esercito accetterà quello che avrete scelto, o, se lo rifiuterà, sarà esso a nominarne un altro». Dopo di ciò, mentre Tacito, che era l’ex console con priorità di parola, aveva intenzione di esprimere un suo parere – non è ben certo quale –, tutto il senato acclamò: «Tacito Augusto, gli dèi ti salvino! Te scegliamo, te eleggiamo nostro principe, a te affidiamo la cura dello Stato e del mondo. Accetta l’impero dall’autorità del senato: è dovuto al tuo rango, alla tua condotta di vita, ai tuoi nobili sentimenti ciò che hai meritato. È giusto che sia nominato Augusto il primo del senato, è giusto che sia nominato imperatore l’uomo che ha diritto di parlare prima degli altri. Chi mai può governare meglio di un uomo di autorità? Chi mai può governare meglio di un uomo colto? E – possa essere vantaggioso, di buon auspicio e proficuo – tu sei stato a lungo un privato cittadino: tu che hai dovuto stare sottomesso ad altri imperatori, sai in qual modo devi governare; tu, che hai avuto modo di giudicare di altri imperatori, sai in qual modo devi governare». Ma egli rispose: «Mi meraviglio, o senatori, che voi vogliate eleggere imperatore, al posto di un valorosissimo imperatore come Aureliano, un vecchio. [6] Ecco qua le membra che dovrebbero essere in grado di scagliare frecce, lanciare aste, far rimbombare gli scudi, andare spesso a cavallo per dare l’esempio e istruire i soldati! A stento riesco ad adempiere ai miei impegni di senatore, faccio fatica ad esprimere a voce, come la carica esige, le mie opinioni. Considerate con più attenzione quale età ha l’uomo che dall’oscurità della sua stanza volete mandare allo sbaraglio fra geli e calure. E credete poi che i soldati accetteranno un imperatore vecchio? [8] Badate di non dare allo Stato un imperatore diverso da quello che realmente desiderate, e che questa vostra elezione unanime non cominci ad arrecarmi soltanto danno». Dopo di ciò, il senato levò le seguenti acclamazioni: «Anche Traiano arrivò vecchio all’impero!» (ripetuto dieci volte). «Anche Adriano arrivò vecchio all’impero!» (ripetuto dieci volte). «Anche Antonino arrivò vecchio all’impero!» (ripetuto dieci volte). «Anche tu hai letto: ‘… la bianca barba del re di Roma’» (ripetuto dieci volte). «Chi mai meglio di un vecchio può governare ?» (ripetuto dieci volte). «Noi ti nominiamo imperatore, non soldato» (ripetuto venti volte). «Tu comanda, e i soldati combattano!» (ripetuto trenta volte). «Tu hai saggezza e un ottimo fratello» (ripetuto dieci volte). «Severo disse che è la testa a comandare, non i piedi» (ripetuto trenta volte). «È la tua mente che eleggiamo, non il tuo corpo» (ripetuto venti volte). «Tacito Augusto, gli dèi ti salvino!», e poi: «Tutti, tutti, tutti lo vogliamo».

(Historia Augusta, Tacito, 2,1 – 5,2)

Tuttavia Tacito dovette affrontare subito le invasioni di franchi, alemanni e lugi, che saccheggiarono la Gallia, mentre i goti si spinsero in Cilicia, adducendo come motivazione che Aureliano aveva richiesto il loro aiuto. Ignorando apparentemente la questione gallica Tacito si diresse quindi a oriente insieme al fratellastro Floriano, suo prefetto al pretorio, ma in Cappadocia, a Tyana, morì già nel 276, dopo meno di un anno di impero.

Non è chiaro se venne assassinato o fu una febbre. L’imperatore scelto dal senato, che avrebbe restituito la res publica alle sue tradizioni, con il senato ad eleggere il proprio princeps, era solo una stella passeggera. Il suo successore, Probo, sarà ancora una volta un militare di professione eletto dall’esercito:

«Il suo tenore di vita era molto frugale, a tal punto che in un intero giorno non beveva mai neppure un sestario di vino e spesso gliene bastava una metà. Il suo pasto si riduceva a un pollo, con l’aggiunta di cervella e uova. Fra tutti gli ortaggi, quello di cui faceva scorpacciate senza ritegno, facendosene servire in abbondanza, erano le lattughe, affermando infatti che con questa spesa smodata si comprava il sonno. Era amante dei cibi piuttosto amari. Faceva il bagno di rado, e così, anche in vecchiaia, era sempre in ottima forma. Aveva una grande passione per gli oggetti di cristallo variamente lavorati. Non mangiava mai pane se non secco, con sale e altri condimenti. Aveva grande esperienza nel campo dell’edilizia, gli piacevano i marmi, vestiva con l’eleganza degna di un senatore, era appassionato della caccia. Sulla sua mensa non faceva mai servire in abbondanza se non cibi campestri. Il fagiano lo riservava unicamente al giorno del suo compleanno o di quello dei suoi famigliari, nonché ai giorni di grande festa. Riportava sempre a casa le carni delle vittime da lui fatte sacrificare, facendole consumare ai suoi famigliari. Non permetteva a sua moglie di portare gioielli. Proibì inoltre l’uso di vesti orlate d’oro. Si dice anzi che fosse stato proprio lui a suggerire ad Aureliano di vietare l’uso dell’oro negli abiti, nei soffitti e nelle vesti di cuoio. Molti particolari si narrano di lui, ma sarebbe troppo lungo riportarli qui. Ché se poi qualcuno desidera sapere tutto di quest’uomo, si legga Svetonio Optaziano, che ha scritto la sua biografìa con dovizia di dettagli. Pur vecchio, egli riusciva a leggere, fra lo stupore generale, testi scritti in caratteri minutissimi e non lasciava passare mai notte senza scrivere o leggere qualcosa, ad eccezione del giorno successivo al primo del mese. E non bisogna tacere, anzi occorre dare larga risonanza al fatto che il senato fu tanto lieto che l’elezione dell’imperatore fosse stata nuovamente affidata all’illustrissimo ordine, che decretò cerimonie di ringraziamento, promise una ecatombe, e inoltre ciascun senatore informò per iscritto i suoi parenti, né soltanto questi, ma anche i conoscenti di fuori, e vennero anche inviati messaggi alle province: tutti gli alleati e tutti i popoli dovevano sapere che lo Stato era tornato alla sua antica costituzione, e che ora era il senato ad eleggere gli imperatori, anzi il senato stesso era diventato il vero sovrano, e ad esso bisognava rivolgersi per avere nuove leggi, ad esso avrebbero indirizzato le loro suppliche i re barbari, e pace e guerre sarebbero dipese dalla sua iniziativa. Inoltre, per completezza di informazione, ho riportato alla fine del libro numerose lettere di questo tipo, che saranno lette, credo, con interesse, senza provocare noia. Prima sua preoccupazione non appena eletto imperatore fu di mettere a morte tutti coloro che avevano partecipato all’uccisione di Aureliano, buoni o malvagi che fossero, sebbene egli fosse già stato vendicato. E poiché molti barbari avevano fatto irruzione dal territorio della Meotide, con la diplomazia non meno che con il suo valore li costrinse a ritirarsi. I Meotidi si andavano radunando col pretesto di essere stati convocati da Aureliano per la campagna di Persia, allo scopo di fornire aiuto ai nostri, se si fosse reso necessario. M. Tullio afferma che dà più lustro raccontare come uno ha esercitato il suo consolato, che non come lo ha ottenuto: ma nel caso di quest’uomo fu grande proprio il fatto che ottenne l’impero in modo tanto glorioso; nessuna grande impresa poté invece compiere, per via della brevità del suo impero. Infatti al suo sesto mese di regno fu ucciso, stando a quanto sostengono alcuni, per un attentato ordito contro di lui dai soldati, mentre secondo altri morì di malattia. È certo tuttavia che sotto l’incalzare degli intrighi di parte le sue facoltà di mente e d’animo vennero meno. Dispose che il mese di settembre venisse chiamato Tacito, poiché in quel mese egli era nato ed era stato fatto imperatore.»

(Historia Augusta, Tacito, 11,1 – 13,6)

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