La tragica fine di Valente ad Adrianopoli

La tragica fine di Valente ad Adrianopoli

«Al primo scendere delle tenebre, l’imperatore — così almeno si poteva supporre in quanto nessuno dichiarò d’averlo visto o di essersi trovato presente — cadde fra i soldati colpito mortalmente da una freccia e subito spirò. […] Altri dicono che Valente non sia morto subito, ma che, trasportato con alcune guardie del corpo e pochi eunuchi nei pressi di una casetta di campagna che aveva un secondo piano ben fortificato, mentre veniva curato da mani inesperte, sia stato circondato dai nemici, i quali ignoravano chi fosse, e sia sfuggito al disonore della prigionia. Infatti, poiché gli inseguitori avevano tentato di sfondare le porte che erano sbarrate, venivano attaccati dalla parte elevata della casa per cui, per non perdere l’occasione di saccheggiare a causa di un indugio da cui non avrebbero potuto liberarsi, raccolti fasci di paglia e legna, diedero loro fuoco e bruciarono l’edificio con quanti vi si trovavano. Una delle guardie del corpo, balzata dalla finestra, fu catturata dai barbari e narrò quant’era accaduto, il che li rattristò in quanto si videro privati di una grande gloria poiché non avevano preso vivo il capo dello stato romano.»
(AMMIANO MARCELLINO, STORIE, XXXI, 13, 8-16)

I barbari nell’impero romano

I barbari nell’impero romano

I barbari avevano cominciato a premere lungo i confini del Reno e del Danubio per la prima volta al tempo di Marco Aurelio, pressati da altre popolazioni germaniche orientali e settentrionali. Ma fu solo dopo la sconfitta di Adrianopoli nel 378 che non fu possibile contenerli. Nei due secoli precedenti i romani si servirono di loro per coltivare la terra, fare i soldati e riscuotere tasse, facendone dei cittadini romani.