Il testamento e il funerale di Giulio Cesare

Il testamento e il funerale di Giulio Cesare

«La toga pretesta di Giulio Cesare, sporca di sangue, che fu mostrata durante il suo corteo funebre, fece infuriare il popolo romano: si sapeva che era stato ucciso, perché il suo cadavere era stato collocato sul catafalco, ma quella veste fradicia di sangue fece vedere con tale evidenza l’immagine del delitto che sembrava che Cesare non fosse stato ucciso, ma lo si stesse uccidendo proprio in quel preciso momento.»

(QUINT. INST. VI, 1, 31)

Vespasiano: un imperatore muore in piedi

Vespasiano: un imperatore muore in piedi

“Al primo attacco della malattia: «Ahimè», disse, «credo che sto diventando un dio». […] continuava a compiere, come al solito, i suoi doveri d’imperatore, tanto da ricevere le legazioni perfino mentre stava a letto. Ma, quando un improvviso attacco di diarrea lo ridusse allo stremo, disse che «un imperatore doveva morire in piedi»; e, mentre si sforzava di alzarsi, spirò tra le braccia di quelli che lo sostenevano” (Svetonio, vita di Vespasiano 23-24)

L’assassinio di Commodo – la fine degli Antonini

L’assassinio di Commodo – la fine degli Antonini

«Morì, o piuttosto fu ucciso, non molto tempo dopo. Leto ed Ecletto, infatti, in parte sdegnati contro di lui per ciò che faceva, in parte intimoriti (egli li minacciava perché cercavano di distoglierlo dalle sue stravaganze), ordirono una congiura ai suoi danni. Commodo aveva deciso di mandare a morte entrambi i consoli, Erucio Claro e Sossio Falcone e, nel primo giorno dell’anno, di uscire dal quartiere in cui vivono i gladiatori con la carica di console e insieme di secutor: difatti aveva il suo primo domicilio presso i gladiatori, proprio come se fosse uno di loro…» (Cassio Dione, Storia Romana, 73,22)

Le assemblee romane – i comizi e il senato

Le assemblee romane – i comizi e il senato

«Quando si esprime un voto secondo le stirpi degli uomini, si hanno i comizi “curiati”; quando [si vota] secondo il censo e l’età, [si hanno i comizi] “centuriati”; quando [si vota] secondo la regioni e i luoghi, [si hanno i comizi] “tributi”» (Aulo Gellio, Noctes Atticae XV, 27, 5)

La popolazione romana era divisa in classi censitarie. La prima classe doveva garantire un patrimonio pari a 100.000 assi, la seconda di 75.000, la terza di 50.000, la quarta di 25.000, la quinta di 12.500. Si continuava poi con i proletarii o capite censi. Nei comizi ogni classe venne divisa in centurie per un totale finale di 193, di cui la prima classe forniva 80 centurie di fanti e 18 erano di cavalieri: ciò significava che i più ricchi decidevano sempre le sorti dell’assemblea, dato anche il fatto che la votazione andava per ordine di classe.

La dittatura di Cornelio Silla

La dittatura di Cornelio Silla

“Le grida di tanti uomini, che venivano scannati in uno spazio limitato, arrivavano naturalmente alle orecchie dei senatori, che rimasero sgomenti, ma lui, con volto impassibile e calmo, proseguiva il suo discorso invitandoli a prestare attenzione e a disinteressarsi di quanto succedeva all’esterno: si trattava solo di alcuni criminali che venivano puniti su suo ordine. Anche il più sprovveduto dei Romani pensò che in quel momento la tirannide non era finita, ma aveva solo mutato volto.” (PLUTARCO, VITA DI SILLA, 29-30)

La battaglia di Azio e la nascita del Principato

La battaglia di Azio e la nascita del Principato

«I soldati di Antonio, anche una volta privati del loro capo, si ostinarono a combattere a lungo da valorosi e, disperando della vittoria, si lottava ormai per la morte. Ottaviano Cesare, desideroso di accattivarsi con le parole chi poteva togliere di mezzo col ferro, gridando in continuazione e mostrando che Antonio era fuggito chiedeva per chi e con chi combattessero. Ma quelli, avendo combattuto a lungo con un comandante assente, abbassate sommessi le armi cedettero la vittoria, e Ottaviano Cesare promise vita e perdono ancor prima che pensassero ad implorarli; fu evidente che i soldati fecero la parte di un valorosissimo comandante, i il comandante quella di un codardissimo soldato, al punto che potresti domandarti se avrebbe moderato la vittoria a suo piacimento o ad arbitrio di Cleopatra poichè si volse in fuga dietro una decisione di lei.» (Velleio Patercolo, Storia Romana II, 85)

La tragica fine di Valente ad Adrianopoli

La tragica fine di Valente ad Adrianopoli

«Al primo scendere delle tenebre, l’imperatore — così almeno si poteva supporre in quanto nessuno dichiarò d’averlo visto o di essersi trovato presente — cadde fra i soldati colpito mortalmente da una freccia e subito spirò. […] Altri dicono che Valente non sia morto subito, ma che, trasportato con alcune guardie del corpo e pochi eunuchi nei pressi di una casetta di campagna che aveva un secondo piano ben fortificato, mentre veniva curato da mani inesperte, sia stato circondato dai nemici, i quali ignoravano chi fosse, e sia sfuggito al disonore della prigionia. Infatti, poiché gli inseguitori avevano tentato di sfondare le porte che erano sbarrate, venivano attaccati dalla parte elevata della casa per cui, per non perdere l’occasione di saccheggiare a causa di un indugio da cui non avrebbero potuto liberarsi, raccolti fasci di paglia e legna, diedero loro fuoco e bruciarono l’edificio con quanti vi si trovavano. Una delle guardie del corpo, balzata dalla finestra, fu catturata dai barbari e narrò quant’era accaduto, il che li rattristò in quanto si videro privati di una grande gloria poiché non avevano preso vivo il capo dello stato romano.»
(AMMIANO MARCELLINO, STORIE, XXXI, 13, 8-16)