Lo strepitoso trionfo romano di Caer Caradoc

Lo strepitoso trionfo romano di Caer Caradoc

“Allora sfilarono i vassalli del re recando le fàlere, i collari e tutte le spoglie che egli aveva conquistato nelle guerre con i re stranieri, poi il fratello, la moglie e la figlia e infine fu esposto allo sguardo lui stesso. Tutti gli altri pronunciarono suppliche ignobili, mossi da terrore, ma non Carataco; non piegò la fronte, non chiese pietà, ma come fu al cospetto della tribuna imperiale così parlò: 37. «Se nella buona sorte avessi avuto tanta moderazione quanto ho avuto di nobiltà e di fortuna, sarei venuto in questa città da amico e non da prigioniero e tu non avresti avuto a sdegno di accogliere in pace e in alleanza un uomo di nobile lignaggio, signore di molti popoli. La mia sorte attuale è tanto umiliante per me quanto splendida per te. Ho avuto cavalli, uomini, armi: c’è forse da meravigliarsi se non volevo perderli? E poi, se voi pretendete di dominare su tutti, ne consegue che tutti accettino di servire? Se fossi trascinato davanti a te senza aver opposto resistenza, né la mia sorte né la tua gloria avrebbero acquistato splendore; al mio supplizio seguirebbe l’oblio; ma se mi lascerai vivere, sarò per sempre un esempio della tua clemenza». A queste parole, Cesare concesse il perdono a lui, alla moglie, al fratello; ed essi, sciolte le catene, espressero gli stessi elogi e gratitudine al principe e ad Agrippina, che si trovava non lontano su un’altra tribuna.” (TACITO, ANNALI, XII, 36-37)

Romolo e Furio Camillo: i due fondatori di Roma

Romolo e Furio Camillo: i due fondatori di Roma

«Furono poi vinti (i galli di Brenno), sempre sotto la guida e gli auspici di Camillo, in una seconda battaglia più regolare, a otto miglia da Roma sulla via di Gabi, dove si erano raccolti dopo la fuga. Qui la strage fu generale: furono presi gli accampamenti, e non sopravvisse neppure uno che potesse recare la notizia della disfatta. Il dittatore ritolta la patria ai nemici tornò trionfando in città, e fra i rozzi canti scherzosi, che i soldati sogliono improvvisare in tali occasioni, fu chiamato Romolo, padre della patria e secondo fondatore di Roma, con lodi non immeritate. Dopo aver salvata la patria in guerra la salvò poi sicuramente una seconda volta in pace, quando impedì che si emigrasse a Veio, mentre i tribuni avevano ripreso con maggior accanimento la loro proposta dopo l’incendio della città, ed anche la plebe era di per sé più incline a quell’idea. Questa fu la causa per cui non abdicò alla dittatura dopo il trionfo, poiché il senato lo scongiurava di non abbandonare la repubblica in un momento difficile.» (TITO LIVIO, AB URBE CONDITA, V, 49, 1- 9)

La fondazione di Roma

La fondazione di Roma

« Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, interrogati mediante aruspici, chi avrebbe dato il nome alla città e chi vi avrebbe regnato. Per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi dodici quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re entrambi. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dallo scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ucciso aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s’impossessò del potere e la città prese il nome del suo fondatore. »

Galba e l’invenzione del principio dell’adozione

Galba e l’invenzione del principio dell’adozione

«Alle sue parole non seguirono né doni né lusinghe. Tuttavia i tribuni, i centurioni e i soldati più vicini risposero acclamandolo. Gli altri, però, erano mesti e silenziosi perché avevano perso, con la guerra alle porte, dei donativi che si davano perfino in tempo di pace. Eppure quel vecchio troppo parsimonioso avrebbe potuto conciliarsi gli animi anche con una gratifica di minima entità. Gli fu fatale il severo rigore di stampo antico, che ormai male si concilia con la nostra epoca.» (TACITO, HISTORIAE, I, 18)

La prima guerra mitridatica

La prima guerra mitridatica

L’espansionismo di Mitridate fu bloccato dal valore di Silla in due vittorie schiaccianti per i romani, a Cheronea e Orcomeno.

«Allora #Silla scese da cavallo, afferrò un’insegna e si aprì un varco attraverso i fuggitivi in direzione del nemico, gridando: “Possa avere io, o Romani, una morte onorevole qui, ma voi, quando vi chiederanno dove avete abbandonato il vostro comandante ricordatevi di dire loro: a Orcomeno”.»