“Non con l’oro ma col ferro si deve salvare la patria”. Così tuonava il dittatore Marco Furio Camillo nei confronti dei romani che stavano comprando la pace dai galli che assediavano Roma, stando allo storico di età augustea Tito Livio.
Quando le oche salvarono Roma
“Li sentirono però le oche sacre a Giunone, che erano state risparmiate pur nella grande penuria di cibo. Questo fatto salvò i Romani; infatti destato dai loro schiamazzi e dallo sbattere delle ali Marco Manlio, che tre anni prima era stato console, uomo valoroso in guerra, afferrate le armi e insieme chiamando alle armi i compagni si fece avanti, e mentre gli altri erano presi dalla trepidazione, gettò giù urtandolo con lo scudo un Gallo che già aveva raggiunta la sommità.” (TITO LIVIO, AB URBE CONDITA, V, 47)
Non auro sed ferro patria recuperanda est
Durante l’assedio di Roma i romani decisero di pagare i galli per lasciare la città, ma Brenno truccò la bilancia pronunciando la frase “vae victis”, “guai ai vinti”. Fu allora che arrivò Marco Furio Camillo, nominato dittatore in assenza e pronunciò la frase “non auro sed ferro patria recuperanda est”.
La battaglia dell’Allia
Il 18 luglio 390 a.C. i galli infliggevano una delle più terribili sconfitte ai romani presso il fiume Allia. La data da allora fu ricordata come infausta.
Vae Victis – il sacco di Roma di Brenno
Nel 390 a.C. Roma cadeva per la prima volta per mano dei barbari, i galli di Brenno, il quale in questa occasione avrebbe pronunciato la frase “vae victis”.