Alla morte di Onorio il senato elesse imperatore il primicerius notariorum Giovanni (detto primicerius). Tollerante verso tutte le religioni, dietro pressione di Teodosio II (Augusto d’oriente), cugino di Valentiniano III (figlio di Flavio Costanzo e Gallia Placidia, sorella di Onorio), associò quest’ultimo, sebbene bambino, come Cesare e poi Augusto. Ma Teodosio II non intendeva tollerare una persona che non fosse sua parente sul trono occidentale, e per questo inviò l’esercito ad assediare Giovanni a Ravenna. Stava arrivando un valente comandante, Ezio, in suo soccorso, con un contingente unno, ma non fece in tempo; Ravenna era stata presa e Giovanni ucciso. Tuttavia venne riconosciuto a Ezio il ruolo di magister militum, e per i trent’anni successivi avrebbe cercato di risolvere la crisi barbarica in occidente.

Valentiniano era nato il 2 luglio del 419; perciò fino al 437 fu sotto la tutela della madre Galla Placidia, talvolta dalla parte di Ezio, talvolta sua avversaria. Uscito dalla minorità, Valentiniano sposò Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II, a Costantinopoli, il 29 ottobre 437.

Ci fu una lotta di potere al vertice, con molti scontenti della posizione assunta da Ezio; in Africa il comes Bonifacio si ribellò, e chiese anche l’aiuto dei vandali, che erano in Spagna, i quali attraversarono il mare e giunsero in Africa. Sebbene Bonifacio uscisse sconfitto, i romani furono costretti a riconoscere ai vandali la Numidia e Mauretania; ma pochi anni dopo Genserico, loro re, si ribellò e ottenne l’Africa proconsolare, ridando indietro le province di Numidia e Mauretania. Ma quest’ultime erano martoriate, e producevano solo un ottavo delle tasse di prima. Anche sant’Agostino, a Ippona, trovò la morte. Nel frattempo Ezio cercava di rimettere ordine in Gallia e non potè fare molto:

«Nel frattempo i poveri vengono derubati, le vedove gemono
[…], facendo sì che molti, persino persone di buona nascita e di educazione liberale, cercarono riparo presso il nemico per sfuggire alla […] persecuzione generale. Essi cercano presso i barbari la pietà romana, perché non potevano sopportare la barbara mancanza di pietà che trovavano presso i Romani. […] Il risultato è che quelli che non si sono rifugiati presso i barbari sono ora costretti ad essere essi stessi barbari; e questo e il caso della gran parte degli ispanici, di non piccola proporzione della Gallia e […] tutti coloro nel mondo romano la cui cittadinanza romana è stata portata al nulla dall’estorsione romana. Devo ora parlare dei Bagaudi, che, spogliati, afflitti, e assassinati da magistrati malvagi e assetati di sangue, dopo aver perso i diritti di romani, cittadini, persero anche l’onore del nome romano. Noi trasformiamo le loro sventure in crimine, […] chiamiamo questi uomini ribelli […], i quali noi stessi li abbiamo costretti al crimine. Per quali altre cause loro vennero resi Bagaudi se non per i nostri atti ingiusti, le malvagie decisioni dei magistrati, la proscrizione e l’estorsione di coloro che […] hanno reso le indizioni fiscali la propria opportunità per saccheggiare? Come belve selvagge, invece di governare coloro posti sotto la loro autorità, gli ufficiali li hanno divorati, nutrendosi non solo dei loro possedimenti come farebbero ordinari briganti, ma persino della loro carne e del loro sangue […] Coloro che non avevano già prima raggiunto i Bagaudi sono ora costretti a raggiungerli. Le incredibili disgrazie che cadono sui poveri li spingono a diventare Bagaudi, ma la loro debolezza glielo impedisce[…]»


(Salviano, Il governo di Dio, V, 5-6)

La situazione straordinaria, e la perdita delle entrate di denaro e grano dall’Africa, furono l’inizio della fine; Valentiniano fu costretto a revocare ogni privilegio fiscale:

«Gli imperatori delle età precedenti […], hanno concesso tali privilegi a persone di illustre rango nell’opulenza di un’era d’abbondanza, senza che ciò comportasse il disastro per altri possidenti […] Nelle presenti difficoltà, invece, tale pratica diventa non solo ingiusta ma anche […] impossibile.»

(Nov. Val. 10)

Ormai le entrate non erano più sufficienti, e i primi reparti militari andavano sciogliendosi per impossibilità di mantenerli, mentre si faceva sempre più affidamento sui federati barbari.

Attila e gli unni

Valentiniano, dopo aver scoperto della relazione della sorella Giusta Grata Onoria con un tale Eugenio, amministratore dei suoi beni, fece uccidere quest’ultimo. Rimasta incinta, la costrinse a dare via il bambino e a sposare il senatore Flavio Basso Ercolano. Onoria però era di opinione diversa, e chiese l’aiuto del re degli unni Attila.

Quest’ultimo interpretò la richiesta probabilmente come una proposta di matrimonio e di ottenere l’impero d’occidente, che si apprestò ad invadere, dopo il rifiuto di Valentiniano di acconsentire alle nozze. L’invasione non avvenne tuttavia dalla Pannonia, ma dalla Gallia, dove molte città furono saccheggiate e distrutte. Ma Ezio riuscì a portare dalla sua alcuni popoli barbari federati come i visigoti, con i quali affrontò Attila ai Campi Catalaunici, nel 451, sconfiggendolo. Tuttavia, non sappiamo perché, lo lasciò scappare; pensava forse di riutilizzare gli unni nell’esercito romano?

In ogni caso Attila ritornò, nel 453, per invadere direttamente l’Italia, ma fu fermato da papa Leone I, che gli andò incontro. Non sappiamo cosa si dissero, ma Attila tornò indietro, forse anche perché il suo esercito era stato colpito da una pestilenza. Tuttavia ciò non gli impedì di distruggere Aquileia, che non si sarebbe mai più ripresa.

La fine di Ezio, Attila e Valentiniano III

Attila sarebbe morto poco, durante i festeggiamenti di uno dei suoi tanti matrimoni. Valentiniano, senza più il peso del problema unno, decise di sbarazzarsi dell’ingombrante Ezio; nel 454 lo assassinò lui stesso, con l’aiuto del suo praepositus sacri cubiculi Eraclio, che lo aveva convinto della pericolosità del suo magister militum. Ma senza Ezio Valentiniano non durò a lungo: l’anno dopo, il 16 marzo 455, sia lui che Eraclio furono assassinati da sicari inviati da Petronio Massimo (forse parente del Magno Massimo che aveva usurpato l’impero sotto Graziano), che non aveva gradito il rifiuto dell’imperatore ad essere nominato come successore di Ezio. Licinia Eudossia, moglie di Valentiniano, costretta a sposare Petronio, richiamò per ripicca Genserico e i vandali dall’Africa, che in quello stesso 455 saccheggiarono Roma per due settimane.

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