Vespasiano nacque a Falacrinae, un borgo nei pressi di Rieti, forse l’attuale Cittareale. Il fratello, Sabino, fu il primo a intraprendere la carriera politica e in seguito diventerà anche prefetto dell’Urbe, una delle cariche più prestigiose dell’impero. Allevato nella casa della nonna, Vespasiano intraprenderà la politica solo dietro pressione della madre. Seguirono alcuni successi, specialmente sotto Claudio, dove partecipò all’invasione della Britannia:

«Durante l’impero di Claudio, per raccomandazione di Narciso, fu inviato in Germania come comandante di una legione; di lì trasferito in Britannia, ebbe trenta scontri col nemico. Costrinse alla resa due popolazioni, più di venti città fortificate e l’isola di Vette, che è molto vicina alla Britannia, agli ordini sia del legato consolare Aulo Plauzio sia dello stesso Claudio. Per questo ricevette le insegne del trionfo e, in breve tempo, due sacerdozi, e inoltre un consolato che esercitò negli ultimi due mesi dell’anno.»

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Successivamente Vespasiano governò la provincia d’Africa, senza arricchirsi. Tuttavia la sua onestà lo costrinse a ipotecare molte proprietà e a darsi al commercio di bestiame, finché non cadde in rovina sotto Nerone, che però qualche anno dopo lo richiamò per sedare la rivolta giudaica scoppiata nel 66.

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Un imperatore modesto

Fu durante la repressione della ribellione giudaica che scoppiò la rivolta contro Nerone, dichiarato infine hostis publicus e suicidatosi. Rapidamente si susseguirono come imperatori Galba, Otone e Vitellio, tutti provenienti da occidente, finché anche Vespasiano non venne acclamato imperatore (poco prima gli era stato predetto da Giuseppe, uno dei capi della rivolta ebraica, e che per questo venne liberato, ottenne la cittadinanza, prendendo il nome di Flavio, e divenne uno dei principali collaboratori dell’imperatore, scrivendo poi la storia della guerra giudaica), e decise di attaccare Vitellio, rimasto unico imperatore a occidente, sconfiggendolo.

Girò anche una lettera, vera o falsa, in cui Otone, poco prima di venire sconfitto, pregava Vespasiano di vendicarlo. Le legioni danubiane appoggiarono il reatino e lo scontro finale avvenne nuovamente a Bedriacum, nel nord Italia, dove Vitellio aveva sconfitto Otone. Ma stavolta le truppe di Vespasiano, comandate da Antonio Primo, ebbero la meglio. Vitellio, abbandonato dal popolo romano, venne linciato. Vespasiano era diventato il primo imperatore capace di mantenere il potere e instaurare una dinastia che non appartenesse ai Giulio-Claudi.

Vespasiano, divenuto imperatore, ratificato con una lex de imperio Vespasiani(in cui gli vennero concessi tutti i poteri in un’unica soluzione), cominciò a rimettere ordine, ricoprendo ben otto consolati e la censura, a cui teneva molto. Vespasiano edificò dunque il tempio della Pace, per la fine della guerra, e consacrò un nuovo anfiteatro al popolo romano, edificato col bottino della guerra giudaica, l’anfiteatro Flavio, nel luogo in cui sorgeva il lago della domus aurea, prosciugato. Nel medioevo avrebbe preso il nome di Colosseo, da una statua colossale di Nerone in bronzo che svettava nella vicinanze e che da Adriano era stata trasformata in una statua del dio Sole e spostata dalla zona dove sarebbe sorto il tempio di Venere e Roma verso il ludus magnus, dalla parte opposta.

Inoltre Vespasiano, oltre a censire l’ordine senatorio e riedificare Roma, rimise in ordine i conti pubblici tramite un’amministrazione oculata e raccogliendo denaro anche da nuove tasse, come quella che impose sull’urina. La tassa, la centesima venalium, era riscossa dalle fulloniche, dove veniva depositata l’urina, utilizzata come sbiancante naturale. Da allora i bagni si sarebbero chiamati vespasiani, e neanche le lamentele del figlio Tito bastarono a fargli cambiare idea. Fu allora (secondo Svetonio Cassio Dione, Storia Romana, LXV, 14,5) che pronunciò la celebre frase “pecunia non olet“:

“Al figlio Tito, che lo criticava perché aveva escogitato perfino un’imposta sull’urina, mise sotto il naso il denaro ricavato dal primo versamento, chiedendogli se era disturbato dall’odore; e poiché egli rispose di no: «Eppure», disse, «viene dall’urina». Quando certi ambasciatori gli annunciarono che gli era stata decretata, a spese pubbliche, una statua colossale, di non lieve costo, rispose che la erigessero anche subito e, mostrando il cavo della mano, disse che il «piedistallo era pronto».”

SVETONIO, VESPASIANO, 23

L’estrema avarizia, che gli additano gli storici antichi, fu in parte certamente dovuta alla sua estrazione e al lavoro paterno, ma altrettanto all’opera di risanemento delle casse pubbliche necessaria dopo gli sperperi di Nerone. L’imperatore, nonostante fosse divenuto famoso per la sua avarizia, in realtà riuscì a riportare in ordine le finanze pubbliche.

Morte

Dopo dieci anni di principato, con il Colosseo quasi ultimato, Vespasiano morì, il primo di sicura morte naturale dai tempi di Augusto. Era il 23 giugno del 79 d.C. Capendo che il suo tempo stava per finire esclamò di stare per diventare un dio, alludendo alla divinizzazione post mortem per gli imperatori romani:

“[…] al primo attacco della malattia: «Ahimè», disse, «credo che sto diventando un dio».”

Svetonio, vita di Vespasiano 23

Fu colpito da attacchi di febbre, peggiorati dall’aver ingurgitato acqua gelida per via del caldo, che gli provocarono una forte diarrea. Sentendo sopraggiungere la morte decise che sarebbe stato più nobile morire in piedi. Vespasiano aveva circa settant’anni e per l’epoca era un uomo anziano:

«Durante il suo nono consolato, colpito, in Campania, da leggeri attacchi di febbre e tornato immediatamente a Roma, si recò a Cutilio e nella campagna di Rieti, dove ogni anno era solito passare l’estate. Qui, oltre all’indisposizione che lo affliggeva, si era rovinato anche l’intestino con un’eccessiva quantità d’acqua gelata; nondimeno continuava a compiere, come al solito, i suoi doveri d’imperatore, tanto da ricevere le legazioni perfino mentre stava a letto. Ma, quando un improvviso attacco di diarrea lo ridusse allo stremo, disse che «un imperatore doveva morire in piedi»; e, mentre si sforzava di alzarsi, spirò tra le braccia di quelli che lo sostenevano, il 23 giugno, all’età di sessantotto anni, sette mesi e sette giorni.»

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Vespasiano era certo che avrebbe avuto come successori i propri figli, tanto da andare esclamando in senato:

Tutti sono concordi nel dire che egli era tanto sicuro del proprio oroscopo e di quello dei suoi figli, da avere il coraggio di dichiarare al Senato, anche dopo una serie di congiure contro la sua persona, che gli sarebbero succeduti i figli o nessun altro.

Svetonio, vita di Vespasiano 25

Per di più l’imperatore diceva di aver avuto una visione:

Si dice pure che un giorno vide in sogno, collocata in mezzo al vestibolo della sua casa sul Palatino, una bilancia con l’ago in equilibrio: su un piatto stavano Claudio e Nerone, sull’altro lui e i suoi figli. La realtà non lo smentì, perché gli uni e gli altri regnarono per ugual numero di anni e pari periodo di tempo.

Svetonio, vita di Vespasiano 25

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Vespasiano: un imperatore muore in piedi
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