Graecia capta ferum victorem cepit

Graecia capta ferum victorem cepit

La cultura greca infine soggiogò i romani, tanto da far dire ad Orazio che la Grecia aveva portato l’arte e la cultura nel Lazio agreste: “Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio” (Orazio, Epistole, Il, 1, 156). Poco tempo dopo Virgilio celebrava nella sua Eneide l’eroica (e greca) nascita di Roma, a partire dal troiano Enea, antenato di Cesare e Ottaviano Augusto, che dunque fondavano l’impero romano anche sul prestigio eroico delle gesta degli antenati.

La devotio di Publio Decio Mure – il sacrificio per la patria

La devotio di Publio Decio Mure – il sacrificio per la patria

Secondo Livio furono ben tre i Decio Mure a immolarsi, nonno, padre e figlio. Il primo caso fu nel 340 a.C.: il console Publio Decio Mure, combattendo i latini al Vesuvio e riscontrando auspici sfavorevoli decise, dopo essersi consultato col pontefice, di utilizzare l’antichissimo e desueto rituale della devotio, ossia un immolazione agli dei. Si indossava la toga praetexta, ci si velava il capo, si chiedeva agli dei la distruzione dell’esercito nemico in cambio della propria vita.

Quinto Fabio Massimo

Quinto Fabio Massimo

Il dittatore Quinto Fabio Massimo Verrucoso, detto il Temporeggiatore, permise ai romani di sopravvivere al temibile pericolo di Annibale.