Il 9 agosto del 378 d.C. i goti, inizialmente accolti dai romani come profughi, sconfiggevano quest’ultimi ad Adrianopoli, mettendo in moto gli eventi che porteranno al collasso dell’impero d’occidente. Nel 376, pressati dagli unni, si erano presentati sul Danubio ed erano stati accolti per coltivare terre incolte e essere arruolati nell’esercito, ma le malversazioni e la corruzione degli ufficiali romani li aveva spinti a ribellarsi. L’imperatore Valente voleva però ancora trattare con loro, pure con l’esercito già schierato, finché scoppiò una scaramuccia e poi una vera e propria battaglia:

“Nel cieco disperdersi dell’armata, Valente, sconvolto da cupi terrori e scavalcando uno dopo l’altro quei mucchi di cadaveri, raggiunse i lancieri e i mazzieri che continuavano a tener duro senza cedere d’un passo. Alla sua vista, Traiano grida che tutto era perduto se l’imperatore, abbandonato dalle truppe romane, non trovava protezione almeno tra gli ausiliari. Vittore, a quelle grida, si precipitò a raccogliere i Batavi che erano stati piazzati di riserva non lontano, proprio per proteggere l’imperatore; non trovò nessuno; allora, come Ricimero, come Saturnino, si preoccupò unicamente di sé e di salvarsi fuggendo.”

Ammiano Marcellino, Storie, XXXI, 12-13

Il primo imperatore penitente

Dopo la disfatta di Adrianopoli Graziano, Augusto occidentale, decise di richiamare Teodosio (figlio di un ex generale del padre Valentiniano), che si era ritirato prudentemente a vita privata, associandolo come Augusto a Sirmium il 19 gennaio del 379. Gli venne data la Tracia, Dacia e Macedonia, per contenere il problema dei goti. Nel 380 Graziano e Teodosio promulgarono un editto, a Tessalonica, il 27 febbraio 380, che stabiliva il cristianesimo come unica religione di stato, e l’anno seguente fu stabilito il credo niceno come unico possibile. Teodosio cercò subito di sconfiggere i goti, ma l’esiguità delle forze di cui disponeva e la mancata fedeltà delle nuove reclute barbare secondo la visione dell’imperatore (in alcuni casi i reparti erano in maggioranza barbarica e l’imperatore temeva per insurrezioni) portò Teodosio a firmare la pace, il 3 ottobre del 382, tra romani e goti. In cambio i goti avrebbero dovuto fornire contingenti all’esercito romano, con condizioni di pace favorevolissime, cosa mai avvenuta in precedenza.

Ma andavano anche pagati: non solo si cedeva una parte di territorio a dei barbari non soggetti alla legge di Roma, si trattava anche con loro ogni volta per ottenerne l’appoggio, e bisognava anche reperire le risorse per pagarli. Il problema si sarebbe fatto sempre più grave col tempo. Dopo la morte di Graziano, Teodosio sconfisse l’usurpatore Magno Massimo, prima a Poetovio e poi ad Aquileia, nel 388, restaurando Valentiniano II, fratello di Graziano. Ma poco dopo entrò in conflitto il franco Arbogastemagister equitum, e fu trovato impiccato a Vienne, in Gallia, il 15 maggio del 392. Poco dopo sarà proprio Arbogaste a elevare alla porpora, in occidente, il presunto pagano (o simpatizzante) Eugenio. Lo scontro finale avvenne nel 394, al Frigido; pare che Teodosio, inizialmente in svantaggio, abbia mandato i suoi goti in prima linea, al macello, e che, sul punto di perdere, un fortissimo vento sia arrivato in suo favore, con i soldati di Eugenio che non riuscivano a lanciare niente perché tornava indietro.

Nel 390 Teodosio aveva ordinato di massacrare la popolazione di Tessalonica dopo che questa si era ribellata. I Tessalonicesi avevano infatti ucciso Buterico, il comandante goto della guarnigione romana, per aver arrestato un famoso auriga e vietato i giochi. Teodosio ordinò allora di organizzare una nuova corsa, durante la quale venne dato l’ordine di massacrare la popolazione. Teodosio dal 388 si trovava abbastanza stabilmente a Milano, da quando aveva sconfitto Magno Massimo. Il vescovo Ambrogio gli chiese allora di chiedere pubblicamente perdono, cosa che l’imperatore fece (infatti si era battezzato qualche anno prima, credendo di essere in punto di morte, durante una dura malattia). Teodosio, che aveva già emanato l’editto di Tessalonica, da allora inasprì le condizioni per i pagani, attraverso gli editti teodosiani, che chiudevano definitivamente i templi pagani e proibivano ogni forma di culto pagano, equiparando i sacrifici alla lesa maestà. Ad Alessandria i cristiani, guidati dal vescovo Teofilo, ne approfittano per distruggere il Serapeo. Allo stesso modo finirono per sempre i giochi olimpici, ritornati, in altra forma, alla fine dell’Ottocento.

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L’eccidio di Tessalonica
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