Nel 376 i goti avevano chiesto di attraversare il Danubio e stanziarsi all’interno della Tracia, con il consenso dell’imperatore romano Valente. Tuttavia la situazione era ben presto degenerata e i goti erano finiti per scontrarsi con l’imperatore ad Adrianopoli nell’agosto del 378, infliggendogli una sconfitta devastante. Lo stesso Valente era morto in battaglia:

«I barbari, l’occhio fosco di furore, si davano intanto ad assalire i nostri ormai prostrati per l’improvviso indebolimento del sangue: gli unì cadevano senza nemmeno sapere da dove arrivasse il colpo, gli altri rovesciati dalla sola furia degli assalitori, qualcuno trafitto dai suoi stessi commilitoni. Non c’era tregua per chi resisteva, non misericordia per chi avesse voluto arrendersi. Ogni pista, ogni sentiero spariva sotto un groviglio di moribondi che si contorceva negli spasimi delle ferite. Le masse dei cavalli abbattuti s’aggiunsero a quel carnaio. Una notte senza luna pose fine a un disastro le cui conseguenze pesarono a lungo sui destini dello Stato.»

Ammiano Marcellino, Storie, XXXI, 12-13

Negli anni seguenti Graziano e Teodosio saranno infine costretti a venire a patti con loro, accettandoli come foederati e arruolandoli nell’esercito romano. Teodosio in particolare sarà fautore di un tentativo di integrazione tra i goti (in particolare quelli che saranno poi i visigoti, più a lungo in contatto con i romani) e popolazione romana, specialmente per usarli con soldati. Fondamentale sarà infatti il contributo goto alla battaglia del Frigido e negli anni seguenti Stilicone continuerà a tentare di riportare i goti sotto il suo comando.

E’ proprio in questo contesto, mentre il comandante di originale vandalica tentava di portare il re dei visigoti Alarico dalla sua parte (Alarico era tanto magister militum quanto re del suo popolo) che, sfruttando il Reno ghiacciato, alani, svevi, burgundi e altri popoli attraversavano il fiume, il 31 dicembre del 406, dando inizio alle invasioni barbariche.

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Ospiti o padroni?

Fin dall’epoca di Marco Aurelio i barbari avevano cominciato a cercare di entrare all’interno del limes. I primi erano stati infatti i quadi e marcomanni, sconfitti dall’imperatore filosofo solo dopo una lunga guerra decennale. Marco aveva anche sconfitto i sarmati, provando a insediarli in Italia. E’ da allora che gli imperatori romani decidono invero di stabilire le prime tribù all’interno dell’impero, per ripopolarlo: la peste antonina, scoppiata attorno al 165, si diffuse in tutta la res publica grazie alle vexillationes di ritorno dalla campagna partica di Lucio Vero e Avidio Cassio. Nel corso del III secolo si diffusero i tentativi di stanziamento di barbari – chiamati laeti – per coltivare le terre desolate. Al contempo le lotte civili dovute all’anarchia militare e la crisi monetaria, con la moneta ormai solo bagnata in argento, favorirono le scorrerie di molti gruppi barbarici, in particolare i goti, che vennero infine sconfitti solo da Claudio II il Gotico. La vittoria sarebbe stata talmente devastante da rendere inoffensivi i goti per un secolo. Almeno fino al tragico epilogo di Adrianopoli.

Nel 1844 E.Th. Gaupp per primo collegò i frequenti riferimenti delle fonti a terze parti concesse ai barbari (secondo Procopio “καὶ τοῖς βαρβάροις τὸ τριτημόριον τῶν ἀγρῶν παρασχόμενος” ai soldati di Odoacre [Procopio, De Bell. Goth., I, 1 (De Bell. V, I, 1). «Concesso poi il terzo delle terre ai barbari»]) e ipotizzò che al loro arrivo ci fosse stato un esproprio di un terzo delle terre, seguendo il principio romano dell’hospitalitas. Il passo cui faceva riferimento era raccolto nel Codice Teodosiano e trattava l’ospitalità di importanti funzionari romani: «Illustribus sane viris non tertiam partem domus, sed mediam hospitalitatis gratia deputari decernimus ea dumtaxat condicione servata, ut alter ex his quilibet quive maluerit divisionem arbitrii aequitate faciat, alter eligendi habeat optionem.» (De metatis, CTh.7.8.5.2)

Tale operazione prevedeva la divisione in tre parti delle proprietà romane interessate ad esproprio, dandone la terza parte ai barbari. Questo procedimento sembra essere avvenuto in modo analogo presso i visigoti, come confermano il Codex Euricianus (CE) e la Lex Visigothorum (LV), quest’ultima redatta al tempo del re Reccesvinth (649-672). In CE 277 si parla chiaramente di sortes Gothicae e tertiae Romanae, dicendo che per cinquant’anni non potevano essere aperti procedimenti in caso di diatriba tra le due parti, riconoscendo in ogni caso ai goti la proprietà; tale passo è ripetuto in LV 10.2.1. L’ipotesi ha avuto larga fortuna e fu appoggiata anche da Mommsen, che in quanto curatore delle Variae e autore degli Ostgothischen Studien ne ha avvalorato il credito. Sembrerebbe dunque, secondo le fonti, che in Italia sia stato seguito questo principio di divisione «per terze parti» mentre invece i burgundi e i visigoti procedettero ad espropri di due terzi.

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L’hospitalitas – la cessione di terre ai barbari
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