“Le grida di tanti uomini, che venivano scannati in uno spazio limitato, arrivavano naturalmente alle orecchie dei senatori, che rimasero sgomenti, ma lui, con volto impassibile e calmo, proseguiva il suo discorso invitandoli a prestare attenzione e a disinteressarsi di quanto succedeva all’esterno: si trattava solo di alcuni criminali che venivano puniti su suo ordine. Anche il più sprovveduto dei Romani pensò che in quel momento la tirannide non era finita, ma aveva solo mutato volto.” (PLUTARCO, VITA DI SILLA, 29-30)
Lo strepitoso trionfo romano di Caer Caradoc
“Allora sfilarono i vassalli del re recando le fàlere, i collari e tutte le spoglie che egli aveva conquistato nelle guerre con i re stranieri, poi il fratello, la moglie e la figlia e infine fu esposto allo sguardo lui stesso. Tutti gli altri pronunciarono suppliche ignobili, mossi da terrore, ma non Carataco; non piegò la fronte, non chiese pietà, ma come fu al cospetto della tribuna imperiale così parlò: 37. «Se nella buona sorte avessi avuto tanta moderazione quanto ho avuto di nobiltà e di fortuna, sarei venuto in questa città da amico e non da prigioniero e tu non avresti avuto a sdegno di accogliere in pace e in alleanza un uomo di nobile lignaggio, signore di molti popoli. La mia sorte attuale è tanto umiliante per me quanto splendida per te. Ho avuto cavalli, uomini, armi: c’è forse da meravigliarsi se non volevo perderli? E poi, se voi pretendete di dominare su tutti, ne consegue che tutti accettino di servire? Se fossi trascinato davanti a te senza aver opposto resistenza, né la mia sorte né la tua gloria avrebbero acquistato splendore; al mio supplizio seguirebbe l’oblio; ma se mi lascerai vivere, sarò per sempre un esempio della tua clemenza». A queste parole, Cesare concesse il perdono a lui, alla moglie, al fratello; ed essi, sciolte le catene, espressero gli stessi elogi e gratitudine al principe e ad Agrippina, che si trovava non lontano su un’altra tribuna.” (TACITO, ANNALI, XII, 36-37)
Incitato, il cavallo di Caligola
«Non passò molto tempo e l’uomo che era stato considerato benefattore e salvatore […] si trasformò in essere selvaggio o piuttosto mise a nudo il carattere bestiale che aveva nascosto sotto una finta maschera»
(FILONE DI ALESSANDRIA, DE LEGATIONE AD GAIUM, 22)
I Giulio-Claudi
Augusto non aveva eredi diretti per cui adottò il figlio della moglie Livia, Tiberio, appartenente alla Gens Claudia, dando vita alla dinastia Giulio-Claudia.
Augusto, il primo imperatore
Ottaviano, rifiutata la dittatura e il consolato a vita, ottenne dal senato il riconoscimento del suo primato col titolo di Augusto e la tribunicia potestas.
Commodo – il Principe e il Gladiatore
Cassio Dione racconta che in un’occasione Commodo decapitò uno struzzo nel Colosseo, mostrandone la testa ai senatori, mentre scuoteva la testa e sghignazzava.
La schiavitù nella Roma imperiale
La schiavitù nell’antica Roma era la condizione di persone di diverse estrazioni, da braccianti agricoli a grandi commercianti, oppure gladiatori e prostitute.
Domiziano: imperator, dominus et deus
Domiziano fu il primo a farsi chiamare dominus et deus; proveribiale era la sua cattiveria nei confronti del senato e delle numerose condanne a morte.
Caligola e il complotto di Getulico
Nella tarda estate del 39 d.C. Caligola, durante un suo viaggio verso l’Umbria, decise di cambiare repentinamente idea e lanciare una campagna militare contro i germani.
Claudio: l’imperatore dietro la tenda
Il 24 gennaio del 41 d.C., dopo aver assassinato Caligola, i pretoriani acclamavano imperatore suo zio, nascosto dietro una tenda: Claudio.