Graecia capta ferum victorem cepit

Graecia capta ferum victorem cepit

La cultura greca infine soggiogò i romani, tanto da far dire ad Orazio che la Grecia aveva portato l’arte e la cultura nel Lazio agreste: “Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio” (Orazio, Epistole, Il, 1, 156). Poco tempo dopo Virgilio celebrava nella sua Eneide l’eroica (e greca) nascita di Roma, a partire dal troiano Enea, antenato di Cesare e Ottaviano Augusto, che dunque fondavano l’impero romano anche sul prestigio eroico delle gesta degli antenati.

L’assassinio di Caligola

L’assassinio di Caligola

«Dopo aver assunto vari epiteti (si faceva chiamare infatti Pio, Figlio dell’accampamento, Padre degli eserciti, Cesare Ottimo Massimo), quando sentì per caso alcuni re, giunti a Roma per rendergli ossequio, discettare durante la cena che si teneva alla sua mensa, della nobiltà di stirpe, esclamò: «Uno solo sia il sovrano, uno solo il re!».

Ormai per il senato e anche per molti altri la misura era colma. Si temeva che nella sua pazzia nessuno fosse al sicuro. Fu così che senatori e pretoriani decisero di ucciderlo, ritenendolo troppo pericoloso per mantenerlo al comando. La congiura vide i pretoriani come esecutori materiali del delitto, ma ancora non si era deciso su chi gli sarebbe dovuto succedere, sia per incertezza, sia per paura che Gaio lo venisse a sapere anzitempo.

I catafratti

I catafratti

A partire da Adriano e specialmente dal III-IV secolo i romani cominciano a usare reparti di cavalleria completamente corazzati, sul modello partico / sasanide. Inizialmente hanno il nome di cataphracti, ma successivamente appaiano anche reparti, specialmente in oriente, chiamati clibanarii; sulla Notitia Dignitatum appaiono entrambi indifferentemente. Alcuni hanno supposto una differenza di armatura tra i due, altri una mera differenza linguistica, con catafratti usato in occidente e clibanari in oriente. Questo tipo di cavalleria comincerà a essere usato meno dall’impero d’oriente in seguito alla grave crisi causata dalle conquiste slave e arabe tra VII e VIII secolo, per poi ritornare in auge tra la fine del IX e l’XI, quando la dinastia macedone riconquistò buona parte dei territori persi.

I “Cinque buoni imperatori”

I “Cinque buoni imperatori”

Dopo gli ultimi anni di Domiziano, in cui prevalse il suo assolutismo e despotismo, il senato – complice nell’assassinio del principe – decise di affidare l’impero a un anziano membro dell’assemblea, Marco Cocceio Nerva, instaurando un periodo d’oro per Roma, il II secolo d.C., caratterizzato dal principio dell’adozione e da cinque buoni imperatori, tra il 96 e 180 d.C.

Galba e l’invenzione del principio dell’adozione

Galba e l’invenzione del principio dell’adozione

«Alle sue parole non seguirono né doni né lusinghe. Tuttavia i tribuni, i centurioni e i soldati più vicini risposero acclamandolo. Gli altri, però, erano mesti e silenziosi perché avevano perso, con la guerra alle porte, dei donativi che si davano perfino in tempo di pace. Eppure quel vecchio troppo parsimonioso avrebbe potuto conciliarsi gli animi anche con una gratifica di minima entità. Gli fu fatale il severo rigore di stampo antico, che ormai male si concilia con la nostra epoca.» (TACITO, HISTORIAE, I, 18)

Gli ausiliari nell’esercito romano

Gli ausiliari nell’esercito romano

Alla fine dell’epoca repubblicana i romani facevano affidamento su truppe non regolari fornite da moltissimi regni clienti, specialmente in oriente; Pompeo ad esempio poteva vantare numerose amicizie grazie alle quali poté arruolare numerosi soldati per combattere Cesare. Augusto stabilizzò molti di questi reparti, inquadrandoli negli auxilia, divisi in coorti e alae ausiliarie, ma fu solo Claudio a regolamentare il percorso di carriera per gli ufficiali romani (cavalieri) che le comandavano.

Gli elmi romani

Gli elmi romani

In tutta la storia romana l’elmo fu forse l’unico elemento, insieme alla spada (e allo scudo per la fanteria pesante e spesso anche leggera, oltre a gran parte della cavalleria), a venire utilizzato sempre, da quasi ogni genere di soldato, o in sostituzione veniva indossato un cappello, generalmente un berretto frigio. Quello che invece cambiò radicalmente nel corso del tempo fu la qualità e i materiali, che migliorarono progressivamente per poi diventare meno pregiati in epoca tardoantica, quando vennero adottati processi di produzione in serie nelle fabbriche imperiali, che garantirono l’approvvigionamento a prezzi contenuti a discapito della qualità.

L’equipaggiamento del legionario di Traiano

L’equipaggiamento del legionario di Traiano

Il legionario dell’epoca di Traiano era armato con un elmo, una corazza (segmentata, hamata o squamata), lo scutum rettangolare, due pila e un gladio. A questi si aggiunsero gli schinieri tornati di moda per contrastare le falci daciche e vennero aggiunte delle maniche segmentate per lo stesso motivo. Anche gli elmi vennero rinforzati per resistere ai fendenti con una calotta a croce e delle tese e paranuche più ampie. La tattica della legione, distribuita su 10 coorti schierate in duplex o triplex acies (o due linee da 5 coorti o tre da 4, 3, 3 coorti), era di ingaggiare il nemico dopo il fuoco delle macchine come scorpioni e carroballiste (balliste montate su carri) e le raffiche di arcieri, frombolieri e ausiliari armati alla leggera. Il nemico già indebolito veniva caricato con il lancio dei pila a distanza ravvicinata, che erano stati rinforzati nell’ultimo secolo con una palla di piombo per aumentarne il danno. Il pilum generalmente trapassava lo scudo e se non lo faceva rendeva impossibile usarlo. Arrivati al corpo a corpo l’enorme esperienza e disciplina delle legioni, unita alla terribile efficacia del gladio, usato per pugnalare più che per menare fendenti, rendeva spesso la vittoria romana una mera questione di tempo.