Graecia capta ferum victorem cepit

Graecia capta ferum victorem cepit

La cultura greca infine soggiogò i romani, tanto da far dire ad Orazio che la Grecia aveva portato l’arte e la cultura nel Lazio agreste: “Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio” (Orazio, Epistole, Il, 1, 156). Poco tempo dopo Virgilio celebrava nella sua Eneide l’eroica (e greca) nascita di Roma, a partire dal troiano Enea, antenato di Cesare e Ottaviano Augusto, che dunque fondavano l’impero romano anche sul prestigio eroico delle gesta degli antenati.

Gli ultimi anni di Annibale Barca

Gli ultimi anni di Annibale Barca

Antioco III era propenso a consegnare Annibale ai romani e per questo il cartaginese fuggì a Creta, poi di lì presso il re di Bitinia Prusia. Accadde però che Tito Quinzio Flaminino, il vincitore di Cinocefale, venisse a sapere casualmente dove si trovasse il cartaginese e ottenuto l’appoggio del senato organizzasse una spedizione per catturarlo. Annibale, vistosi perduto, decise di suicidarsi poco prima dell’arrivo dei romani, in quello stesso 183 a.C. in cui morì il suo rivale Scipione.

Scipione Africano: dall’apogeo al declino

Scipione Africano: dall’apogeo al declino

Finita la guerra annibalica con la vittoria di Zama, Scipione nel 199 diventò censore, princeps senatus e di nuovo console nel 194. Insolitamente per l’epoca si ritirò a vita privata, ma nel 190 accettò di andare come legato del fratello Lucio e Gaio Lelio, entrambi consoli, in Grecia, ad affrontare Antioco III, re dei Seleucidi. Dopo la vittoria a Magnesia del fratello Scipione Asiatico si ritirò a vita privata, rispedendo indietro le accuse mosse da Catone il Censore che lo accusava di peculato in seguito alla pace di Apamea. Sarebbe morto a Literno, dove la sua tomba lanciava una pesante invettiva allo stato romano, che non gli era stato riconoscente:

«Ingrata patria, ne ossa quidem mea habes»
«Patria ingrata, non avrai mai le mia ossia»

VALERIO MASSIMO, V, 3, 2

Le guerre macedoniche

Le guerre macedoniche

Nel corso di tre guerre i romani distrussero il regno di Macedonia, mostrando per la prima volta la vincibilità della falange macedone. Narra Livio che dopo la battaglia di Cinocefale:

«Quando [i macedoni] videro i corpi smembrati con la spada ispanica, le braccia staccate dalle spalle, le teste mozzate dal tronco, le viscere esposte ed altre orribili ferite […] un tremito di orrore corse tra i ranghi.»

Poco dopo Tito Quinzio Flaminino avrebbe annunciato solennemente a Corinto che la Grecia era tornata libera. Alla fine della terza guerra la Macedonia era distrutta, ma la cultura greca aveva conquistato Roma: Graecia capta ferum victorem cepit.