L’arrivo di Annibale Barca in Italia

L’arrivo di Annibale Barca in Italia

A coloro i quali gli rimproverano che fosse impossibile attraversare i passi alpini, già innevati, Annibale avrebbe risposto “inveniam viam aut faciam” (troverò una strada o ne costruirò una). L’impresa riuscì, non senza perdite (tutti gli elefanti tranne uno morirono), riuscendo a soprendere i romani che si erano attestati nella zona del Rodano, credendo che Annibale si sarebbe imbarcato a Massalia (Marsiglia). In Italia troverà poi l’appoggio delle tribù celtiche, sconfitte pochi anni prima dai romani.

Il passaggio dalla repubblica all’impero

Il passaggio dalla repubblica all’impero

«Sebbene il popolo gli offrisse con grande insistenza la dittatura, egli, piegato in ginocchio, tiratasi giù dalle spalle la toga e denudatosi il petto, supplicò di non addossargliela. Respinse sempre con orrore, come un insulto infamante, l’appellativo di padrone. Una volta, mentre egli assisteva allo spettacolo, poiché in un mimo era stata recitata l’espressione: O giusto e buon padrone! tutti quanti, come se fossero pienamente d’accordo che il verso si riferisse a lui, applaudirono esultanti; Augusto prima frenò quelle indecorose adulazioni con la mano e con il volto, poi, l’indomani, le redarguì con un durissimo comunicato. Da allora non tollerò di essere chiamato padrone nemmeno dai suoi figli o nipoti, né sul serio né per gioco, e vietò simili piaggerìe anche tra loro stessi.»

Germanico: il vendicatore di Roma

Germanico: il vendicatore di Roma

«Nell’allocuzione, Cesare espresse i suoi elogi ai vincitori; poi, eresse un trofeo d’armi con una iscrizione superba: «Debellati i popoli tra il Reno e l’Elba, l’esercito di Tiberio Cesare ha consacrato questo monumento a Giove, a Marte e ad Augusto». Di sé nulla aggiunse, per timore dell’invidia e perché riteneva bastasse la coscienza di ciò che aveva fatto. » (TACITO, ANNALI, II, 20-22)

Romolo e Furio Camillo: i due fondatori di Roma

Romolo e Furio Camillo: i due fondatori di Roma

«Furono poi vinti (i galli di Brenno), sempre sotto la guida e gli auspici di Camillo, in una seconda battaglia più regolare, a otto miglia da Roma sulla via di Gabi, dove si erano raccolti dopo la fuga. Qui la strage fu generale: furono presi gli accampamenti, e non sopravvisse neppure uno che potesse recare la notizia della disfatta. Il dittatore ritolta la patria ai nemici tornò trionfando in città, e fra i rozzi canti scherzosi, che i soldati sogliono improvvisare in tali occasioni, fu chiamato Romolo, padre della patria e secondo fondatore di Roma, con lodi non immeritate. Dopo aver salvata la patria in guerra la salvò poi sicuramente una seconda volta in pace, quando impedì che si emigrasse a Veio, mentre i tribuni avevano ripreso con maggior accanimento la loro proposta dopo l’incendio della città, ed anche la plebe era di per sé più incline a quell’idea. Questa fu la causa per cui non abdicò alla dittatura dopo il trionfo, poiché il senato lo scongiurava di non abbandonare la repubblica in un momento difficile.» (TITO LIVIO, AB URBE CONDITA, V, 49, 1- 9)

La fine di Odoacre – Teoderico re

La fine di Odoacre – Teoderico re

Il 15 marzo 493 Teoderico (che era appena entrato a Ravenna, accettando di dividere il regno con il re erulo) e Odoacre si incontrarono in un banchetto, organizzato dal goto, il quale lo uccise a tradimento. Pare che in punto di morte abbia esclamato: “dov’è Dio?” e che l’amalo abbia risposto “questo è per quello che mi hai fatto”, forse un riferimento all’assassinio di alcuni suoi parenti della famiglia reale rugia da parte di Odoacre.

L’hospitalitas – la cessione di terre ai barbari

L’hospitalitas – la cessione di terre ai barbari

Secondo #Procopio il motivo per cui #Odoacre depose Romolo Augustolo fu la richiesta di terre per i suoi soldati, pari a un terzo di quelle disponibili, in base alla legge romana dell’hospitalitas (καὶ τοῖς βαρβάροις τὸ τριτημόριον τῶν ἀγρῶν παρασχόμενος: «Concesso poi il terzo delle terre ai barbari» [Procopio, De Bell. Goth., I, 1 (De Bell. V, I, 1)

L’incontro tra Scipione e Annibale a Zama

L’incontro tra Scipione e Annibale a Zama

«Come tu, o Annibale, sai benissimo, non furono i Romani a dar inizio alla guerra per la Sicilia e la Spagna, bensì i Cartaginesi! Anche gli dèi lo attestano, avendo concesso la vittoria non a coloro che hanno dato inizio alle ostilità, ma a chi ha combattuto per difendersi. Io considero più di ogni altro il mutare della fortuna e tengo conto per quanto è possibile della condizione umana. Se prima che i Romani passassero in Africa tu ti fossi spontaneamente allontanato dall’Italia avendo offerto queste condizioni di pace, le tue richieste sarebbero state senz’altro soddisfatte! Ma tu te ne sei andato dall’Italia contro tua volontà, mentre noi, passati in Africa, siamo vincitori sul campo (cioè, le cose sono davvero mutate!).»

Discorso di #Scipione ad #Annibale il giorno prima di Zama (#Polibio, Storie, XV, 6)

La battaglia del lago Trasimeno

La battaglia del lago Trasimeno

Annibale, vinti i romani al Ticino e la Trebbia, cercò di sorprendere i romani e di marciare secondo la via più breve possibile, ovvero attraverso le paludi che circondavano il lago Trasimeno: il clima insalubre favorì il peggioramento delle condizioni dell’occhio di Annibale, già malmesso, che gli causò la perdita parziale della vista. Tuttavia la sua strategia gli permise di affrontare il console Gaio Flaminio al lago Trasimeno e di annientare le legioni romane.