«Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa… e avrò la mia vendetta… in questa vita o nell’altra.»
Incitato, il cavallo di Caligola
«Non passò molto tempo e l’uomo che era stato considerato benefattore e salvatore […] si trasformò in essere selvaggio o piuttosto mise a nudo il carattere bestiale che aveva nascosto sotto una finta maschera»
(FILONE DI ALESSANDRIA, DE LEGATIONE AD GAIUM, 22)
L’assassinio di Caligola
«Dopo aver assunto vari epiteti (si faceva chiamare infatti Pio, Figlio dell’accampamento, Padre degli eserciti, Cesare Ottimo Massimo), quando sentì per caso alcuni re, giunti a Roma per rendergli ossequio, discettare durante la cena che si teneva alla sua mensa, della nobiltà di stirpe, esclamò: «Uno solo sia il sovrano, uno solo il re!».
Ormai per il senato e anche per molti altri la misura era colma. Si temeva che nella sua pazzia nessuno fosse al sicuro. Fu così che senatori e pretoriani decisero di ucciderlo, ritenendolo troppo pericoloso per mantenerlo al comando. La congiura vide i pretoriani come esecutori materiali del delitto, ma ancora non si era deciso su chi gli sarebbe dovuto succedere, sia per incertezza, sia per paura che Gaio lo venisse a sapere anzitempo.
Galba e l’invenzione del principio dell’adozione
«Alle sue parole non seguirono né doni né lusinghe. Tuttavia i tribuni, i centurioni e i soldati più vicini risposero acclamandolo. Gli altri, però, erano mesti e silenziosi perché avevano perso, con la guerra alle porte, dei donativi che si davano perfino in tempo di pace. Eppure quel vecchio troppo parsimonioso avrebbe potuto conciliarsi gli animi anche con una gratifica di minima entità. Gli fu fatale il severo rigore di stampo antico, che ormai male si concilia con la nostra epoca.» (TACITO, HISTORIAE, I, 18)
L’ascesa al potere di Settimio Severo
«Da entrambe le parti c’erano centocinquantamila soldati ed erano presenti allo scontro ambedue i comandanti. Albino era superiore per nobiltà e per la formazione ricevuta, mentre il suo rivale prevaleva nella scienza militare e nell’arte di condurre un esercito.» (CASSIO DIONE, STORIA ROMANA, LXXVI, 6)
Dopo due giorni di aspri combattimenti a Lugdunum tra Settimio Severo e Clodio Albino, il 21 febbraio del 197 d.C. il primo ebbe la meglio. Severo, rimasto unico imperatore dopo essersi sbarazzato in precedenza anche di Didio Giuliano e Pescennio Nigro, fece decapitare il corpo di Albino, che si era tolto la vita, passò a cavallo sul suo cadavere e lo fece gettare nel Rodano. La testa venne invece inviata in senato come monito ai senatori che avevano simpatie per Albino. Racconta l’Historia Augusta che Severo fu implacabile coi senatori, facendo uccidere a decine, oltre a Giulio Leto, che aveva guidato parte delle forze di Severo in battaglia e di cui l’imperatore era geloso.
La battaglia di Porta Collina
Nell’82 a.C. Silla vinse la battaglia finale contro i populares e i sanniti, ponendo fine a entrambi. Fu un bagno di sangue, che però ristabilì la pace.
Claudio e Agrippina
Quando divenne imperatore Claudio, cinquantunenne, era sposato con la giovanissima Messalina, all’epoca sedicenne. Non molto tempo dopo, vista la sua dissolutezza, la ripudiò e la fece uccidere, per poi cadere tra le braccia della nipote Agrippina Minore, figlia del fratello Germanico.
La successione di Traiano
Il nonno di Cassio Dione, all’epoca governatore di Cilicia, gli riferì che Plotina imitò la voce di Traiano morente, affermando di adottare Adriano.
La nascita della repubblica
Tarquinio il Superbo, cacciato da Roma, cercò subito di riprendersi il trono scontrandosi coi romani alla Selva Arsia e assediando la città. L’eroica difesa del primo console Lucio Giunio Bruto, morto in battaglia, di Orazio Coclite, che da solo respinse i nemici sul ponte Sublicio mentre i romani lo abbattevano e di Gaio Muzio Scevola, il quale dimostrò la determinazione romana, resero possibile la nascita della repubblica e della famosa sigla SPQR.
I Giulio-Claudi
Augusto non aveva eredi diretti per cui adottò il figlio della moglie Livia, Tiberio, appartenente alla Gens Claudia, dando vita alla dinastia Giulio-Claudia.